LIBRARY OF WELLESLEY COLLEGE
PRESENTED BY
Louise R. Loomis
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STUDI STORICI
SUL
CONCILIO DI FIRENZE
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STUDI STORICI
SUL
CONCILIO DI FIRENZE
CON DOCUMENTI INEDITI O NUOVAMENTE DATI ALLA LUCE SUI MANOSCRITTI DI FIRENZE E DI ROMA
EUGENIO CECCONI
CANONICO DELLA METROPOLITANA FIORENTINA DOTTORE DI TEOLOGIA
Par^e Prima ANTECEDENTI DEL CONCILIO
FIRENZE
TIPOGI^FIA all' insegna DI S. ANTONINO Piazza di Cestello, N." 1
1869
so3sm
BX
PROPRIETÀ LETTERARtA,
1
SOMMARIO
Prefazione Pag. [41]
parte; prima
Fonti storiche e metodo » [49]
SEZIONE PRIMA
NARRAZIONE n
Gap. I. — Martino quinto e le Chiese d'Oriente. , . . » 3
l. Martino V pone termine allo scisma d' Occidente. — 2. Sollecitudine dei Papi in richia- mare all'unità le Chiese orientali. Punto di partenza del nostro racconto. — 3. Solenne ambasceria dei greci a Costanza per ristabilire V unione. Felice avviamento delle trattative. Nomina di un legato pontificio. Interruzione per la morte di lui. Si strin- gono rapporti tra i greci e i latini. — 4. Martino V a Firenze. Vi riceve due nuovi ambasciatori. Nomina di un altro Legato. Ne è impedita la partenza. Invio a Costan- tinopoli di frate Antonio di Massa. Esito infelice della sua missione. Risposta del greco imperatore. — 5. 11 Concilio di Siena, udita la relazione di frate Antonio, è costretto a rimettere ad altro tempo il ristabilimento dell' unione. — 6. Continuano le trattative tra Roma e Costantinopoli. Martino V propone che si celebri un Concilio in Italia. I legati greci cercano spaventare i latini colla prospettiva d'ingenti spese. Risposta di Martino e invio a Costantinopoli del domenicano Andrea. I greci accol- gono favorevolmente il progetto e inviano nuovi Legati al Pontefice, i quali tornano con sue lettere. — 7. Parte da Costantinopoli alla volta di Roma una solenne amba- sciata. Prima dell'arrivo, muore Martino V. — 8 A che punto questo Pontefice la- sciò il negozio dell'unione. — Note.
Gap. II. — Eugenio quarto e i primordi del Gonciiio di
Basilea » 36
l. Arrivo degli ambasciatori greci a Roma. — 2. Digressione sui primordi del Concilio di Basilea. — Note.
[6] SOMMARIO
Gap. III. — Trattative dei greci col Papa e coli' assemblea Basileese per ristabilire l' unioue in un Con- cilio generale. Accordo definitivo per la sua celebrazione in Occidente. Pag. 58
1. Eugenio IV conferma agli ambasciatori greci le promesse del suo predecessore. Si conviene di celebrare il Concilio a Bologna. Per questo e per altri motivi, il Papa scioglie l'assemblea Basileese e intima un Concilio in detta città. Prega l'impera- tore Sigismondo a instare presso i greci affinchè vogliano soddisfare ai contratti impegni. — 2. Ma neppur questa volta gli accordi si riducono ad atto. — 3. Con- tinua nondimeno, da ambe le parti, il desiderio e lo studio di ristabilire l'unione. — 4. Nuove proposte dei greci, fatte in Roma, giudicate inammissibili dal Sommo Pon- tefice. Il quale, per render più facile un accordo definitivo, stabilisce di mandare un nunzio a Costantinopoli. — 5. Elegge a tale ufficio Cristoforo Garatoni, suo segre- tario. I greci, dopo molte conferenze col nunzio, ripigliano 1' antico progetto di ce- lebrare il Concilio a Costantinopoli. Il Pontefice invierebbe un Legato con prelati e teologi, coi quali sarebbero discussi i punti controversi, e, chiarita la verità, si starebbe alla decisione del sinodo. Torna il Garatoni a Roma. La proposta è appro- vata dal Papa, il quale compendia in capitoli le condizioni del convegno e invia nuovamente il suo nunzio con pieno mandato di stringere i patti conforme il te- nore di quelli. Breve esposizione dei capitoli. Il Garatoni, reduce a Costantinopoli, riesce compiutamente nella sua missione. L'Imperatore e il Patriarca sottoscrivono i capitoli e ne giurano solennemente l'osservanza. Il segretario del Papa si rimette in cammino alla volta di Roma coi due oratori greci Giorgio Dissipato e Manuele Dissipato, incaricati d' assistere alla conferma papale dei capitoli stessi, e d' inten- dersi cogli altri ambasciatori d' Oriente che si trovano a Basilea. Grandi speranze di riuscita. Venerazione degli Orientali per la Chiesa di Roma. — 6. Patti, relativi allo stesso negozio, contemporanei alle trattative suddette, a) Prima dell'arrivo a Costantinopoli di Cristoforo Garatoni, e inconsapevole il Papa, giungono in quella città due ambasciatori Basileesi, Antonio vescovo di Suda, e frate Alberto de Cri- spis maestro di teologia, per invitare i greci a spedire oratori a Basilea a fine di con- certare il modo di ristabilire l'unione. I greci consentono alla domanda inviando, con istruzioni opportune, Demetrio Paleologo grande stratopedarca, il monaco Isidoro e Giovanni Dissipato. Inesattezze del Siropulo intorno all'ambasceria dei Basileesi. b) Come possa spiegarsi il singolare contegno dei greci riguardo alle trattative da essi condotte contemporaneamente col Papa e col Concilio, e) Onorevole accoglienza del Concilio ai tre oratori d'Oriente. Conferenze e capitoli concordati. Decreto SzcM? p2« mater del 7 settembre 1434 che sancisce solennemente 1' osservanza dei medesimi. Il sinodo dovrà tenersi in uno dei luoghi d'Occidente, indicati in detto Decreto. I greci pongono per condizione essenziale l'assenso del Pontefice, d) Questi, avuto sentore della presenza di greci oratori a Basilea, scrive al Concilio, per sua norma, a che punto sono le trattative per esso condotte direttamente coli' Imperatore e col Pa- triarca, e annunzia che sta aspettando il secondo ritorno del Garatoni coli' approva- zione dei capitoli concernenti la celebrazione di un Concilio a Costantinopoli. Giunge a Roma Simone Freron, incaricato dai Basileesi di chiedere al Papa 1' approvazione del Decreto Sicttt pia mater. Meraviglia e disgusto del Sommo Pontefice alla notizia di tal convenzione. Sua prudente riserva. Savie obiezioni al Decreto. Se però il Con- cilio non le riconosce giuste, il Papa, per amor della pace, accondiscende a prestare l'assenso richiestogli. — 7. Ritorno del Garatoni coli' approvazione dei capitoli pon- tifici. E accompagnato dai due ambasciatori greci nominati di sopra. Eugenio invia a Basilea il Garatoni e.i detti ambasciatori per trarre alla sua sentenza i Basileesi. Questi persistono nel loro avviso. Futilità degli argomenti che adducono. I greci oratori, visto vano ogni sforzo per far cangiare opinione ai Basileesi, fanno uso delle istruzioni ricevute per il caso del rifiuto, consentendo anch'essi al Decreto Sicut pia mater. — 8. I Padri annunziano al Sommo Pontefice che stanno fermi nella loro sentenza. II Papa, fedele alla promessa, dà il suo consenso, e spedisce nuovamente il Garatoni a Costantinopoli per renderne intesi l' Im.peratore ed il Pa-
SOMMARIO [7]
triarca. — 9. Grave responsabilità del Concilio di Basilea per l'improvvido ri- fiuto. — Noto.
Gap. IV. — Gli ambasciatori latini a Costantinopoli per
gli ulteriori accordi coi g-reci Pag. 93
1 Partono da Basilea, alla volta di Costantinopoli, Giovanni di Ragusi, Enrico Menger e Si- mone Preron, oratori del Concilio. Carattere del primo oratore. Loro arrivo, onorevole accoglienza, giubbilo del popolo. Credito grande della casa fiorentina dei Medici in Oriente. — 2. Prime udienze e visite officiali. — 3. Gli oratori espongono l'oggetto della loro missione, che è: 1.°) di chiedere l' approvazione dei patti conchiusi a Ba- silea; 2.") la- proroga del termine convenuto per la loro esecuzione; 3.°) che si elegga la città di Basilea a sede del futuro Concilio; e finalmente 4.°) di dar principio al- l'esecuzione del Decreto del 7 settembre 1434. — 4. I greci, alla loro volta, doman dano cinque cose: 1.°) che si sopprima o si corregga il proemio di detto Decreto, perchè offensivo verso la Chiesa orientale; 2.°) che si prometta il loro libero ritorno nel caso che l'unione non venga ristabilita; 3.°) che si tolleri l'assenza di alcuni principali membri del Concilio; 4.°) che si dieno salvocondotti pei luoghi di tran- sito o di permanenza; 5.°) che spetti agli Orientali la punizione dei loro delin- quenti. — 5. Lunghe discussioni relative al proemio, a causa del quale i greci sono sul punto di rompere le trattative. Osservazione incidente sulla libera adesione dei medesimi alla celebrazione di un' Concilio. Per impedire la rottura, i Legati s' impegnano a ottenere dalla sacra adunanza che si dia un' altra forma al proemio. Facile accordo rispetto alle altre domande dei greci, meno che alla terza, su cui però non s'insiste. Effervescenze d'un deputato greco. — 6. Documenti delle due parti, contenenti le reciproche concessioni e promesse. — 7. Inutili tentativi per ren- dere accetta agli Orientali la- città di Basilea come sede del futuro Concilio. — 8. I greci domandano con grande istanza che, tra i luoghi nominati nel Decreto del 7 settembre, se ne scelga uno marittimo, e tale che ivi possa recarsi il Sommo Ponte- fice. Difesa del segretario del Papa da un'accusa di Giovanni di Ragusi. — 9. I Le- gati dichiarano d' esser privi dei poteri necessari per soddisfare alle suddette do- mande. Promettono però di riferirne al Concilio. — 10. Si pubblica a Costantinopoli con grande solennità 1' esito finale delle trattative. — 11. Enrico Menger parte alla volta di Basilea per la ratificazione delle cose concordate coi greci. Il Garatoni torna presso il Pontefice. — 12. L'Imperatore ed il Patriarca annunziano ai prelati ed ai principi d' Oriente la conclusione delle lunghe trattative, e assegnano 1' estate ven- tura per il convegno a Costantinopoli. — 13. Ardente brama dei greci per l'unione. Pubbliche preghiere e digiuni. Magnifico elogio (scritto da Giovanni di Ragusi e da Simone Preron) del Patriarca di Costantinopoli. Commovente funzione celebrata, per ordine di quest'ultimo, nella chiesa di Santa Sofia. —14. Si spargono voci sinistre intorno al Concilio di Basilea. Turbamento dei Legati. I quali spediscono due nunzi a Basilea per dare ai Padri interessanti ragguagli sullo stato delle cose e chieder notizie del Concilio. Domandano istantemente il mantenimento delle promesse. An- che il Patriarca e 1' Imperatore scrivono per la pronta celebrazione del sinodo. — 15. Morte di Simone Freron. — 16. Giovanni di Ragusi, non ricevendo notizie dal Con- cilio, si accinge a tornare in patria. — 17. Arriva finalmente un nunzio da Basilea colla conferma di tutto l' operato dei Legati. Dopo breve tempo riparte. — 18. L' Im- peratore ed il Patriarca incaricano gravi e dotti personaggi di studiare il modo di ristabilire l'unione, evitando ogni disputa fomentatrice di discordia. Buone dispo- sizioni degli altri patriarchi d' Oriente. — 19. Essendosi sparsa la voce di dissensi tra il Papa ed i Basileesi, i greci inviano in Occidente i due ambasciatori Giovanni Dissipato ed Emanuele "Vuloti, per ristabilire la concordia ed affrettare la conclusione del negozio. — 20. Prima della loro partenza, torna il Garatoni a Costantinopoli con missione (come sembra) di ragguagliare i greci intorno alla pessima via in cui vanno ogni dì più inoltrandosi quei di Basilea. Congetture sui motivi di questa missione. I due oratori greci dovranno trattare unicamente col Pontefice, ove i Padri del Con- cilio non vogliano stare ai patti. - 21. Nuove lettere di Giovanni al Concilio, con- lenenti gravi notizie sulle condizioni politiche dei greci. — 22. Secondo arrivo del
[8] SOMMARIO
nunzio di Basilea. Giovanni viene a conoscere che la maggioranza dei Basileesi ha eletto Avignone per sede del futuro Concilio. Fa inutili sforzi per muovere i greci ad ammettere siffatta elezione. — 23. Ricusa di pubblicare in Oriente la pretesa Bolla d' Indulgenze, emanata dal Concilio di Basilea. — 24. Il nunzio di Basilea torna nuo- vamente in patria. — 25. I patriarchi d'Alessandria, di Gerusalemme e d'Antiochia sono costretti a farsi rappresentare da procuratori. Giovanni dichiara insufficienti le carte di procura esibite da questi ultimi, e domanda che si correggano; il che è fatto dopo lunghe controversie. — 26. Trascorre il termine convenuto, e non giun- gono le galere degli Occidentali per il trasporto dei greci. Meraviglia universale. An- gustie di Giovanni. Voci disparate sul prossimo arrivo dellejgalere. — 27. Le quali giungono finalmente il 3 di settembre. — HTote.
Gap. V. — Controversie per la elezione della sede del fu- turo Concilio. Invio delle galere per condurre gli Orientali in Occidente Pag. 139
1. Si ripiglia il racconto dei fatti d'Occidente. Dopo la partenza degli oratori latini alla volta di Costantinopoli, il Concilio invia presso il Sommo Pontefice Matteo Mesnage e Giovanni di Bachenstein con missione di esortarlo a continuare le sue cure per la riduzione degli Orientali, chiedergli che voglia unirsi al Concilio per accordare Indulgenze a chi concorra alle spese per la loro venuta, che spedisca a Basilea dotti personaggi per conferire sulle dottrine controverse tra le due Chiese, final- mente che approvi i Decreti del Concilio e revochi le proteste che contro alcuni di essi vennero fatte da' suoi Legati. Il Papa, udite le irriverenti orazioni dei due am- basciatori, fa loro annunziare che risponderà direttamente al Concilio per mezzo di nunzi speciali. — 2. Elegge a tale ufficio Ambrogio Traversar), generale dei Ca- maldolesi, e Antonio de Vito,. uditore del palazzo apostolico. Elogio del frate camal- dolese. — 3. Rispetto all'affare dei greci, gli oratori pontifici dichiarano come non possa mettersi in dubbio la sollecitudine d'Eugenio IV per il ritorno delle Chiese d'Oriente all' unità; che, quanto alle somme da raccogliere, il Papa è contento vi si provvegga col mezzo indicato dal Concilio o con altro che per avventura si giudichi più conveniente, quando però sia bene assicurata la venuta degli Orientali ; esser di- sposto a inviare cardinali e prelati al luogo del futuro Concilio, ed esser pronto egli stesso a recarvisi, ove possa farlo comodamente; in ultimo, che deputerà teologi per conferire sulle differenze tra i greci ed i latini, quantunque si tratti di materie pie- namente discusse. Quanto ai dissensi fra il Papa ed il Concilio, non è dato ai nunzi di rimetter quest' ultimo sulla retta strada. — 4. Il Sommo Pontefice, prima di sperimentare le vie del rigore, invia a Basilea i cardinali di Santa Croce e di San Pietro con proposte di conciliazione. Si risponde loro con arroganza e si stabilisce di pubblicare, senza l'autorità pontificia, una pretesa Bolla d'Indulgenze per chi con- tribuirà alle spese pei greci. Il Papa spedisce nunzi alle corti d'Europa, invitando i principi ad aiutarlo per ottenere un pacifico ristabilimento delle cose. Libello apologe- tico d' Eugenio IV. — 5. In seno al Concilio vien formandosi una sana minoranza che aderisce ai presidenti della Sede Apostolica. Il cardinal Cesarini, già imbevuto di mas- sime avverse al romano Pontificato, riconosce il suo errore per le zelanti premure di Ambrogio Traversare Come formossi a Basilea (dove appena, in questo tempo, trova vansi venti vescovi) una illegale maggioranza di persone nemiche d' Eugenio IV. — 6. Torna da Costantinopoli Enrico Menger. Il Concilio approva l'operato de' suoi Legatile spedisce un nunzio in Grecia colle domandate ratificazioni. — 7. Varie città, fra cui primeggia Firenze, chieggono l' onore d' accogliere il Concilio entro le respettive mura. La maggioranza elegge Basilea, Avignone (non compresa nel Decreto}, o la Savoia. Perchè, e con quali arti, si volle eletta Avignone. I presidenti ricusano d'ap- provare la scelta di questa città. Protesta del cardinal Cesarini. — 8. Arrivo in Oc- cidente dei due ambasciatori orientali Emanuele VuJoti e Giovanni Dissipato. Il primo si reca a Bologna, ove trova il Pontefice ed il Sacro Collegio ottimamente disposti. L'altro va a Basilea, e, udita la suddetta deliberazione, chiede inutilmente che venga revocata, perchè contraria ai patti. Proteste del medesimo. Mancandogli
SOMMARIO [9]
Avignonesi di ossorvaro certi impes'iii contratti col Concilio, si stabiliRCc un termine per la loro soddisfazione, spirato il quale, dovrà procedersi a una nuova scelta. — 9. Giunge a Basilea Emanuele Vuloti, e, poco dopo, l'arcivescovo di Taranto, nunzio pontilicio. Questi esorta i Padri alla pace. Chiede che venga eletto un luogo atto ad accogliere il Papa ed i greci, avendo questi dichiarato, che, ove il Papa non intervenga al Cojicilio, essi non si muoveranno da Costantinopoli. Ostinazione della maggioranza. — 10. Spirato il termine concesso agli Avignonesi e non avendo essi mantenuto le loro promesse, i I,egati pontifici chieggono che si proceda a una nuova elezione. Ma la maggioranza conferma la nomina d'Avignone. Allora la parte sana del Concilio elegge Firenze, Udine, o il luogo che preverrà gli altri negli opportuni preparativi, purché sia compreso nel Decreto del 7 settembre 1434, sicuro, ed accetto al Papa ed ai greci. Legittimità di quest'ultima elezione. Le due parti promulgano solennemente in sessione generale i respettivi Decreti. — 11. Gli ambasciatori greci accettano il Decreto della minoranza e si recano a Bologna, ove chieggono e otten- gono l'approvazione del Papa. — 12. Eugenio IV comunica ai principi siffatta ele- zione. — 13. Giungono a Bologna gli oratori eletti dalla parte sana del Concilio per accompagnare i greci in Occidente. — 14. Opposizione dei principi alla elezione di Firenze. Il Pontefice rimanda, col consenso dei greci oratori, al tempo dell'arrivo degli Orientali la nomina definitiva della sede del Concilio. E, ad evitare qualsivo- glia contrasto, fa allestire a sue spese le galere che debbono recarsi in Oriente a. prendere i greci. — 15. Egli pure destina ambasciatori per siffatta missione. Tra i nunzi del Papa troviamo Cristoforo Garatoni, fatto vescovo di Coron. — IG. Giovanni Dissipato promette, a nome de' suoi, di riconoscere il Concilio di Basilea unicamente in quei Padri che aderiscono ai Legati pontifici. E il Papa promette di osservare il legittimo Decreto conciliare, risguardante la sede del nuovo Concilio. — 17. Partono per la Grecia gli ambasciatori del Papa e del Concilio. Dirigonsi pure a quella volta gli ambasciatori della faziosa maggioranza di Basilea. — Note.
Gap. vi. — Partenza degli Orientali. Pag. 186
1. Arrivo a Costantinopoli degli ambasciatori del Papa e del Concilio. Gioia degli orien- tali. Pubbliche udienze. Degne parole del Patriarca. Preparativi per la partenza. — a. Sopraggiungono i nunzi di Basilea. .Meraviglia dei greci. Prudente contegno dei primi ambasciatori. Pacifiche istruzioni onde erano forniti. Si chiarisce la mala fede dei Basileesi. — 3. I nuovi oratori sono ammessi primamente alla presenza del- l'Imperatore, cui presentano le lettere contenenti le sue promesse. Espongono l'oggetto della loro missione. Mostrano un monitorio del preteso Concilio al Sommo Pontefice; appellano prevaricatori i nunzi del Papa e del Concilio; minacciano ai greci lo sdegno dei principi ove non venga accettata la loro domanda sulla sede del Concilio. Promettono, nella contraria ipotesi, grandi aiuti per combattere i tur- chi. Il Patriarca impone silenzio all'interprete, allorquando, nell'udienza data ai so- pravvenuti, sente far parola del monitorio. — 4. Sdegno degli altri Legati. Pacifica mediazione di Giovanni di Ragusi, che però avea creduto dover abbracciare la causa della maggioranza Basileese. — 5. Titubanze dei greci por le cose recentemente udite. Risposte dei primi Legati. — 6. I greci si acquietano, e stabiliscono di par- tire coi legittimi nunzi della Ctiesa occidentale. Sdegno e proteste degli altri; loro partenza. — 7, Considerazioni sulla decisione dei greci. — 8.1 quali finalmente ascen- dono le navi e sciolgono le vele verso 1' Occidente. — Note.
Gap. vii. — Traslazione del Goncilio di Basilea a Ferrara. Arrivo degli Orientali. Solenne sessione con in- tervento dei Padri greci » 204
1. I greci giungono a Venezia. — 2. Si narra brevemente come la condotta scismatica dei
Basileesi avesse costretto Eugenio IV, prima dell' arrivo dei greci, a trasferire il
Concilio a Ferrara (città compresa nel Decreto convenzionale), e come nella solenne
sessione del 15 febbraio 1438 egli condannasse, con approvazione del Concilio, il oon-
VOL. 1. b
.^Oj SOMMARIO
ciliabolo di Basilea. — 3. Il Papa, appena conosciuto l'arrivo dei greci, manda il car- dinale di Santa Croce con molti prelati a complimentarli, e a far loro invito di recarsi a Ferrara. Essi accettano, e mostrano ardente brama d'unione. — 4. I medesimi in- viano alcuni oratori a Ferrara per annunziare al Pontefice che, dopo un breve ri- poso, si porteranno al Concilio. L'Imperatore annunzia ai Basileesi la presa delibe- razione, e gl'invita a seguire l'esempio de' suoi. — 5. Poscia si reca a Ferrara, dove è accolto cordialmente e con grandi onorificenze da Eugenio IV. — 6. Arrivo del Pa- triarca. Questi, avendo ricusato di uniformarsi all' uso del bacio del piede, è ricevuto onorevolmente dal Pontefice, ma in udienza privata. — 7. Solenne sessione, con inter- vento dei Padri greci e latini, nella quale si dichiara che, di comune consenso, il Concilio ecumenico è nella città di Ferrara. — 8. Si stabilisce di celebrare la se- conda sessione quattro mesi dopo la prima, per dar tempo a tutti i chiamati di ac- correre a Ferrara e per tenere private conferenze sui punti controversi tra le due Chiese. — 9. Osservazioni finali. — Note.
SEZIONE SECONDA
DOCUMENTI E ILLUSTRAZIONI
1418.
Dee. I. (6 aprile) — Martino V, allo scopo di facilitare l'unione della Chiesa
greca colla latina, dà facoltà ai figli dell'imperatore Costantinopolitano Emanuele II di unirsi in matrimo- nio con donne latine.
1420.
» II. (21 agoBto). — Lo stesso Pontefice ingiunge alle provincie ecclesiasti-
che di Colonia, di Magonza e di Treveri di venire in aiuto della camera apostolica per le spese necessarie alla missione in Grecia di Pietro Fonseca, cardinale diacono di Sant' Angelo.
1422.
» ITI. (settembre). — Lettera di papa Martino all' imperatore Emanuele, colla
quale gli annunzia i soccorsi da esso procurati a fa- vore del periclitante impero bizantino. Paterno invito al ristabilimento dell' unione.
» IV. (14 novembre). — Giovanni Paleologo, novello imperatore dei greci,
rende inteso papa Martino a quali condizioni è dispo- sto a trattare in un Concilio ecumenico il negozio del- l' unione.
1423.
» V. (8 novembre). — 11 Concilio di Siena, udita la relazione di frate Andrea
SOMMARIO [11]
di Massa, legato pontiticio, e la lettera dell' impera- tore di Costantinopoli (Dee. iv), stabilisce di proce- dere alle interne riforme, rimettendo a miglior tempo la riduzione della Chiesa orientale.
1430 (?).
Hoc. VI. Convenzione di papa Martino coi greci per la celebrazione di un Con-
cilio in una città littorale d'Italia dalla Calabria fino ad Ancona, a scelta dell' imperatore di Costanti- nopoli.
1431.
* VII. (12 novembre). — Eugenio IV dà facoltà al cardinal Cesarini di convo-
care un Concilio a Bologna da celebrarsi dopo un anno e mezzo, sciogliere l'adunanza di Basilea, e inti- mare nel termine di un decennio un altro Concilio in quel luogo che egli, coli' avviso degli adunati a Ba- silea, crederà più opportuno. — Si riporta il brano risguardante la scelta fatta dai greci della città di Bologna per la celebrazione di un Concilio avente per iscopo 1' unione della Chiesa orientale colla occi- dentale.
s> VIII. (18 dioombre). — Bolla d'Eugenio IV colla quale, sopraggiunti speciali
motivi, scioglie da se la raunanza Basileese, e intima un Concilio, prima a Bologna poi ad Avignone. — Si riporta il brano che risguarda le trattative coi greci.
» IX. » » » — Lettera d'Eugenio IV a Sigismondo imperatore, con
cui gli annunzia la fatta intimazione del Concilio a Bologna, e lo prega specialmente a scrivere e man- dare oratori a Costantinopoli per incitare il Paleologo e il patriarca greco a spedire, conforme la promessa, oratori plenipotenziari al Concilio. — Si riporta il brano a ciò relativo.
1432.
» X. (21 maggio). — Eugenio IV dà facoltà ad Andrea, arcivescovo di Rodi,
di ricevere nel seno della Chiesa romana quei della sua diocesi che ne fossero fuori.
» XI. (22 agosto). — Discorso tenuto innanzi all' adunanza Basileese in difesa
d'Eugenio IV dall'ambasciatore pontificio Andrea, ar- civescovo di Rodi. Vi si dimostra, che, se vuoisi dav- vero estirpare 1' eresia, riformare la vita ecclesiastica, ammansire gli animi ostili dei principi, fa di mestieri evitare con ogni impegno lo scisma, giusta F insegna- mento di san Paolo : ]>fon sit schisma in carpare. — Qui si riporta il brano che manifesta le disposizioni d' animo dei greci, per le quali, ove lo scisma non s' introduca tra i latini, è da ritener certa la riconci- liazione delle due Chiese orientale ed occidentale.
> XII. (7 novembre). — Lettere apostoliche d'Eugenio IV ai conduttori delle
navi e a tutti i fedeli, per esortare i primi a voler
[12]
SOMMARIO
trasportare con poca spesa e con ogni riguardo i greci che desiderano recarsi a Roma, e per invitar gli altri a lasciar loro libero ed esente da tasse il pas- saggio per i vari territori. Promette a quelli un com- penso ; a tutti, i favori della Sede Apostolica e le re- tribuzioni celesti.
1433.
.Doc. XIII.
XIV.
» XV.
XVI.
XVII.
» XVIII.
» XIX.
(30 settembre). — I vescovi armeni Giovanni ed Isaia scrivono all'adu- nanza Basileese d' aver parlato cogli am.basciatori ve- nuti da Basilea e d" aver trasmesso al loro Patria/ca una lettera degli ambasciatori medesimi relativa al- l'unione delle Chiese; sperar bene della riuscita, ma difficilissimo agli armeni il congregarsi perchè dispersi tra popolazioni barbare e infedeli, sudditi e tributari, impotenti alle spese. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 30 luglio 1434.
(15 ottobre). — Lettera del patriarca di Costantinopoli a quei di Basilea, colla quale si accompagnano i tre ambasciatori greci, Demetrio Paleologo, Isidoro abate, e Giovanni Dissi- pato, incaricati di condurre a termine le trattative per la celebrazione di un Concilio ecumenico avente per iscopo il ristabilimento dell'unione fra le due Chiese. — Anche questa lettera fu letta nella Congregazione generale dei 30 luglio 1434.
(11 novembre). — Mandato del greco imperatore che dà pieni poteri ai tre suddetti ambasciatori per concertare coli' adunanza Basileese la celebrazione del Concilio ecumenico.
(28 novembre). — Lettera del Paleologo ai Basileesi, nella quale si narra come per le procelle del mare i greci amba" sciatori non abbiano potuto continuare il viaggio verso Basilea, e sieno tornati indietro. Si spedisce frattanto il vescovo di Suda, cui seguiranno gli am- basciatori suddetti coir altro oratore del Concilio , frate Alberto de Crispis.
(13 dicembre). — La Signoria di Firenze si conduole col Santo Padre delle persecuzioni da esso soilerte nello spirituale e - ■ nel temporale, sia per parte della congregazione di
Basilea, sia per quella degF invasori degli Stati della Chiesa. Lo anima a difendere il suo temporale do- minio, e gli offre, con espressioni di filiale affetto e riverenza, ospitalità ed ogni maniera di favore ed aiuto.
(16 dicembre). — Bolla d'Eugenio IV, accettata solennemente in pub- blica sessione il ^ febbraio de! 1434 dai congregati in Basilea, colla quale, ad evitare ogni più grave dissenso, vien data autorità conciliare alla riottosa adunanza. — Se ne riporta il brano più importante.
Brano della celebre Bolla In minoribus agentes di Pio II (già Enea Sil- vio Piccolomini)j la quale pone in luce per quali arti e per quali circoslanze molti animi retti poterono in- dursi a divenir fautori dell' adunanza Basileese.
SOMMARIO [13]
1434.
Doc. XX. (18 gennaio). — La Signoria di Firenze spedisce uu ambasciatore a Ve-
nezia per intendersi con quella Signoria sui modi di venire in aiuto del Papa e proteggere la lega contro il duca di IVIilano.
» XXI. (5 febbraio). — La Signoria di Firenze, informata delle insidie che si
tendevano al Papa dai suoi nemici in Roma stessa, mette a disposizione di lui due legni per trasportarlo dovunque gli piaccia.
« XXII. (5 aprile). — • Come la Signoria fiorentina esponga a quella di Venezia
i suoi sentimenti sulla possibile venuta del Papa a Firenze.
» XXIII. (16 giugno). — La Signoria di Firenze spedisce solenne ambasciata al
Santo Padre, sottrattosi felicemente dalle insidie dei nemici e già in salvo sul territorio della Repubblica, per congratularsi con lui ed invitarlo da parte di tutto il popolo a volersi recare a Firenze, ov' è atteso con grandissimo dqgiderio e devozione.
»• XXIV. (23 giugno). — Ingresso d' Eugenio IV in Firenze, secondo una cronaca
contemporanea.
» XXV. ), » » _ Lettera d'Eugenio IV ai Padri del Concilio di Basilea,
piena di sentimenti di pace e di carità, colla quale annunzia il suo scampo a Firenze. Esorta i Padri a procedere senza indugio alla generale riforma della Chiesa.
» XXVI. (25 giugno). — Lettera scritta in viaggio da frate Alberto de Crispis al
Concilio Basileese, nella quale espone le traversìe sofferte coi tre ambasciatori greci nel loro cammino alla volta di Basilea. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 3 luglio 1434.
» XXVI 1. (13 luglio), — Eugenio IV, avuta contezza delle buone disposizioni de-
gli armeni per la loro riunione colla Chiesa romana, elegge commissario e nunzio particolare suo e della Sede Apostolica Cristoforo Garatoni.
> XXVIII. (luglio ?). — Splendida orazione del cardinal Cesarini, presidente del
Concilio di Basilea, indirizzata in Congregazione ge- nerale ai tre ambasciatori greci sul divino precetto della pace e dell' unione. Si narra ciò che è stato fatto sin qui da parte del Concilio e da quella dei greci per obbedire a tal precetto. Impedimenti frap- posti dal nemico infernale. Si accenna all'ostacolo, verbalis forsilan^ che titarda anche un poco il compi- mento dei voti comuni. Commovente esortazione a su- perarlo, e cosi obbedire al precetto di Cristo, gua- dagnare a lui nuovi seguaci, riparare in ultimo ai gravissimi danni temporali che la nobilissima patria dei greci soffre da ben quattro secoli per opera dei turchi, dei tartari e dei saraceni. Sublime quadro della Chiesa riunita.
[14]
SOMMARIO
Doc. XXIX. (luglio ?). — Discorso dell'ambasciatore greco Isidoro, tenuto in Con-
gregazione generale tre o quattro giorni dopo il pre- cedente, in lode del Concilio di Basilea, e tutto spi- rante ardentissima brama d' unione. Si rammenta anche qui la discordia suscitata dallo spirito malo tra le due Chiese, causìs neque probatis^ neque ma- gnis. Parlasi della grande moltitudine di cristiani soggetti alla Chiesa greca. Caldo invito per affrettare il compimento della sospirata unione. Si promette ri- spondere al discorso del Cardinal presidente, di cui esaltasi la singolare eloquenza e la dottrina.
» XXX. (agosto ?). — Capitoli concertati tra gli ambasciatori greci e un' appo- ,
sita Commissione del Concilio per la celebrazione di un sinodo universale, con intervento delle Chiese d' Oriente. Dichiarazioni degli stessi ambasciatori in- torno al significato di alcune parole contenute nelle loro istruzioni.
i» XXXI. (31 agosto). — Il Papa, avendo inteso trovarsi a Basilea alcuni oratori
greci per trattare dell' unione, fa sapere ai legati e presidenti del Concilio, per norioa di questo, a qual punto sieno le pratiche per esso condotte intorno al ' medesimo negozio. E annunzia come nel luglio del- l'anno precedente (1433) avesse spedito a Costantino- poli il suo segretario Cristoforo Garatoni, il quale, dopo molte conferenze, tornò colla proposta che il Pontefice mandasse un suo legato e dotti personaggi a Costantinopoli, dove, chiarita la verità per mezzo di dispute coi prelati greci, si ristabilirebbe l'unione. Di questo avviso è pure l' imperatore di Trebisonda, e molti suoi aderenti. Il patriarca armeno si troverà in quel tempo a Costantinopoli. Questa via, presen- tando buona speranza di successo, venne accettata da. Eugenio, il quale perciò spedi nuovamente a Costan- tinopoli, nel mese scorso, il suo segretario con ana- loghi capitoli da presentarsi al Patriarca e all' Im- peratore, e con pieni poteri. Copia di questi capitoli fu già inviata al Concilio, ed ora se ne rinnuova r invio. Da questi fatti argomentino i Padri del Con- cilio come debbano regolarsi cogli ambasciatori gre- ci. — Questa lettera fu letta in Congregazione il 17 settembre 1434 insieme ai capitoli di cui si fa in essa
menzione.
i
» XXXII. (7 settembre). — Decreto del Concilio di Basilea col quale si ratificano
solennemente i capitoli e le convenzioni (vedi il Do- cumento xxx) concordate tra gli ambasciatori greci e iCommissari del Concilio, poi, giusta il costume, de- liberate dalle sacre deputazioni, e concluse finalmente e confermate nella Congregazione generale del di precedente. Il Decreto si chiude con una calda pre- ghiera al Sommo Pontefice perchè voglia prestare il suo espresso consenso alle cose convenute ; condizione essenziale voluta dai greci ambasciatori.
>* XXXm. (settembre, verso la fine). — Lettera dell' imperatore Sigismondo al Pa-
leologo, nella quale esprime il suo ardente desiderio dell' unione, si rallegra di ciò che è stato concluso
SOMMARIO [15]
a Basilea coi greci ambasciatoli, e lo osoila a compir l'opera così bone avviala, olFreiidosi ;i «-oadiiivaila con animo volenteroso.
Doc. XXXIV. (1 ottobre). — Lettera dello stesso al Concilio di Basilea in risposta
alla comunicazione fattagli del Decreto del 7 settem- bre. Ne loda le disposizioni, e fa voti per il felice compimento dell' opera. Dice d'avere scritto al greco imperatore per esortarlo a una pronta esecuzione: spera d" essere ascoltato. Stimola il Concilio a proce- dere con alacrità in questa santa impresa, ed offre il suo più largo concorso. — Questa lettera fu letta nella Congregazione del 29 ottobre 1434.
> XXXV. (18 ottobre). — Lettera dell'imperatore dì Trebisonda a papa Eugenio,
colla quale gli annunzia il ricevimento di due sue lettere, scrìtte l'una da Roma, 1' altra da Firenze. Con- sente con lieto animo e con grande desiderio alla proposta del Pontefice. Si conduole delle vessazioni cui è fatta segno la Santità Sua, e prega l'Altissimo affinchè non sorgano ostacoli al conseguimento del termine desiderato.
» XXXVL (30 ottobre). — Eugenio IV scrìve ai Padri del Concilio di Basilea d'a-
vere inteso per le lettere e pel nunzio del Concilio stesso, Simone Preron, le cose stabilite coi greci. Dice del suo antico desiderio dell'unione tra le due Chiese, e ripete quello che su tal proposito comunicò di re- cente al Concilio per mezzo dei presidenti. Come un solo e medesimo è il fine di tutti, così è da sperare che verrà dato raggiungerlo. Al che il Pontefice ofi're dì nuovo tutto se stesso. Nonpertanto, essendo per re- carsi a lui dal Concilio i cardinali di Santa Croce e di San Pietro, ha creduto, insieme col Sacro Collegio, dìiferìre la risposta finché non abbiano tutti insieme conferito. Spera che questa sarà conforme al comun desiderio. — Questa lettera fu letta nella Congrega- zione generale del 5 novembre 1434.
» XXXVII. » » » — Lettera di Simone Freron, ambasciatore del Concìlio di
Basilea presso il Sommo Pontefice, nella quale si con- fessano le buone disposizioni del Papa e si riferisce come questi aspetti a rispondere il prossimo arrivo dei cardinali di Santa Croce e dì San l'ietro a fine dì maturar meglio le cose. Avuta la risposta del Ponte- fice, Simone tornerà immediatamente a Basilea. Narra come alcuni profughi greci, che si trovano in Firenze, abbian levato a cielo il Decreto fatto a Basilea, e sieno d' avviso che soltanto nel modo divisato dal Concilio sì possa sperare il ristabilimento dell'unione.
» XXXVIII. (30 ottobre). — Lettera dì frate Ambrogio Traversarì, generale dei Ca- maldolesi, a Cristoforo dì San Marcello, vescovo dì Cervia, nella quale si tratta dì certe chiacchiere nate per ì discorsi tenuti tra il legato di Basilea e alcuni greci dimoranti in Firenze. Si ricava di qui che il Pontefice veniva in aiuto dei poveri greci perseguitati nel loro paese.
» XXXIX. (31 ottobre). — Brano di lettera dello stesso allo stesso, sull'argomento
di che sopra.
[16]
SOMMARIO
Dog. XL. (1 novembre). Lettera d'Isaia, vescovo gerosolmitano, a papa Eugenio.
in cui accusa il ricevimento delle lettere pontificie suir unione della Chiesa armena colla romana, com- muni onmimn 'inalre^ e risponde come non pure l'anno scorso, ma ancora di recente egli abbia espresso al nunzio pontificio Garatoni, nulla tornargli più dolce del veder ristabilita l'unione. Dice d'aver fatto tra- durre in armeno e d' avere spedito al Patriarca Cat- tolico le lettere di Sua Santità. Spera di ricevere in breve una risposta favorevole. Cristoforo si reca, per ordine dell' Imperatore, presso il Pontefice, cui deve significare alcune còse anco da parte dello scrivente. Al suo ritorno, che questi crede sollecito, potrà re- carsi di persona presso il patriarca armeno, e verrà accompagnato da uno dei preti dello stesso Isaia.
XLl. (12 novembre). — L'imperatore dei greci scrive al Concilio' di Basilea
che, dopo la partenza degli ambasciatori alla volta di detta città, giunse a Costantinopoli il nunzio pontifi- cio Cristoforo Garatoni coli' accettazione della propo- sta, dai greci fatta già da gran tempo, di celebrare un Concilio a Costantinopoli. Questa notizia riuscì anche più gradita per avere il nunzio attestato che il Papa e il Concilio di Basilea erano d' un solo volere. Il perchè si spediscono di presente due ambasciatori, Giorgio Dissipato e Manuele Dissipato, al Papa ed al Concilio per la conferma delle ultime conclusioni sta- bilite col nunzio. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 5 aprile 1435.
XLII. (15 novembre). — Lettera d'Eugenio ai Padri del Concilio, nella quale
si ripete la narrazione dei fatti già esposti in quella del 31 agosto ai presidenti. Qui si aggiunge che grande fu la meraviglia del Pontefice in udire dal Freron come, in affare gravissimo, sommamente im- portante, e dal Pontefice stesso da lunga mano desi- derato e condotto, siensi prese, senza pur consultarlo, deliberazioni diverse dalle sue, e, secondo il giudizio d" uomini di grande esperienza, impraticabili. Che av- verrà se in questo frattempo il nunzio pontificio con- cluda a Costantinopoli patti diversi da quelli stabiliti a Basilea \ Non ci renderemo per avventura ridicoli, non sorgeranno scandali, e grave disdoro non ridon- derà a noi tutti? Il perchè è sembrato ai Pontefice ed ai cardinali che si debbano eleggere le vie più brevi e di più probabile successo. Le quali cose sian dette a maggiore informazione dei Padri, non per ispirito di opposizione. .Che se, malgrado questo, essi intendono andare innanzi nella via intrapresa, il Pon- tefice, cui sta a cuore che il negozio sortisca 1' effetto bramato, dà fino da questo momento puramente e li- beramente l'assenso richiesto. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 3 dicembre 1434.
XLIII. (16 novembre). — Eloquente lettera del cardinale Giordano Orsini, ve-
scovo di Sabina, al Concilio di Basilea, colla quale si congratula coi Padri dello zelo per essi dimostrato in promuovere 1' unione, gli assicura del favore e del- l' assenso del Pontefice, e gì' incoraggia a perseverare
SOMMARIO [l*?]
nella santissima improsa. — Anche questa lotterà fa letta nella Congregazione del 3 dicembre M34.
Doc. XLIV. (21 dicembre). — Cristoforo Garatoni, di ritorno per ordine del Paleologo
da Costantinopoli, scrive a Eugenio IV da Venezia, annunziandogli 1' esito felice della sua missione, e come egli sia accompagnato da due oratori greci (Giorgio Dissipato ed Emanuele Dissipato), i quali hanno l'incarico di veder confermate dal Pontefice le convenzioni stabilite a Costantinopoli collo scrivente.
1434-35.
» XLV. (Verso la fine del 1434, o sul cominciare del 1435). — Lettera scritta in
viaggio dai due nuovi ambasciatori greci che si re- cano presso il Pontefice a quelli che già trovansi a Basilea, per annunziare lo scopo di loro venuta, e come sia volere dell" Imperatore che si rescinda qualsivo- glia convenzione, dovendosi il Concilio celebrare a Co- stantinopoli.
1435.
» XLVI. (20 febbraio). — Lettera d' Eugenio IV ai Padri del Concilio di Basilea,
colla quale accompagna Cristoforo Garatoni reduce da Costantinopoli e incaricato dal Pontefice di raggua- gliare i Padri intorno allo stato delle trattative coi greci.
» XLVII. (23 febbraio). — Lettera del Papa ai Padri del Concilio, colla quale an-
nunzia il ritorno del Garatoni, accompagnato dai due ambasciatori più volte rammentati. Dice delle buone disposizioni dell'Imperatore, e della fondata speranza di giungere al bramato intento mediante la celebra- zione di un Concilio a Costantinopoli. Non manche- rebbe di presente che l'ultima conferma pontiticia dei capitoli concordati col Paleologo e col Patriarca. Conoscendo però il Pontefice le convenzioni diversa- mente fatte a Basilea coi primi oratori greci, e amando sopra tutto la pace, 1' unità, la concordia, non ha an- cora data la sanzione definitiva, quantunque egli sia d' avviso che soltanto così e non altrimenti sia possi- bile ristabilire una unione duratura. Il perchè, col pa- rere dei Cardinali, spedisce a Basilea anche gli ora- tori testé arrivati, aflinchè i Padri possano con essi discutere sul partito più conveniente. Che se i Pa- dri stessi persistono nella loro antica sentenza, il Pontefice non dissentirà, ma pregherà Dio onnipo- tente affinchè quod homimbus impossibile videtuì'j prò sua misericordia reddatur facile. Termina facendo voti perchè la loro decisione riesca grata al Signore. — Questa lettera fu letta in Congregazione generale il 5 aprile dell' anno presente.
» XLVIII. » » » — Bolla d' Eugenio diretta ai presidenti del Concilio, colla
quale, narrate le cose già esposte nella lettera pre- cedente, dà loro facoltà di venire alle ultime conclu- sioni coi greci giusta il tenore dei capitoli concordati, VOL. 1. C
[18] SOMMARIO
nel caso che i Padri consentano che si celebri il Concilio a Costantinopoli. — Segue il testo dei sud- detti capitoli.
Dee. XLIX. (5 maggio). — I Padri del Concilio di Basilea annunziano al Papa sem-
brar loro più conveniente lo star fermi ai primi patti, e ne espongono i motivi. Sul che lo stesso Cristoforo e gli oratori del Concilio, che stanno per recarsi presso il Pontefice, offriranno più larghe spiegazioni.
» L. (14 luglio). — Discorso pronunziato in Firenze alla presenza del Papa
e dei Cardinali da Matteo Mesnage, uno dei due am- basciatori del Concilio mandati espressamente appo il Sommo Pontefice per la trattazione di vari negozi. Si narra come il Garatoni esponesse ai Padri di Ba- silea, riuniti in Congregazione generale, gli argo- menti che facevano per la celebrazione del Concilio a Costantinopoli, e come, non ostante ciò, e' non fosse riuscito a persuadere i Padri. Il perchè i greci am- basciatori, non esclusi quelli della seconda legazione, acconsentirono che si tornasse al primo concordato, estendendosi a tal concessione i poteri di tutti loro. Adunque i Padri chieggono al Papa il suo consenso. Domandano inoltre che voglia unirsi al Concilio per la concessione delle Indulgenze a favore di quelli che contribuiranno alle grandi spese cui per la ve- nuta dei greci è d' uopo andare incontro, sospendendo frattanto ogni altra simile Indulgenza. Chieggono finalmente al Santo Padre che spedisca a Basilea alcuni Cardinali, prelati e dottori per discutere, prima dell' arrivo dei greci, le loro dottrine, e così mettersi in grado di confutarle quando sien giunti.
« LI. (6 agosto). — I tre ambasciatori del Concilio di Basilea, Giovanni di
Ragusi, Enrico Menger e Simone Freron, mossi alla volta di Costantinopoli sino dal 24 giugno, scrivono da Pola ai Padri di detto Concilio per dar loro noti- zia del viaggio. Stanno in buonissima armonia cogli ambasciatori greci. Annunziano pure che Cristoforo Garatoni è di ritorno a Costantinopoli, ma ignorano a qual fine. — La lettera fu letta in Congregazione generale il 26 di questo stesso mese.
> LII. (12 agosto). — Cedula presentata a nome del Pontefice ai due amba-
sciatori dei Padri del Concilio, nella quale si dichiara quali sieno stati sempre i suoi intendimenti e le sue cure per il bene della Chiesa, e si aggiunge che in breve egli risponderà alle gravissime questioni pro- poste per mezzo degli ambasciatori suddetti. Spera il Pontefice che le sue risposte riusciranno accette al Concilio e a tutti i buoni.
» LUI. » » » — Istrumento col quale si attesta come i due ambasciatori
dei Padri di Basilea, non soddisfatti della forma te- nuta dal Papa in rispondere alle loro richieste, ab- biano di nuovo domandato, ex sv/peraì)undanti cau- tela^ che si osservino dal Pontefice e si facciano os- I servare i decreti del Concilio, e si soddisfaccia alle
altre domande.
SOMMARIO [19]
Doc. LUI (bis). (13 agosto). — Lettera d'Eugenio IV al Concilio, colla quale annunzia
che risponderà più ampiamente alle domande dei Pa- dri per mezzo degli oratori che intende inviare a Ba- silea.
» LIV. (7 ottobre). — Risposte date dagli oratori d'Eugenio IV ai Padri del
Concilio di Basilea nella Congregazione generale di questo giorno, risguardanti le domande presentate al Pontefice dagli ambasciatori del Concilio nell'udienza del 14 luglio. Parla Antonio de Vito, uditore del pa- lazzo apostolico, in nome anche del suo collega Am- brogio Traversari, generale dei Camaldolesi. Qui si riporta ciò che tocca l' affare dei greci. Fu sempre principal cura del Pontefice la riduzione della Chiesa orientale, testimoni gli stessi Padri del Concilio. É quindi pronto il Santo Padre a continuare su tal pro- posito, d' accordo col Concilio, le sue non mai dismesse sollecitudini; ed è anche ben lieto che adesso i Padri giudichino facile un'impresa che, allorquando venne da esso proposta, si riportò l'epiteto di vecchia can- tilena. Quanto alle Indulgenze, fa duopo bene assicu- rarsi della venuta dei greci, e allora, o per esse o in altro modo, si prowederà alle spese occorrenti. Fi- nalmente il Papa è dispostissimo a mandare Cardi- nali, prelati e dotti personaggi al luogo del Concilio : che anzi, se venga scelto un sito dov' egli possa co- modamente recarsi, v' interverrà di persona. Frattanto deputerà alcuni dottissimi teologi per conferire sulle differenze fra i latini ed i greci, quantunque sia que- sta una materia pienamente discussa.
» LV. (ottobre). — Discorso tripartito degli oratori del Concilio, pronunziato a
Costantinopoli in solenne udienza. Si rifa la storia delle trattative, si espongono le ragioni che han de- terminato il Concilio a non accettare le seconde con- venzioni, ma di attenersi piuttosto alle prime, e si chiede 1.°) che l'Imperatore e il Patriarca vogliano personalmente giurare e ratificare giusta il costume con bolle aurea e plumbea, ed eziandio, per quanto sta in loro, mandare ad effetto quello che gli oratori greci, con pienissimo mandato e in nome dei medesimi, han giurato alla presenza del Concilio di osserva- re; 2.*) che essendo, senza colpa di alcuno, trascorso il termine convenuto per la esecuzione delle fatte convenzioni, venga questo convenientemente proro- gato ; 3.°) che piaccia eleggere la città di Basilea per sede del futuro Concilio.
> LVI. > ■» — Articoli presentati ai greci dagli ambasciatori del Conci-
lio per la definitiva conclusione dei patti stabiliti a Basilea.
» LVII. > » — Risposte date dai greci agli articoli suddetti.
» LVIII. » „ _ Parole del Decreto del 7 settembre 1434 non accettate dai
greci.
» LIX. > j, _ Repliche degli ambasciatori del Concilio alle risposte dei
greci.
[20] SOMMARIO
Doc. LX- (11 novembre) — 11 patriarca di Costaiiliuopoli ringrazia Eugenio IV
d' aver prestato il suo assenso alle convenzioni sta- bilite a Basilea , lo prega a far sì che venga scelto un luogo marittimo a resi.denza del futuro Concilio, e chiede istantemente che v' intervenga lo stesso Sommo Pontefice.
» LXI. (22 novembre). — Lettera, simile alla precedente, scritta dall' imperatore
dei greci al Sommo Pontefice.
>' LXII. (25 novembre). — Promessa degli oratori del Concilio di presentare al-
l' Imperatore ed al Patriarca, al più presto possibile, 0 almeno allorché giungeranno a Costantinopoli le galere per il trasporto dei Padri greci, una Bolla del Concilio contenente i capitoli già concordati a Basi- lea, modificati però in quelle parti alle quali i greci non han voluto consentire. — In questa promessa è contenuta la formola di detta Bolla.
» LXIII. (2B (?) novembre). — Dichiarazioni degli oratori del Concilio intorno al
proemio del Decreto del 7 settembre, e promessa di presentare la Bolla contenuta nel Documento pre- cedente.
» IjXIV. (2B novembre). — Promessa degli oratori del Concilio di presentare
come sopra un salvocondotto del Concilio stesso pei greci, ed altri salvocondotti dei potentati nelle cui terre si celebrerà il futuro Concilio o per le quali do- vranno passare gli Orientali.
» LXV. » >.. » — Ripetizione delle promesse risguardanti la Bolla e i
salvocondotti. Si aggiunge che il Concilio dichiarerà che le parole in omnem eventuwij contenute nei ca- pitoli, debbono intendersi : sive unio seqiiatuvj sive non.
» lyXVI. (26 novembre). — Bolla aurea dell'imperatore dei greci, colla quale pro-
mette di stare ai patti convenuti cogli ambasciatori del Concilio, purché il Concilio stesso ratifichi le re- centi concessioni di questi ultimi.
» LVIl. (26 (?) novembre). — Bolla plumbea del patriarca di Costantinopoli, si-
mile alla precedente.
!> LXVIII. (26 novembre). — Lettera del Paleologo al Concilio, nella quale si
narra l'esito felice delle ultime trattative cogli amba- sciatori. I greci atterranno sino alla fine le loro pro- messe : si prega il Concilio a fare altrettanto. Spe- cialmente poi si domanda (plurimum et cum multa instantia) che tra i luoghi nominati per la futura ce- lebrazione del Concilio se ne scelga uno marittimo, affinchè senza grave diflìcoltà possano radunarvisi co- loro cui spetta lo intervenirvi, massime il vecchio e cagionevole Patriarca. La qual cosa poi principal- mente si chiede per ottenere l' intervento del Sommo Pontefice, quia caput est Ecclesice romance et occiden- taliSj et eiiis prcesentia est necessaria et quampluri- mwin valel.
SOMMARIO
[21]
Doc. LXIX. (26 novembre). — Lettera del patriarca di (Jostaiitinopoli al Consilio,
simile alla precedente.
» LXX. >, n » — Commissione data dal greco imperatore ad Enrico
Menger, uno degli ambasciatori del Concilio, reduce a Basilea, perchè cerchi ottenere dai Padri la nomina d'una città marittima a sede del futuro Concilio. Ri- ferisca che da parte dei greci saranno osservate senza indugio le promesse : faccia lo stesso il Conci- lio, affinchè i greci possano partire all' epoca fissata. I due ambasciatori che rimangono a Costantinopoli debbono incaricarsi delle spese necessarie per la riu- nione dei prelati della Chiesa orientale.
» LXXI. » » » — Il patriarca di Costantinopoli commette al suddetto di
porre ogni studio affinchè il Sommo Pontefice inter- venga personalmente al Concilio, e questo si celebri in luogo adatto e comodo al Papa ed ai greci. — Si riporta il Documento secondo due lezioni assai diverse tra loro.
LXXII.
— Lettera di Costantino Paleologo, fratello dell'Impera- tore, al Concilio di Basilea, colla quale, rispondendo a una lettera di quei Padri, gli assicura della sua volenterosa cooperazione all'opera così bene incam- minata dalla riunione delle due Chiese.
LXXllI '. (29 novembre). — Lettera di credenza data dai due ambasciatori rima- sti a Costantinopoli al loro collega Enrico Menger, il quale si reca a Basilea per riferire tutto quello che è stato da essi fatto intorno all'oggetto della loro missione, e per ottenerne la ratifica.
1436.
LXXV.
LXXVI.
(4 gennaio).
(28 gennaio)
LXXVII. (9 febbraio).
— Enrico Menger scrìve da Venezia al cardinal Cesarini
d'essere ivi giunto due giorni fa. Reca notizie con- solanti.
— Ambrogio Traversari, condotte a termine le missioni affidategli da Eugenio IV presso il Concilio di Basi- lea e l'imperatore Sigismondo, scrive, nel suo pas- saggio da Vienna, al detto imperatore, invitandolo a venire in aiuto della Chiesa cattolica, ferita crudel- mente dalle intemperanze dei Basileesi. Questa let- tera fa conoscere chiaramente lo spirito di ribellione da cui è invasa quell'assemblea, la quale, ogni di più spogliandosi del carattere di sacro Concilio, va assumendo spiegatamente le divise dello scisma.
— I due ambasciatori rimasti a Costantinopoli (Giovanni di
Ragusi e Simone Frei'on), quantunque nutrano la speranza che il loro collega Enrico Menger sia giunto felicemente a Basilea ed abbia esposto al Concilio il loro operato fino al giorno della sua dipartita; pure,
' Il Documento lxxiv dev' essere collocato dopo il lxxviii (Vedi la nata 58 a pag. 134].
[22] SOMMARIO
per maggior sicurezza, mandano adesso un nunzio speciale ad informare i Padri dello stato delle cose. E prima di tutto narrano la lunga controversia sorta a causa del proemio posto a capo del Decreto del 7 settembre, e le ragioni per le quali giudicarono con- veniente recedere dalla primitiva redazione, sottopo- nendo però il tutto al giudizio del sinodo. Dopo la partenza del Menger, l' Imperatore ed il Patriarca mandarono nunzi fino alle ultime parti della Grecia per far nota la conclusione dei negoziati ed asse- gnare r estate ventura per il convegno a Costantino- poli di coloro cui spetta recarsi al Concilio. Grande è la fiducia dell' esito. Interessante descrizione delle buone disposizioni dei greci . Si discorre dei denari fin qui spesi e di quelli che occorrono per l' avve- nire. Stato miserando dei cristiani in potere dei tur- chi e dei saraceni. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 31 agosto 1436.
Doc. LXXVIII. (9 febbraio), — Lettera di Giovanni di Ragusi al cardinal Cesarini,
nella quale discorre dell' ardente brama d' unione da esso riscontrata nei greci, e specialmente nel Pa- triarca, di cui fa un magnifico elogio. Dà conto delle voci che corrono sugli armamenti dei turchi. Curiosa disputa sopra un passo del Corano. Speranze di veder distrutta la setta maomettana in Grecia e in una gran parte dell' Asia. Voci allarmanti di una quasi dissolu- zione del Concilio di Basilea. Si chieggono notizie, e che il Concilio scriva pie e umane lettere agi' impe- ' ratori ed ai patriarchi dell' Oriente. Si deputino teo-
logi per lo studio degli articoli controversi, special- mente sulla processione dello Spirito Santo, sul pane azzimo e fermentato, sulla supremazia della Chiesa ro- mana e sul Purgatorio. Sarebbe utile mandare a Co- stantinopoli un bravo notaro e buono scrittore (essendo morti o malati quelli venuti cogli ambasciatori) per lo studio dei codici greci. — Questa lettera fu letta _y nella Congregazione generale del 31 agosto 1436.
» LXXIV. (28 febbraio ?). — L' imperatore dei greci scrive al Concilio di Basilea
esortandolo a mandare al più presto possibile la rati- ficazione del Decreto convenuto cogli ambasciatori occidentali, e a condurre a termine con pari solle- citudine tutto quello che è richiesto per la pronta celebrazione del sinodo. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 31 agosto 1436.
» LXXIX. (5 marzo). — Lettera di Simone Freron al cardinal Cesarini, nella quale
si contiene una caldissima esortazione per 1' adempi- mento delle promesse risguardanti il futuro Concilio. Grande è la sollecitudine degli Orientali, molte le probabilità di successo. Se i latini si mostrano titu- banti, daran peso all' opinione eh' essi non osano o non vogliono convenire in Concilio coi greci. Ove poi questo non si aduni, immensi mali ridonderanno alla Chiesa di Gesù Cristo. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 31 agosto .1436.
» LXXX. (marzo). — Lettera del Patriarca al Concilio, colla quale si «sortano i
SOMMARIO [23]
Padri a spedire con sollecitudine la ratificazione del Decreto concordato cogli ambasciatori, e ad affrettare il compimento dell' altre promesse. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generale del 31 ago- sto 1436.
Doc. LXXXI. (10 marzo). — Lettera di Giovanni di Ragusi al cardinal Cesarini, colla
quale gli annunzia come, dopo scritte le precedenti let- tere, giunse a Costantinopoli la nuova che il Concilio era sciolto ; il perchè fu sospeso l' invio dei nunzi de- stinati a recarle. Essendo però sopraggiunte lettere di Ragusi le quali di tal fatto non facevano menzione, piacque all' Imperatore che gli ambasciatori partis- sero. Grande meraviglia a causa dell' assoluta man- canza di notizie e d' istruzioni da parte del Concilio. Traditi suinus^ tamqtmni mortiti^ oblivioni. Per amor di Dio si sbrighino sollecitamente questi nunzi, e si mandi a dire se sia vivo o morto il Concilio, e che cosa debbano fare i suoi ambasciatori. Notizie guer- resche. Si descrive una commoventissima funzione religiosa per 1' unione delle Chiese e per la preser- vazione della città dal morbo pestilenziale. — Questa lettera fu letta nella Congregrazione generalo del 31 agosto 1436.
» LXXXII. (14 aprile). — Nuovo Decreto dei Padri di Basilea relativo alla celebra- zione del futuro Concilio coi greci, conforme alla nuova formula combinata a Costantinopoli il 25 no- vembre dell'anno precedente.
» LXXXIII. » » » — Salvocondotto dato ai greci dai Padri di Basilea, conforme
la formula stabilita come sopra.
» LXXXIV. » » » — Pretesa Bolla d'Indulgenze ai fedeli che contribuiranno
col loro obolo alle spese necessarie per il viaggio e per il mantenimento dei greci, come anche per la difesa di Costantinopoli durante l'assenza dell'Impe- ratore.
» LXXXV. (maggio ?). — Relazione succinta delle trattative praticate fino al pre- sente tra il Santo Padre, il Concilio di Basilea ed i greci, per il ristabilimento dell' unione. Si discorre specialmente dell' infelice riuscita della missione dei cardinali di Santa Croce e di San Pietro, i quali eransi recati a Basilea da parte d' Eugenio IV per in- durre i Padri a procedere senza ritardo all' elezione della sede del nuovo Concilio, la quale fosse accessi- bile al Papa (che per causa di salute e d' altri gra- vissimi ostacoli non poteva allontanarsi molto da Roma) ed accetta ai greci. Sperava il Pontefice di po- tere colla sua presenza ritrarre i Basileesi dalla fu- nesta via in cui s'erano messi, e risparmiar cosi i mezzi del rigore.
» I.XXXVI. (3 luglio). — La Signoria fiorentina fa calde istanze al Concilio di Ba- silea perchè voglia sceglier Firenze a sede del futuro Concilio ; espone i pregi e le comodità che Firenze offre a preferenza dell'altre città italiane, ed accetta le condizioni poste dal Concilio di Basilea.
m]
SOMMARIO
Dor. I.XXXVII. (3 luglio). — Lettera di ringraziamento della Signoria fiorentina al car- dinale .... per il favore da esso mostralo a vantaggio di Firenze nelle trattative risguardanti il trasferi- mento del Concilio.
» LXXXVllI. (14 ogosio) — La Signoria di Firenze scrive al Concilio di Basilea per
otferiro anche pii"» nettamente l' imprestito richiesto di settantamila fiorini per le spese dei greci. Quanto allo stabilire le cauzioni ecc., vien data ogni facoltà ai cardinali di Santa Sabina e di San Pietro. Si rinnuova la preghiera che il Concilio degnisi accettare ed elegger Firenze prò gloria sempiterna di questa città.
» LXXXIX. » » » — Lettera della medesima Signoria ai cardinali di Santa Sa- bina e di San Pietro sullo stesso argomento. Ringra- ziamenti per r opera da essi prestata.
» XC. (28 ngosto ). — Mandato della Signoria di Firenze ai cardinali di Santa
Sabina, di San Pietro e di Santa Cecilia, col quale si dà loro piena (facoltà di accettare a nome della Signoria stessa i capitoli e le convenzioni in detto mandato contenute.
V XCl. (6 settembre). — La Signoria di Firenze spedisce al cardinal Cesarini
un secondo esemplare del mandato riportato di sopra.
» XCIl. (30 ottobre). — La Signoria di Firenze prega i cardinali di Santa Sa-
bina e di San Pietro a volere smentire presso il Con- cilio la voce, sparsa ad arte o per errore, che Niccolò Piccinino abbia invaso colle genti del duca di Milano il territorio della Repubblica.
» xeni. (17 novembre). — Lettera di Giovanni di Ragusi al Concilio di Basilea,
nella quale si parla della letizia con cui furono rice- vute dai greci le Bolle del sinodo ratificanti le fatte promesse, e si annunzia esser tanta la buona dispo- sizione dei medesimi, che, se oggi fossero qui le ga- lere che debbono trasportarli in Occidente, si muove- rebbero immediatamente ancorcli<> sovrastasse alla città un assalto dei turchi, ai quali la notizia delle trattative per 1' unione reca grande turbamento e fa , macchinar nuove otfese. Descrizione delle orrende \i carnilìciue di cristiani, fatte dai turchi, e del mise- \' raudo stato di quelli che rimangono sotto il loro giogo. L' Imperatore ed il Patriarca fanno studiare a ^ ' gravi personaggi il modo di ristabilire 1' unione, evi-
tando accuratamente tutto quello che può mantenere la discordia; ed esortano i Padri a fare altrettanto. I patriarchi d" Alessandria, d' Antiochia e dì Gerusa- lemme fanno istanze al Sultano perchè permetta loro d'intervenire personalmente al Concilio, e, quantun- que vi sieno buone speranze, pure, a maggior cautela, hanno istituito procuratori con pienissimo mandato. Due di essi sono già arrivati a Costantinopoli. — Questa lettera fu letta nella Congregazione generalo del di S febbraio 1437.
XCIA' (20 i?\ novembre) — Essendo giunta in Grecia la notizia delle dissen-
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sioni di Basilea, il Paleologo invia duo ambasciatori presso il Papa e il Concilio colla commissione di conchiudere ogni trattativa unicamente col primo, quando i Padri del Concilio non possano mantenere i patii convenuti.
Dee. XCV. (20 novombro). — Simile commissione data ai medesimi dal patriarca greco.
» XCVI. (6 dioembro). — Rapporto sul resuluto della votazione fatta a Basilea
per la scelta della sede del futuro Concilio. Dopo Ba- silea viene eletta Avignone o la Savoia.
» XCVII. > » > — Cedula presentata dal cardinal Cesarini, presidente del
Concilio, nella Congregazione generale di questo gior- no, colla quale dichiara, che, poiché non si vuole sce- gliere, come sarebbe conveniente, una città d'Italia per sede del futuro Concilio, accondiscende che venga eletta la città di Ginevra in Savoia; ma protesta che a lui non dovrà imputarsi la scelta d' un luogo non nominato nel Decreto del 7 settembre 1434, o non adatto al conseguimento del santissimo scopo del- l' unione.
» XCVIII. > „ » _ latrumento che descrive il modo tenuto a Basilea per
la elezione di Avignone a sede del futuro Concilio.
» XCIX. (8 dicembre). — Lettera confidenziale a Cosimo e a Lorenzo de' Medici,
scritta da un tal Ruberto, dimorante a Basilea, nella quale si contengono importanti notizie intorno alle correnti questioni sulla sede del futuro Concilio.
» C. (24 dicembre). — Lettera della Signoria fiorentina al Concilio di Basi-
lea, colla quale si smentisce una nuova voce sparsa a carico di Firenze coli' intendimento d'impedire che questa città venga eletta a sede del futuro Concilio. Dichiara la Signoria, che, sebbene Firenze abbia sempre professato, come professa di presente, grande divozione e riverenza verso la Chiesa romana, è però falso ch'essa sia in confederazione e lega col Pon- tefice.
» CI. » » » — Lettera della Signoria fiorentina al vescovo di Tran,
nella quale si fanno grandi proteste di devozione verso la persona del romano Pontefice.
» CU. ( dicembre ?). — Eugenio IV commenda la condotta degli oratori di
Carlo, re di Francia, nella fatta votazione per la sede del futuro Concilio, ed esorta il re a non lasciarsi svolgere da preghiere o ragioni, ma a tener fermo per la città di Firenze. Di tale scelta il Papa mostra r opportunità.
1437.
» CHI. (febbraio ?). — Simigliante lettera del Papa ai cardinali di San Pietro
e di Santa Sabina. Ragioni per le quali Avignone non è luogo da scegliersi. Procurino i cardinali sud- VCL. 1. d
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detti che si elegga in Italia un luogo più adattato ai greci ed al Pontefice.
Doc. CIV. (febbraio ?). — Lettera del Papa ai medesimi sullo stesso argomento.
L' arcivescovo di Taranto, che si reca a Basilea, darà maggiori schiarimenti.
" ^^- » » » _ Lettera dello stesso alla deputazione del Concilio, detta
^ro reformatorio . Il Pontefice esprime il suo vivissimo desiderio per 1' unione dei greci e per il bene della Chiesa. Annunzia l' arrivo dell' arcivescovo di Taranto.
* evi. (15 febbraio). — Il greco ambasciatore Giovanni Dissipato protesta so-
lennemente, nella Congregazione generale celebrata oggi dal Concilio di Basilea, contro la elezione d' A- vignone, perchè tal città non è compresa nel Decreto del 7 settembre 1434 e perchè non consentita dal Papa. Se il Concilio non provveda in altro modo, 1' amba- sciatore protesta che tutta la colpa del non ristabili- mento dell' unione ricadrà su di quello.
» CVII. j> » » — Istrumento contenente la protesta surriferita.
■» CVIII. (16 febbraio ?). — Giovanni Dissipato protesta nuovamente innanzi ai
Padri di Basilea contro la scelta d'Avignone per sede del futuro Concilio. Dichiara, che, ove si per- severi nel proposito, recherassi presso il Santo Padre insieme col suo compagno che di giorno in giorno deve arrivare da Bologna, e alla presenza del Pon- tefice rinnoverà le proteste già fatte. E quando non si provvegga al rimedio, farà ritorno a Costantino- poli e significherà alla Chiesa orientale e sarà noto a tutto il mondo, come non sieno state osservate le fatte promesse.
» CIX. (23 febbraio).— I Padri del Concìlio di Basilea stabiliscono (non con-
senzienti però i due Cardinali legati), che, se la città d'Avignone non sodisfi entro il termine d'un mese, Computato dalla partenza degli ambasciatori da Ba- silea, alle condizioni volute dal Concilio, questo pro- cederà a una nuova elezione.
» ex. (25 febbraio). — Commissione data ai vescovi di Lubecca, di Viseu, di
Parma e di Losanna di recarsi a Costantinopoli a prendere i greci.
» CXI. (27 febbraio). — Francesco Pilelfo, invitato, a nome del cardinal Cesarini,
da Enea Silvio Piccolomini a compier V ufficio d' in- terprete tra i greci e i latini nel prossimo Concilio, risponde che accetta l' onorevole ufficio a condizione che il Concilio si celebri in Italia. Disapprova 1' av- versione d' Enea verso il Sommo Pontefice.
» CXII, » 5> » — Lettera dello stesso al cardinale Cesarini suU' argo-
mento di che sopra. Esclude, tra le città d' Italia, Fi- renze, perchè luogo di grande pericolo per lo scri- vente. (Allude alle supposte insidie di Cosimo de' Medici).
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Doc. CXIII. (20 mar«o}. - La Si^'uoria di Fireiizo, avonrlo inteso mettersi in dubbio
la sua costanza nelle buono disposizioni a riguardo del Concilio, scrive ai Padri di Basilea per assicu- rarli di sua fermezza.
» CXIV. (26 marzo). - La Signoria di Firenze scrivo di nuovo al Concilio di Ba-
silea sull'argomento precedente, aggiungendo che tutto è pronto per il tempo stabilito.
» CXV. (Verso la Bne di marzo). -Orazione dell'arcivescovo di Taranto, inviato
pontificio, proferita innanzi ai Padri del Concilio di Ba- silea per esortarli a stare uniti col capo della Chiesa, giusta il precetto di Gesù Cristo e l'esempio degli' antichi Concili. In tal maniera sarà dato raggiungere il comune desiderio della riduzione dei greci e della riforma della Chiesa. Si soddisfi dunque alle giuste domande del Papa e dei greci riguardo alla scelta della sede del futuro Concilio. Riconoscano i Padri la necessità di scegliere un luogo compreso nei patti solennemente stretti coi greci, e dove sia permesso al Papa lo intervenire. Allora, di comune accordo, si giungerà alla meta bramata. — Qui si riporta la parte del discorso che riguarda la storia.
> CXVI. (6 aprile ). — Lettera dei quattro ambasciatori Basileesi, scritta da Avi-
gnone, nella quale si dà conto ai Padri delle diffi- coltà incontrate in detta città per l' esecuzione dei patti convenuti, e di ciò che gli ambasciatori stessi han creduto conveniente concedere su tal proposito.
» CXVIL (12 aprile). - I cardinali di Santa Sabina e di San Pietro, e l'arcive-
scovo di Taranto, presidenti del Concilio di Basilea, considerando essere spirato il termine accordato a quei d'Avignone per la soddisfazione degli obblighi per essi assunti, e non essersi da loro ancor sod- disfatto, domandano al Concilio, che, giusta i patti convenuti nella Congregazione generale del 23 di febbraio, si proceda all'elezione d'un altro luogo. Al- trimenti i presidenti stessi provvederanno.
»■ CXVIU. (26 aprile). — Cedula concordata nelle quattro deputazioni del Concilio
dalla minoranza dei Padri, rappresentante legittima- mente il Concilio stesso nella questione dell'elezione della nuova sede. I Padri, considerate le obbligazioni contratte coi greci, e la promessa, due volte fatta dal sinodo, di eleggere un luogo dove al Papa sia per- messo recarsi; visto inoltre come quei d'Avignone non abbiano soddisfatto agl'impegni contratti: eleg- gono, a nome della Santa Sede e del sinodo, la città di Firenze, o di Udine nel Friuli, o qualsivoglia altro luogo sicuro, nominato nel Decreto del 7 settembre 1434, accetto al Papa ed ai greci : quello cioè che sarà il più sollecito nel preparare e spedire in Grecia le ga- lere, i denari e le altre cose necessarie, dando inoltre le richieste garanzie. Il porto cui dovranno approdare i greci sarà quello di Venezia, di Ravenna o di Ri- mini, a scelta dell' Imperatore e del Patriarca. Non s'imporranno decime al clero finché non sieno giunti
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i greci. Il Concilio rimarrà a Basilea per tutto il tempo stabilito nel più volte citato Decreto. I legati e presidenti della Sede Apostolica eleggeranno gli ambasciatori che debbono recarsi a Costantinopoli, i quali dovranno fare ogni istanza perchè i greci eleg- gano la città di Basilea.
Dee. CXIX. (26 aprile). — Istrumento contenente la cedula surriferita, letta nella
Congregazione generale di questo giorno.
» CXX. (7 maggio). — Il Concilio di Basilea, rappresentato legalmente nella
questione del suo trasferimento dalla minoranza pre- sieduta dai legati pontifici, conferma solennemente nella sessione di questo giorno la elezione di Firenze, Udine, ecc. ed ogni altra cosa legittimamente stabi- lita nella Congregazione generale del 26 d'aprile. Annulla ogni altro Decreto, a questo contrario, e sta- bilisce che i legati e presidenti della Sede Apostolica spediscano in debita forma, munite della bolla del Concilio, le lettere opportune, e facciano tutto quello che è necessario o conveniente alla conclusione di cosi santa opera.
» CXXI. » > » — La tumultuosa maggioranza dei Basileesi decreta solen-
nemente, in pubblica sessione, il trasferimento del Concilio nella città d'Avignone (quando Basilea non venga accettata dai greci), o, se ciò non sia possibile, in Savoia, annullando qualunque diversa elezione fatta da qualsivoglia autorità, etiam papali. Decreta pure la esazione delle decime sulle rendite del clero, non comprese le distribuzioni quotidiane. Ordina ai vescovi di Lubecca, di Viseu, di Parma e dì Losanna di accompagnare i greci al porto latino che i vescovi stessi giudicheranno più atto allo scopo e più vicino alla città eletta. Si dieno ai quattro ambasciatori le lettere ch'essi crederanno opportune, utili o necessa- rie, munite in debita forma della bolla del Concilio.
» CXXU. » » » — I suddetti assegnano alla città d' Avignone, fino alla
somma di settantamila fiorini, i sussidi provenienti dalle pretese Indulgenze e dallo decime del clero, in cauzione di egual somma, parte sborsata e parte pro- messa al Concilio dalla città medesima.
» CXXIII. (maggio ? ). — Voto di Giovanni de Polemar per dimostrare, come, nella
controversia sull'elezione della sede del nuovo sinodo, la minoranza costituisca virtualiter et potestative V in- tero Concilio.
» CXXIV. (24 maggio ). — Orazione degli ambasciatori greci, letta in Bologna alla
presenza del Sommo Pontefice e del Collegio dei cai:- dinali, nella quale, dopo una lunga esposizione delle trattative dall' epoca di Martino al tempo presente,' si domanda istantemente al Santo Padre ed al Sa- cro Collegio la conferma del Decreto che elegge Fi- renze, Udine, ecc. per sede del Concilio, e si pro- testa (come già fu fatto a Basilea) che, in caso di- verso, non dovrà attribuirsi alla Chiesa d' Oriente la inefficacia di cosi lunghi trattati.
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Doc. GXXV. (24 maggio). — Relazione del Concistoro generale di questo piorno, te-
nuto solennemente a Bologna, nel quale si dà lettura, in greco e in latino, dell'orazione precedente e della protesta già fatta a Basilea il 15 di febbraio dagli oratori greci. Il Sommo Pontefice, udito che questi aveano facoltà di prorogare, come infatti proroga- vano, il termine, già presso a spirare, assegnato per r arrivo in Grecia delle galere, risponde agli amba- sciatori suddetti che, dopo aver sentito il parere del Sacro Collegio, darà in breve una risposta che sarà loro certamente gradita. Di che essi, levanles manum ad celum^ rendono caldissime grazie; e raccomandano che non si frapponga altro indugio.
» CXXVI. (30 maggio). — Bolla pontificia colla quale Eugenio IV accetta e con-
ferma il Decreto della parte sana del Concilio, ri- sguardante la elezione di Firenze, Udine, ecc.
» GXXVII (31 maggio). — Eugenio IV chiede al duca di Genova il salvocondotto
pei greci.
» CXXVIII. (6 giugno). — Eugenio IV scrive a Lorenzo de'Medici che la Signoria
mandi a Bologna un ambasciatore con poteri suffi- cienti per promettere a nome di essa ciò che finqui fu concordato relativamente alla celebrazione del Concilio a Firenze.
» CXXIX. » ■» » — Lettera al medesimo sullo stesso argomento. Lo scrivente
chiede con istanza che sia tosto spedito a Bologna il plenipotenziario. Si gradirebbe anzi che venisse da sé lo stesso Lorenzo.
» CXXX. (7 giugno). —Lettera del cardinale Cesarini & (Cosimo o Lorenzo de' Me-
dici?)^ scritta da Basilea, in cui fa menzione d'un' al- tra sua lettera alla Comunità di Firenze per esor- tarla ad accelerare il termine delle trattative per la celebrazione del Concilio in detta città. Il Carùi- nale stesso, insieme a quello di San Pietro e a molti altri bone consciencie et recle voluntatis^ al soprag- giunger dei greci, muoveranno tosto da Basilea alla volta di Firenze.
» CXXXI. » » » — Eugenio IV annunzia all' imperatore Sigismondo, ed ai re
di Francia, d' Inghilterra, di Sicilia e di Portogallo, la fatta elezione della sede del futuro Concilio. Men- tre i due ambasciatori del Concilio di Basilea, cioè il vescovo di Digne e Niccolò di Cusa, stavano presso il Pontefice, si venne a conoscere con certezza che la città di Firenze avea copiosissimamente apprestata ogni cosa per l' importante negozio. Il perchè in breve partiranno per la Grecia i detti oratori insieme a quelli dei greci e del Papa. Pongano dunque ogni studio i principi sunnominati, affinchè abbia luogo finalmente la bramata unione delle due Chiese.
» CXXXII. (8 giugno). — Lettera del duca di Milano ai vescovi di Milano e di k\-
benga, nella quale inveisce contro Firenze, di cui è nemico, dipingendola a foschi colori come indegna.
[3^j SOMMARIO
per molte ragioni, d' accogliere i Padri del sinodo. I due vescovi suddetti facciano di tutto perchè ciò non avvenga, e dichiarino al Concilio che, nel caso fosse decretata siffatta traslocazione, egli proibirebbe ai suoi di recarvisi, e darebbe opera per trarre altri nel suo divisamento.
Doc. CXXXIII. (giugno). — Istruzioni date a Piero Guicciardini, inviato della Signoria
di Firenze presso il Sommo Pontefice. Tenga fermi gli obblighi contratti dalla Repubblica colla lettera del 28 agosto 1436, e dichiari che le galere non scio- glieranno alla volta di Costantinopoli finché il Papa non abbia pronunziato Firenze sede del Concilio e non si accinga a recarsi con la sua Corte in detta città.
* CXXXIV. (20 giugno). — Piero Guicciardini protesta solennemente in Bologna, a
nome della Comunità di Firenze e alla presenza del Collegio dei cardinali, esser detta Comunità preparata a tutto quello che fu concordato per la celebrazione del Concilio a Firenze, e che in conseguenza non sarà da attribuire a sua colpa se la esecuzione delle cose stabilite soffrirà impedimento o ritardo.
> CXXXV. » » » — Istrumento autentico della presentazione fatta in Bolo-
gna della suddetta protesta ai due ambasciatori greci.
» CXXXVI. (22 giugno). — Lettera dei vescovi di Digne e di Porto, e di Niccolò
di Cusa, ambasciatori dei presidenti del Concilio di Basilea presso il Sommo Pontefice, ai presidenti me- desimi per informarli come la Comunità di Firenze, dopo avere inteso il loro arrivo a Bologna, mandasse in questa città Piero Guicciardini presso il Pontefice. L' ambasciatore annunziò agli scriventi che Firenze aveva in pronto tutto quello che era stato stabilito per la traslazione del Concilio. Essi risposero non / aver missione né di accettare né di ricusare 1' offerta
(di cui nondimeno rendevano grazie), poiché il loro mandato era di recarsi appo il Pontefice ed il Col- legio dei cardinali, e attendere la decisione dello stesso Pontefice riguardo alla scelta di Udine o di Firenze. L' oratore fiorentino domandò allora che tali ^ cose fossero comunicate ai presidenti del Concilio. Il
perché i suddetti annunziano colla presente l' offerta amplissima dei fiorentini, e dichiarano la loro città omni laude et honore dignissima.
» CXXXVII. (4 luglio). — Istrumento col quale si fa fede come i due oratori greci
consentano che sia prorogato fino al 15 del mese cor- rente il termine già spirato per la partenza degli am- basciatori latini alla volta di Costantinopoli, e che la nomina della sede del futuro Concilio si differisca al- l' epoca dell' arrivo in porto dei greci, purché non si esca dal Decreto recentemente fatto a Basilea ed ap- provato dal Sommo Pontefice, consenziente il Sacro Collegio dei cardinali.
» CXXXVIII. (S luglio). — Lettera dell'imperatore Sigismondo al vescovo d' Argen-
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tina, suo oratore presso il Concilio di Basilea, nella quale mostrasi sdegnato per l'apposizione della bolla del sinodo fatta al Decreto della minoranza sulla sede del futuro Concilio; dichiara di non volere che questo sia celebrato in Italia : e, poiché per difetto di quei d' Avignone occorrerà fare un nuovo Decreto, dà or- dine al suo ambasciatore che insista per la città di Buda.
Dog. CXXXIX. (6 luglio). — Salvocondotto dato ai greci da Papa Eugenio.
» CXL. » » » — Il Sommo Pontefice crea Antonio Condolmero Capitano
generale delle quattro galere dal Pontefice stesso fatte apprestare nel porto di Venezia per essere spe- dite a Costantinopoli. Il Capitano dovrà condurre in Occidente il Paleologo, il patriarca Giuseppe e gli altri greci, mettendosi agli ordini dei nunzi aposto- lici, Marco arcivescovo di Tarantasia e Cristoforo ve- scovo di Coron, e usando del consiglio degli oratori del Concilio di Basilea, Pietro vescovo di Digne, An- tonio vescovo di Porto e Niccolò di Cusa; i quali tutti si recano a Costantinopoli.
» CXLI. (7 luglio). — Eugenio IV dà commissione a Michele Zeno e Baldassarre
Lupari di provvedere, per conto della Chiesa romana, le somme necessarie per la venuta dei greci.
» CXLII. » » » — Salvocondotto dato da Eugenio IV a Baldassarre Lupari,
il quale si reca a Costantinopoli e altrove per affari risguardanti il Sommo Pontefice e la Chiesa romana.
CXLIII. (8 luglio). — Eugenio IV, considerando esser necessaria nel Concilio la
presenza di personaggi prestanti per santità, religione e scienza delle Sacre Sritture, dà incarico a Cristo- foro Garatoni, fatto vescovo di Coron e ambasciatore pontificio in Grecia, di ordinare, in virtù di santa ob- bedienza, a coloro i quali a ciò giudicherà idonei che si rechino al Concilio stesso qnanto più presto po- tranno.
» CXLIV. (10 luglio). — Lettera d'Eugenio IV al Paleologo e al patriarca di Co-
stantinopoli, colla quale dichiara che le promesse fatte agli ambasciatori greci dal cardinale di Ve- nezia, risguardanti la sede del futuro Concilio, furono fatte per ordine di lui ; e promette dal canto suo d' osservarle pienamente.
» CXLV. (li luglio ). — Eugenio IV crea Giovanni Dissipato suo familiare e scu-
diero d'onore.
> CXL VI. (15 luglio). — Lettera della Signoria di Firenze al Concilio di Basilea,
colla quale si ribattono vigorosamente le calunnie del libello riportato di sopra, e dalla Signoria stessa at- tribuito, anziché al duca di Milano, a un qualche suo zelante ministro.
» CXLVII. » » » — Eugenio IV crea suoi nunzi ed oratori presso i greci, per
il trasporto di questi ultimi in Italia, Marco arcive-
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SOMMARIO
scovo di Tarantasia e Cristoforo Garatoni vescovo di Coron.
Dog. CXLVIII. (15 luglio). — Lo stesso Pontefice concede al sunnominato arcivescovo
di Tarantasia le facoltà dei Cardinali legati de latere.
y> CXLIX. » » » — Eugenio IV, dopo aver confermata la nomina fatta dai pre-
sidenti del Concilio di Basilea degli oratori che deb- bono, a nome del Concilio, recarsi in Grecia colle ga- lere per il trasporto degli Orientali , ed aver loro aggiunto i due nunzi rammentati di sopra, comunica siffatte nomine al Paleologo ed al Patriarca, pregan- doli a voler benignamente accogliere i suddetti per- sonaggi.
» CL. (17 luglio). — Cedula sottoscritta dall' ambasciatore greco Giovanni Dis-
sipato, colla quale dichiara a nome dell' Imperatore e del Patriarca di riconoscere il Concilio di Basilea uni- camente nei presidenti pontifici e nei Padri ad essi uniti, e che dagli Orientali non sarà dato ascolto ve- , runo alle sollecitazioni di quella parte del Concilio dì
Basilea che pretende rappresentare il Concilio stesso nella controversia della traslazione.
> GLI. ì> ■» -n — Istrumento col quale si fa fede della presentazione della
cedula suddetta, e della sua accettazione per parte del Sommo Pontefice e del Sacro Collegio.
» CLII. (80 luglio). — Bolla pontificia, colla quale Eugenio IV, udita la solenne
dichiarazione fatta il 17 di questo mese dall' ambascia- tore greco, si obbliga dal canto suo ad osservare pie- namente il Decreto convenzionale stabilito a Basilea nella sessione del 7 maggio, ed ordina che, in caso di sua morte, il Sacro Collegio conduca a termine l'adempimento delle promesse.
» CLIII. » » » — 11 Sommo Pontefice commette al suo nunzio arcivescovo di
Tarantasia d' imporre ai quattro vescovi mandati da quei di Basilea a Costantinopoli, ed ai loro complici, di desistere dalla loro impresa sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto.
» CLIV. (31 luglio). — La fazione dei Basileesi, crescendo ogni giorno più in au-
dacia, cita il Sommo Pontefice a comparire, nel ter- mine di sessanta giorni, innanzi al suo tribunale, per rispondere intorno ai fatti dei quali essa pretende ac- cusarlo.
» CLV. (fi settembre). — Sapientissima lettera di frate Ambrogio Traversari a
Eugenio IV, nella quale, dopo aver dimostrato essere ormai tempo di finirla colla ribelle congregazione di Basilea, lo consiglia a imitare l'esempio di papa Leone, intimando un nuovo sinodo. Savi suggerimenti sopra alcune riforme da introdurre, sull'unione colle Chiese d' Oriente, sul modo di renderla duratura dopo che sia ristabilita.
» CLVI. (14 settembre). — Salvocondotto di Niccolò d' Este, marchese di Ferrara,
SOMMARIO
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Doc. CLVII.
( VJ Bettembre ).
a favore di tutti coloro cui spetta prender parte al Concilio ecumenico, che è per trasferirsi a Ferrara.
■ Salvocondotto generale concesso dal Papa per il me- desimo scopo.
» CLVIII. (18 settembre). — Bolla pontificia colla quale Eugenio IV, richiamata in
breve la storia delle ribellioni dei Basileesi dai pri- mordi del Concilio fino al preteso monitorio del 31 di luglio, trasferisce il Concilio stesso da Basilea a Fer- rara, qualora i suddetti rimangano ostinati nella loro ribellione.
» CLIX.
— Istrumento del procurator fiscale del Sommo Pontefice, risguardante la solenne lettura, fatta nel Concistoro generale di questo giorno, della Bolla Doctoris gentium e dei salvocondotti del Papa e del marchese di Fer- rara.
» CLX. (settembre ?). — Eugenio IV annunzia ai cittadini di Basilea la trasla-
zione del Concilio, espone le ragioni che l'hanno de- terminata, e gli esorta a mantenersi fermi nella loro antica devozione verso il Sommo Pontefice e la Sede Apostolica, resistendo alle suggestioni di coloro che vorrebbero indurre novità nella Chiesa di Cristo.
» CLXI. (23 settembre). — Il Sommo Pontefice chiama al Concilio, in virti"! di
santa obbedienza, i rappresentanti delle Università, i Generali degli Ordini religiosi con alcuni maestri e dottori, gli oratori degli Ordini militari e gli Abati.
» CLXII. (26 settembre}. — La fazione dei Basileesi dichiara nullo il Decreto del
7 maggio, fatto dalla parte sana del Concilio intorno alla traslazione del sinodo.
» CLXIII, (l ottobre). — La fazione suddetta dichiara contumace il Sommo Pon-
tefice, e che si procederà contro di lui, nonostante la sua assenza.
« CLXIV. (6 ottobre). — Orazione indirizzata al Paleologo ed al Patriarca dal
vescovo di Losanna, uno degl' inviati a Costantinopoli della maggioranza illegale della congrega Basileese.
» CLXV. (12 ottobre). — I faziosi di Basilea, dopo aver preteso di confutare la
Bolla pontificia Doctoris gentium del 18 settembre, dichiarano nulla la traslazione del Concilio a Fer- rara, e giungono perfino alla minaccia di deporre Eugenio IV dal pontificato, ove non revochi, entro un termine per essi assegnato, la suddetta trasla- zione.
» CLX VI.
VCL.
(16 e 23 ottobre). — Eugenio IV chiama al Concilio di Ferrara frate Gio- vanni di Montenegro, provinciale dei Domenicani di Lombardia, assegnandogli, per il suo mantenimento, parte delle rendite della Chiesa d'Albenga; sul qual proposito scrive al duca di Genova. Invita anche vari Abati e Vescovi per lo stesso oggetto.
I. e
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SOMMARIO
Doc. CLXVII. (2B ottobre). — L' imperatore di Costantinopoli annunzia alla mag-
gioranza illegale dei Padri di Basilea d' aver ricevuto le lettere e udito gli ambasciatori da essi spediti; ma poiché non furono mantenute dai Padri suddetti le fatte promesse, i greci alla loro volta sono sciolti da qualunque impegno. Pertanto gli Orientali si reche- ranno in Occidente, dove gli chiama il Sommo Pon- tefice. Vogliano i Padri del Concilio fare ogni sforzo affinchè le cose volgano a buon termine, come già un di furono per essi bene avviate.
» CLXVIII. (20 dicembre). — Commoventissimo invito alla pace indirizzato dal car- dinal Cesarini ai Basileesi, e letto, a sua ,istanza, nella Congregazione di questo giorno. Il Sommo Pon- tefice, bramoso sopra ogni cosa dell' unione nella Chiesa di Cristo, elegge giudice ed arbitro delle con- troversie coi suddetti l' imperatore Sigismondo, la cui rettitudine d' animo e 1' affezione verso il Concilio di Basilea sono note a tutti. Vogliano dunque i congregati accettare questa via di conciliazione, e non si ren- dano colpevoli d' un rifiuto che nessun argomento riuscirebbe a giustificare. Il Cesarini annunzia esser suo divisamento di andare incontro ai greci per sod- disfare al proprio ufficio. ,
> CLXIX. (30 dicembre). — Eugenio IV rimette in sua grazia Lodovico Pontano,
il quale avea sostenuto a Basilea le parti dei nemici, del Papa. '
» CLXX. » » » — Bolla 'd' Eugenio IV, colla quale, attesoché quei di
Basilea si ostinino sempre più nella loro ribellione, dichiaransi purificate le condizioni della Bolla Bo- ctoris gentium e perciò trasferito definitivamente a Ferrara il Concilio, al quale si darà principio il dì 8 del prossimo mese di gennaio. Si ordina a tutti co- loro cui appartiene lo intervenirvi, che al più presto vi si rechino.
1438.
» CLXXI. (2 gennaio), — Eugenio IV elegge a presidente del Concilio, già trasfe-
rito a Ferrara, Niccolò Albergati, cardinale di Santa Croce, con facoltà di dar principio al medesimo, con- tinuarlo e presederlo fino al suo arrivo.
» CLXXII. (A'iprimi di gennaio). — Il Sommo Pontefice ordina al cardinal Cesa- rini, in virtù di santa obbedienza, di recarsi al Con- cilio di Ferrara.
» CLXXIII. (8 gennaio). — Cedula letta dal cardinale di Santa Croce nella solenne
inaugurazione del Concilio di Ferrara, celebrata in questo giorno. Il legato pontificio, dopo aver fatto leggere il Decreto conciliare del 7 maggio 1437 (Doc. cxx)j le quattro lettere apostoliche del 17 set- tembre, del 18 di detto mese, del 30 dicembre 1437 e del 2 gennaio 1438 (Doc. CLvn, clviii, clxx, clxxi)
SOMMARIO [35]
e il salvocondotto del marchese di Ferrara (Doc. clvi), dichiara di presedere, a nome del Sommo Pontefice, il Concilio stesso, e che oggi ha avuto principio la continuazione di quello di Basilea per gli oggetti pei quali quest'ultimo fu congregato, in specie per l'u- nione delie due Chiese, orientale ed occidentale.
Doc. CLXXIV. (10 gennaio). — Il Concilio di Ferrara, nella solenne sessione di questo
giorno, dichiara legittima, giusta, ragionevole e di urgentissima necessità la fatta traslazione del Conci- lio, la quale perciò esso loda, accetta ed approva ; dichiara non applicabili al caso presente i Decreti delle sessioni ottava, undecima, ecc. del già Concilio di Basilea, il quale ora a nuli' altro è ridotto che ad una illegittima e reproba moltitudine e conventicola, priva di qualsivoglia autorità; ne dichiara iiulli gli atti dal tempo della decretata traslazione (intendendo però di sanare ciò che riconoscerà utilmente fatto circa la causa dei boemi) ; scioglie i suoi membri da qualunque promessa o giuramento; proibisce, sotto gravissime pene, si molestino coloro che fanno o fa- ranno parte del Concilio di Ferrara, ed invita tutti quelli cui spetta recarvisi, a farlo quanto più presto potranno.
» GLXXV. (11 gennaio). — Il generale dei Camaldolesi scrive da Ferrara a Fran- cesco Sandello, abate di Santa Maria delle Carceri, d' esser giunto in detta città il 5 del mese corrente, e che si è già tenuta la prima sessione del Concilio, della quale gli dà sommaria notizia.
» CLXXVI. (16 gennaio). — Convenzioni e patti conclusi a Bologna, a nome del
Papa e del marchese di Ferrara, tra il cardinale di San Clemente ed Agostino de Villa relativamente alla dimora in Ferrara del Santo Padre, dei Cardi- nali, della famiglia pontificia, ecc.
» CLXXVII. (17 gennaio). — Convenzioni e patti, stabiliti come sopra, contenenti
gli ordinamenti speciali relativi alla dimora in Fer- rara dei vari personaggi che intervengono al Con- cìlio, e particolarmente intorno agli alloggi ed ai prezzi dei viveri.
» CLXXVIII. (29 genuaio). — Importantissima relazione, letta innanzi al conciliabolo
di Basilea da frate Giovanni di Ragusi, della sua mis- sione in Grecia durante il passato triennio.
» CLXXIX. (30, 31 gennaioi 1 febbraio ?).— Sunto della relazione fatta come sopra,,
dai vescovi di Viseu e di Losanna intorno alla Ic^ro fallita missione in Grecia.
» CLXXX. ( 10 febbraio ). — Eugenio IV commette al vescovo di Cavaillo'ii di se-
questrare le somme fin qui raccolte nelle vr^u-je parti del mondò per le spese dei greci, e d' inviargliele al più presto a Ferrara, dove si trova firjo dal 24 del mese dì gennaio.
^ CLXXXI. ( 14 febbraio ). — Lo stesso Pontefice ordina il general e sequestro delle
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SOMMARIO
somme suddette, affinchè possano impiegarsi per l' uso cui sono destinate.
Doc. CLXXXIL (15 febbraio).
Bolla pontificia e decreto sinodale che dichiara incorsi nelle pene canoniche i membri del conciliabolo di Ba- silea, ai quali viene ingiunto di allontanarsi da quella città entro il termine di trenta giorni.
CLXXXIII. (20 febbraio ;
Il generale dei Camaldolesi scrive da Venezia al Santo Padre per rendergli conto della missione da esso rice- vuta insieme col cardinale di Santa Croce presso i greci, giunti felicemente a Venezia il dì 8 di febbraio. Eccellenti disposizioni dei medesimi, e specialmente del Patriarca, uom venerando e di gran mente. Di buon grado si recheranno essi a Ferrara per la cele- brazione del Concilio. Vuoisi far loro accoglienza ono- revole e benevola. Grandi speranze di riuscita. Il car- dinal Cesarini è giunto a Venezia, ed è pronto, se fìa duopo, a morire per il Sommo Pontefice.
CLXXXIV. (febbraio). — Orazione che Ambrogio Traversari dovea recitare a Vene- zia, in nome del Sommo Pontefice, alla presenza dei greci.
CLXXXV. (21 febbraio).
Lettera del medesimo al vescovo di Cervia, nella quale ripete, con aggiunta di molte importanti particolarità, le cose dette nella lettera al Sommo Pontefice. Savie considerazioni di Ambrogio, e prudenti consigli.
» CLXXXVI. (26 febbraio). — L'imperatore Paleologo annunzia ai Basileesi il suo
arrivo a Venezia, e la presa decisione di recarsi a Ferrara per la celebrazione del Concilio. Esorta quelli a intervenirvi senza indugio, affinchè sia dato con- chiudere la tanto sospirata unione.
» CLXXXVII. (27 febbraio). — Lettera scritta da Venezia ai prelati della Germania,
nella quale si annunzia 1' arrivo dei greci e si parla del loro grande ardore per V opera santissima del- l' unione.
» CLXXXVIII. ( 1 marzo ). — Relazione fatta alla presenza del Sommo Pontefice nella
solenne Congregazione di questo giorno dal vescovo di Digne, a nome eziandio dei suoi colleghi, intorno alla loro missione a Costantinopoli condotta felice- mente a termine.
» CLXXXIX. (10 marzo). — Frate Ambrogio scrive all'abate di San Salvatore a Fi- renze dandogli notizie dei greci, i quali hanno seco uomini gravi e dotti, e preparati alle dispute. Por- tano seco mojti volumi. Domanda l' aiuto della pre- ghiera. Spera che le ragioni e le buone maniere con- durranno a buon termine il negozio.
» CXC.
— Lettera del medesimo a Daniele Scotto, vescovo di Con- cordia e governatore di Bologna. Parla del felice ri- torno del cardinal Cesarini, e della dolce speranza ohe le cose riescano a bene.
SOMMARIO [3*7]
Doc. CXCI. ( 11 marzo). — Altra lettera del Traversar! a Bartolommeo de Viarana,
nella quale dice d'esser molto amato dal greco im- peratore e dal Patriarca; parla del ritorno del Cesa- rini e delle speranze di un'ottima riuscita.
» CXCII. (9 aprile). — Bolla d'Eugenio IV, letta in greco e in latino nella so-
lennissima sessione sinodale di questo giorno, essendo presenti i Padri greci e i latini; colla quale si di- chiara che, di comune consenso, il Concilio ecume- nico è nella città di Ferrara all' oggetto di conchiudere l'unione santissima delle Chiese d'Oriente e d'Occi- dente, e per gli altri fini pei quali detto Concilio è notoriamente adunato.
» CXCIII. » » » — Il patriarca di Costantinopoli, non potendo, a causa della
sua grave infermità, intervenire alla solenne sessione sinodale di questo giorno, dà facoltà, col presente mandato, a' suoi confratelli di recarvisi e pronunziare r esistenza del Concilio ecumenico.
» CXCIV. » !> » — Breve descrizione delle cose operate nella sessione sino-
dale di questo giorno.
» CXCV. (Dopo il 9 aprile). — Risposta d'Eugenio IV agli oratori del duca di
Savoia, colla quale, riassumendo i fatti accaduti fin qui, dimostra la legittimità del Concilio di Ferrara e della condanna di quei di Basilea. A malgrado però della perversa condotta di questi ultimi, il Sommo Pontefice dà facoltà al Duca e ad ogni altro d' inter- porsi fra lui ed i ribelli per ristabilire una onesta e ragionevole concordia, quale però si conviene tra pa- dre e figli.
» CXCVI. ( 13 aprile ). — Bellissima lettera del Traversari a papa Eugenio. Di-
scorre a lungo dei greci e dei modi caritatevoli coi. quali conviene trattarli.
Aggiunte e Correzioni. Pag. dovi
PREFAZIONE
La gioia è nel cuore di tutti i cattolici. La grande Assemblea, intimata dal Pontefice Pio IX, sta ormai per adunarsi. I Pastori delle mille Chiese del mondo, ve- nerandi per età, virtù, dottrina ed esperienza, obbedendo al cenno del Capo dei credenti, si recano a Roma da tutti i punti della terra per trattare insieme con lui intorno ai più alti interessi della umanità. Perocché gli uomini, destinati dal Creatore a far breve comparsa nel tempo e poi disparire per immergersi nel secolo eterno, dimenticano troppo spesso che in questo ter- restre passaggio hanno grandi doveri da compiere, grandi prove da sostenere, donde, pur troppo, dipende la loro sorte immortale. A rammentare questo fine supremo si aduna oggi l'augusto Senato; e si aduna in nome di quel Dio, da cui ebbe comandamento d' am- maestrare nell'unica cosa veramente necessaria tutte
VOL. I. f
[42] PREFAZIONE
le genti. Grandi e gioconde speranze di ravvedimenti e di pace van congiunte colla celebrazione del Concilio Vaticano: speranze che hanno a fondamento non la terrena virtù, ma F assistenza divina.
A temperare però la gioia dei fedeli, un triste vuoto apparirà nel venerando consesso. L'invito pa- terno di Pio IX alle Chiese separate d'Oriente ebbe in risposta il silenzio o un disdegnoso rifiuto. Un po- tente Monarca tien chiuse le labbra e incatenato il piede a' vescovi del suo Impero, i quali anelano per avventura di mutare la schiavitù della Newa col fraterno vincolo di Roma. E l' antica Bisanzio, più libera ne' suoi atti delle città sorelle sottomesse allo czar, porta tuttavia il giogo d' inveterati pregiudizi. L' esempio del mo- derno patriarca di Costantinopoli è seguito dai vescovi Orientali separati da Roma, ed è ormai fuor di dubbio che il Concilio Vaticano si aprirà senza il bramato intervento di quelle Chiese d'Oriente.
Inescusabile invero è questo rifiuto. Perocché ninna via più atta a restaurare l'unione può proporsi ai cre- denti, che la celebrazione di un Concilio ecumenico. A che dunque rispondere con vecchie e intempestive accuse? « Si pretende incolpare di errori e di falsi principi la prima Sede (osserva a buon dritto il vene- rabile Patriarca latino di Gerusalemme), ed intanto, col rifiuto del Concilio ecumenico, si respinge ad un tempo l'unico mezzo atto a dissipare gli errori e a stabilire i diritti della verità ; e si confessa di volere sponta- neamente rimaner separato dal gran corpo della Chiesa
PREFAZIONE [43]
universale. » Ma guai a chi ama lo scisma, o non si cura, potendo, di abbatterlo ! Costui porta seco la pro- pria condanna; che la tessera dei discepoli di Cristo è l'unità ed il mutuo amore. Il divino Maestro ha pregato perchè i suoi discepoli siano consumati nel- la unità, perchè siano tutti una sola cosa in lui, come una sola cosa egli è col Padre ; e da questo (ha detto) conosceranno gli uomini che siete miei discepoli, se avrete amore Funo all'altro, perocché il mio coman- damento è che vi amiate scambievolmente come io ho amato voi. E amore, e brama ardentissima d'unione spirano gii atti del vescovo di Roma verso le Chiese d' Oriente , a cominciare dall' affettuosa lettera agli Orientali data nei primi giorni del suo pontificato sino al recentissimo invito di rinnovare nel Concilio Vaticano le leggi dell'antica dilezione. Or, può dirsi lo stesso delle risposte date dal patriarca di Costan- tinopoli ? >
Se non che, non è da deporre la speranza. Lo Spi- rito di Dio suggerirà al sacro Concilio le vie confa- cevoli a proseguire con prospero successo la grande iniziativa di Pio IX. Ai fedeli poi è riserbato il coa- diuvare colla preghiera e coli' opera i generosi sforzi dei maestri d'Israele. Ecco perchè ci siam domandati se anche noi, nella nostra pochezza, avremmo potuto far qualche cosa in servizio di sì nobile causa.
E il pensiero si è portato rapidamente al grande avvenimento che, quattro secoli addietro, allietò le sponde dell'Arno, e rese più celebre al mondo il mae-
[44] PREFAZIONE
stoso tempio d'Arnolfo e di Brunellesco. E perchè, abbiamo detto, non riuscirebbe opportuno risuscitare, nei giorni presenti, la ricordanza del Concilio di Fi- renze, dove, dopo lunghe e sottili discussioni, fu stretta l'unione delle due Chiese greca e latina, dove gli Armeni e i Giacobiti ritrovarono la via regia della tradizione apostolica? Il Concilio fiorentino sarà sempre il centro a cui faran capo gli studi di coloro che sin- ceramente desiderano la cessazione del funesto scisma orientale. Fa dunque mestieri dissipare le nubi che la malafede di alcuni e la credulità di altri ebbero accu- mulate attorno a quel celebre fatto per oscurarne lo splendore e diminuirne la forza. E se, a questi giorni, è tuttavia possibile udire un Patriarca Costantinopoli- tano ripetere, in una occasione solenne, che l' assemblea di Firenze fu « convocata dalla forza » e « per motivi politici d' un interesse puramente terreno, » che tale assemblea « riusci ad una conclusione imposta tem- porariamente a qualcuno dei greci con la fame e con ogni sorta di minacele e di violenze, sotto il Papa d' allora, » e perciò « non merita neanche il sacro no- me di Concilio; » nessuno, per fermo, dirà opera vana il mostrare colla pura e genuina esposizione dei fatti quanto sia falsa e priva d' ogni fondamento siffatta accusa.
Pertanto noi divisammo d'intraprendere uno studio che spontaneamente ci si presentava divisibile in due parti: la prima, relativa alla convocazione del Conci- lio; l'altra, alla sua celebrazione. Quella ci avrebbe
PREFAZIONE [45]
rivelate le cause del suo adunarsi ; questa i motivi delle sue conclusioni. Per trattare convenientemente la prima, occorreva studiare in special modo i Docu- menti di Costanza e di Basilea, e non mai perder di vista la narrazione del greco autore Siropulo (questo Sarpi del Concilio di Firenze); per la seconda facea di mestieri prendere a disamina gii Atti del Conci- lio. E, per l'una come per l'altra, consultare gli scrit- tori coevi, far tesoro delle memorie inedite che ci venisse fatto di trovare, e coglier questa occasione per dare alla luce, sulle carte originali che religiosa- mente si conservano nella nostra Laurenziana, Tatto d' unione della Chiesa greca colla latina, l'istruzione agli Armeni, il Decreto pei Giacobiti, completando in tal guisa il lavoro di Carlo Milanesi, che, in occa- sione della visita del Santo Padre Pio IX a Firenze, die alle stampe il primo dei rammentati Documenti, con importanti e non comuni notizie intorno agli esem- plari della carta d'unione tra le due Chiese suddette. Il nostro Bandini, prima di lui, avea diligentemente trascritto quei Documenti, quanto alla parte greca ed alla parte latina, e gli aveva disposti per la stampa, facendoli precedere da dotti preliminari. La morte gi' impedì d'effettuare il suo disegno.
Postici all'opera, ci crebbe sotto mano il lavoro; e la prima parte, che speravamo esaurire in pochi tratti, assunse le proporzioni di un libro a sé. In quel tempo giunse la notizia del deplorabile rifiuto degli Orientali. Allora pensammo che ciò che nell' ipotesi
[46] PREFAZIONE
del loro intervento sarebbe riuscito di minore impor- tanza (lo studio, cioè, delle lunghe trattative per la celebrazione di un Concilio) acquistava particolare interesse nel caso presente. Quindi rivolgemmo spe- cialissime cure a questa parte del lavoro, la quale ora, all' aprirsi del Concilio, rendiamo di pubblica ragione, riserbando ad altro tempo la parte seconda.
L' Autore non osa, com' è ben naturale, di dedicare il suo meschino lavoro alla venerabile Assemblea. Se però la lunga serie dei Documenti, per esso a gran fatica e con lungo studio raccolti e ordinati, potesse fa- cilitare in qualche maniera le ricerche, e risparmiare un tempo prezioso a quei dotti, i cui travagli son destinati a portare dinanzi ai Padri del Concilio il tributo delle scientifiche investigazioni, egli andrebbe lieto d'avere speso non inutilmente le sue fatiche. Degnisi pertanto il Signore di benedire a' suoi umili sforzi, e possano essi pure, avvalorati dal potente soc- corso della grazia, contribuire comecchessia al dila- tamento del Regno di Dio, che è regno di verità, di giustizia e di pace.
Firenze, 30 novembre 1869.
-ooOg<Xx>-
PARTE PRIMA
i
FONTI STORICHE E METODO
È nostro debito informare il lettore delle fonti storiche a cui abbiamo attinto, e del metodo da noi seguito nel presente lavoro. Trattando questa prima parte unicamente dei fatti che precedettero il Concilio di Firenze, ci restringeremo di presente a dar notizia delle fonti che risguardano soltanto gli antece- denti di detto Concilio. E intendiamo delle principali, che le altre verranno citate via via nel corso dell' Opera.
Sa ognuno che alle trattative coi greci per il ristabilimento dell' unione prese parte attivissima il Concilio di Basilea ; onde è facile intendere come gli Atti di quel Concilio debbano dar materiali per la storia di quelle negoziazioni. Le lettere sinodali che succedono a quegli Atti, e l'Appendice ai medesimi, pubblicata la prima volta dal Crabbe, somministrano altresì Documenti in buon dato. Il supplemento del Mansi alla Collezione dei Con- cili, e la Nova amplissima collectio di Firenze e Venezia (1759-98), contengono sparsamente Documenti di molto interesse. Ricchis- simo, su questo proposito, è il tomo viii della Collectio veterum scriptorum et momimentorum di Martène e Durand. Gli annali
VCL. 1. S
[^0] FONTI STORICHE E METODO
del Rainaldi, la Summa Conciliorum Basìleensis, Fiorentini, ecc. del Senese Agostino Patrizio, gli scritti d'Enea Silvio Piccolo- mini, le preziosissime lettere di frate Ambrogio Traversari, ed altri monumenti storici ne hanno somministrato Documenti e notizie in gran numero. Altra messe copiosa ci ha fornito la prima parte del libro pubblicato nel 1638 coi tipi di Propa- ganda da Orazio Giustiniani, primo custode della Biblioteca Vati- cana, che ha per titolo : Ada Sacri oecumenici Concilii Fiorentini, ah Horatio lustiniano .... collecta, disposila, illustrata. Questi Atti non sono altro che la narrazione delle dispute tenute in Concilio tra i greci ed i latini, fatta da Andrea da Santa Croce, patrizio romano e avvocato del Concistoro apostolico, il quale era stato presente alle discussioni. La prima e la terza parte del libro son piene di Documenti e di notizie assai importanti. La fa- mosa Vera (sic) historia unionis non verce di Silvestro Siropulo, uno dei cinque crucigeri del patriarca Costantinopolitano a tempo del Concilio di Firenze, e acerrimo nemico dell' unione (almeno dopo il ritorno dei greci a Costantinopoli), è stata da noi^ com' era nostro debito, continuamente tenuta d' occhio. Questo delle principali fonti conosciute.
Venendo ai Documenti inediti, abbiam cercato nel nostro Archivio centrale di Stato, e ne abbiamo tratti principalmente Documenti relativi alle pratiche della Signoria per avere il Con- cilio a Firenze. Vari Codici Laurenziani, tutti del tempo, e in special modo il Codice Strozziano 33, scritto in servigio del ce- lebre cardinal Capranica, fondatore dell'antichissimo collegio di giovani cherici che da lui tolse il nome, e che fiorisce tuttavia in Roma con bella fama, tra i primi, di pietà e di scienza, hanno arricchito abbondantemente la nostra raccolta. Le carte preziosis- sime, accennate nella prefazione, non risguardano la parte pre- paratoria del Concilio. La Biblioteca Vaticana ci ha pure fornito materiali in altri Codici coevi, che, come quelli citati, toccano delle cose dei greci in quanto queste fecero parte delle materie trat-
FONTI STORICHE E METODO [51]
tate a Basilea. Riguardo al qual Concilio, avremmo trovato ab- bondanti miniere di Documenti, se ci occorreva occuparci ex- professo di queir ingrato argomento.
Merita qui speciale menzione il Codice Barberiniano XVI, 85, che i lettori troveranno citato di sovente nel corso del libro. E ciò per la relazione eh' esso ha con un plagio del sullodato Giu- stiniani. Narra Leone Allacci, indefesso e dotto scrittore di cose greche, come, avendo a gran fatica raccolto dall'Archivio Va- ticano e dalle Biblioteche di Roma Documenti e notizie intorno al Concilio di Firenze coli' intendimento di scriverne poi una storia, comunicò i suoi scritti al Giustiniani, il quale ne tolse occasione per dare alla luce 1' Opera di sopra rammentata, pub- blicando come cosa sua quello che il buon Allacci gli aveva afifidato. Se non che (questi soggiunge) io, che ben conosceva r indole di queir uomo, non gli comunicai tutto quanto, e penso di pubblicare a suo tempo, insieme raccolte, le materie da esso date alla luce e le altre rimaste in mia mano. È prezzo dell' opera udire il racconto di questo furto letterario dallo stesso Allacci, che così narra il fatto nelle sue dottissime Exercitationes in Roberti Creyghtoni Apparatum, Versionem, et Notas ad Hi- storiam Concilii Fiorentini, scriptam a Silvestro Syropulo, de unione inter grcecos et latinos (Romse, 1665, pag. 71) : Acta eiusdem S. (Ecumenici Concilii Fiorentini a recentissimo quo- dam postmodum collecta sunt, in quihus, prceter pjaucas No- tas, et Disputationes, et Collationes inter latinos et grmcos in Concilio hdbitas, et ab Andrea Sancta- Crucio, patricio ro- mano et apostolici consistorii advocato conscriptas in modum dialogi cum Ludovico Fontano, reliqua fere omnia ex meis schedis, in quibus pleraque tum e Vaticano Archivo, ium Bi- bliothecis romanis, magnis impensis et labore impy^obo excer- pseram, eo scopo, ut aliquando dieta Acta, meis additionibiis et notis illustrata, et in meliorem aspectum concinnata, siculi tabidas utcunque iJÌctas in bono lumine exponerem, desumpta
[52] FONTI STORICHE E METODO
sunt Lahorem cum UH communicassem, statim de edendo ilio Concilio .occasionem arripuit, et schedas illas et quce in illis contine!) antur uti sua publicavit atque divendidit, indignum ra- tus, si, per quem profecerat, decantaret. Non mentior ; schedas ipsas ab eodem, dum illas lectitaret, multis in locis manti sua interpolatas, ad perpetuam rei memoriam in Bihliotìieca Vati- cana, absolutis hisce Exercitationibus reponam: testimonium trihuent et Apes mew urbanse, anno 1633 Roma? editas apud Ludovicum Grignanum in 8*^., in quibus hunc oneum laborem le- ctoribus hisce verbis insinuo : « Conciliorum Ferrariensis et Fio- rentini Acta, notis et animadversionibus illustrata, » aìite quam ipse de edendis Actis Concila vel minimum, cogitasset; cum illa postea ediderit anno 1638. Sed non fuere funesta omnia omina. Nanque, cum casum prospicerem et iìtgenium hominis apprime cognoscerem, non universa communicavi. Quare quce recens collector edidit et quce mihi reservaveram, post has meas Eccerci- fationes, ut eocpletam omnibus suis partibus et membris, uti fieri potest. Fiorentini Concila historiam habeas, una simul con- struam, ut hinc videas, Creyghtone, etiam ex pontificiis et grce- cis ipsis multos insudasse ad Acta huiusce Concila e tenebris eruenda, quce plana sunt, et sublestam, ne dicam scelestam tui Syropuli mentem, et mendacia explodent, ut mdebimus infra. Leone Allacci passò di questa vita senza neppur terminare il lavoro importantissimo che avea tra mano sull' Opera del Si- ropulo; il perchè rimase senza eJÉfetto il suo proponimento di scrivere la storia del Concilio di Firenze.
Queste notizie ci fecero nascere naturalmente il desiderio di ritrovare le schede di cui parla l' Allacci ; e, dopo averle cercate invano nella Vallicelliana di Roma, che conserva un gran nu- mero de' suoi manoscritti, avemmo la fortuna di rinvenirle nella Biblioteca Barberiniana, legate insieme in un Volume in 8.'^, segnato colle cifre summentovate. Il Codice è quasi tutto ' di mano dell'Allacci, il quale, come abbiamo udito, copiò i Do-
FONTI STORICHE E METODO [53]
cumenti ch'esso contiene dalle principali Biblioteche di Roma. Vi ritrovammo parecchi Documenti che avevamo visti e copiati a Firenze, ed altri parimente da noi estratti dalla Biblioteca Va- ticana. Non tutti però ci erano conosciuti, e facemmo tesoro dei nuovi per la nostra raccolta. Quantunque poi non potessimo in alcun modo dubitare della esattezza del peritissimo ed instan- cabile Allacci nel trascrivere i detti Documenti, volemmo, per riprova, collazionarne qualcuno coi regesti di Martino V e di Eugenio IV che si trovano nell'Archivio Vaticano, ed avemmo una conferma di fatto di quello che non potea mettersi in dubbio; vale a dire, della loro fedele riproduzione.
Messi insieme i Documenti editi e inediti (che sono princi- palmente lettere, bolle pontificie, decreti di sinodi, relazioni d' am- basciatori^ ecc. ecc.), conveniva ordinarli. E qui cominciava la parte meno ingrata del nostro travaglio. Perocché ci veniva fatto, seguendo l'ordine cronologico, mettere insieme Documenti quasi dimenticati, giacenti quale in una Collezione di Concili, quale in una raccolta di lettere, quale in un Codice inedito, e rischiarantisi a vicenda di bella luce. Vero è che non sempre i Documenti avean seco la data, o (che è peggio) non sempre, avendola, essa dava nel segno ; e che alcuna volta la indica- zione dell' autore del Documento era sbagliata, o mancava del tutto. Ma questi, com' è facile a intendersi, erano lievi ostacoli, potendosi per via di esami e di confronti conoscere o rettifi- care le date e i nomi delle persone. Il che ci riuscì quasi sem- pre di conseguire.
Disposti cosi i Documenti secondo 1' ordine cronologico, gli consegnammo alla stampa. E in ciò fare, ecco il metodo seguito. Prima di tutto, per render facili i richiami, assegnammo un numero d' ordine a ciascun Documento ; poi volemmo indicarne la data; la quale, se non eravamo certissimi, ci piacque di ac- compagnare col segno ortografico d'interrogazione: in terzo luogo ponemmo un sunto brevissimo del Documento, quasi a farne
[&4] FONTI STORICHE E METODO
pregustare r importanza e richiamarvi su F attenzione: finalmente, citammo la fonte o le fonti da cui il Documento stesso, che im- mediatamente succede, trae la sua origine. E, quanto a siffatta citazione, dobbiamo fare alcune avvertenze. Se più d' una è la fonte, citiamo in primo luogo quella (edita o inedita che sia) da bui abbiamo la prima volta estratto il Documento. Poi citiamo l'altra, o le altre, che ci hanno aiutato a riprodurlo più corret- tamente che fosse possibile. Perocché non v' ha chi ignori la dif- ficoltà che spesso s'incontra, per l'incuria o l'imperizia degli ama- nuensi, nel dare la vera lezione dei Documenti. Or, per avvici- narvisi il meglio possibile, non v'ha in tali casi altro mezzo del confronto di più Codici. Perciò, quando ci veniva fatto di trovarne più d' uno contenente lo stesso Documento, pone- vamo a confronto le varie lezioni ; il che infinite volte ci giovò a dare con sicurezza la vera. E questo facemmo anche ri- spetto a Documenti già editi, e ci fu dato per tal modo rista- bilire il senso del loro discorso, il quale non di rado manca nelle raccolte del Mansi, del Martène, ecc.; non per- colpa, s'in- tende, di quei laboriosi raccoglitori, ma per difetto dei Codici. Avvertiamo per altro di non esserci (almeno scientemente) presi arbitri. Quando la vera lezione ci apparve evidente, 1' adottammo senza scrupolo; quando poi ci sembrò dubbia, ponemmo in nota la variante, lasciando al lettore la oura d' indagare da per sé il vero senso del discorso. Qualche volta, ma non di frequente, ponemmo in nota le nostre congetture. Il punto interrogativo^ chiuso in parentesi, sta a dinotare che non siam certi se il Codice debba leggersi nel modo per noi riportato; il qual dub- bio ha luogo 0 per l'incertezza delle lettere o per le abbre- viazioni del Codice. Nei Documenti inediti siamo stati attacca- tissimi alle lezioni dei Codici, amando meglio riprodurre periodi monchi e privi di senso, che rabberciati a nostro talento. Così, se ad altri riesca trovare in altro luogo i Documenti da noi per la prima volta dati alla luce, potrà forse, confrontandoli
FONTI STORICHE E METODO [55]
colla nostra lezione, ristabilire la vera, come noi stessi abbiam fatto rispetto a non pochi Documenti già editi. La qual cosa non sarebbe altrimenti facile, ove noi, congetturando, avessimo complicato le ricerche dando una lezione che ci pareva probabile. Alcuna volta citiamo in nota, anziché al luogo indicato di sopra, altre fonti del Documento. Questo accade se ci è mancato il modo di fare anche con quelle fonti le opportune collazioni. Rispetto alla grafia, se il Documento era edito secondo il mo- derno sistema di scrittura, lo abbiam riprodotto quasi sempre a quel modo; se inedito, abbiam conservato la maniera di scri- vere del Codice. Nuli' altro abbiamo da avvertire sulla parte Documentale, che forma la Sezione seconda del presente libro. Ora è da dire alcuna cosa dell' altra sezione. Perocché ci parve di non aver fatto abbastanza col porre in ordine e pubblicar Do- cumenti. Facea di mestieri .ricavare dal loro mutuo confronto una continua narrazione, e supplire ai vuoti di quelli colle notizie degli autori coevi. La Sezione prima di questo libro è come l'edi- fizio, fabbricato, nella più gran parte, coi materiali della seconda. L' abbiamo intitolata Narrazione. La quale, più che a modo di racconto dilettevole, é fatta a guisa di studio. Perciò chi non ami studiare ma leggere la storia, non troverà soddisfazione in questo libro ; quantunque, a dir vero, i fatti che vi si narrano sieno abbastanza interessanti. A parecchi non piacerà quel con- tinuo riportare brani latini in appoggio o schiarimento del rac- conto. Ma, quando gli abbiano letti, riconosceranno per avven- tura che non senza motivo abbiam quasi costretto il lettore a prenderne cognizione. Ci stimeremmo poi fortunati, se questo solo mancamento fosse trovato nel nostro lavoro.
PARTE PRIMA
SEZIONE PRIMA
NARRAZIONE
VOL. I.
Gap. I. Martino quinto e le Chiese d'Oriente
Martino V pone termine allo scisma d'Occidente. — 2. Sollecitudine dei Papi in richia- i^are all'unità le Chiese orientali. Punto di partenza del nostro racconto. — 3. Solenne ambasceria dei greci a Costanza per ristabilire l'unione. Felice avviamento delle trattative. Nomina di un legato pontificio. Interruzione per la morte di lui. Si strin- gono rapporti tra i greici e i latini. — 4. Martino V a Firenze. Vi riceve due nuovi amba- sciatori. Nomina di un altro Legato. Ne è impedita la partenza. Invio a Costantinopoli di frate Antonio di Massa. Esito infelice della sua missione. Risposta del greco im- peratore. — 5. Il Concilio di Siena, udita la relazione di frate Antonio, è costretto rimettere ad altro tempo il ristabilimento dell'unione. — G. Continuano le trattative tra Roma e Costantinopoli. Martino V propone che si celebri un Concilio in Italia. I legati greci cercano spaventare i latini colla prospettiva d'ingenti spese. Risposta di Martino e invio a Costantinopoli del domenicano Andrea. I greci accolgono favore- volmente il progetto e inviano nuovi Legati al Pontefice, i quali tornano con sue let- tere. — 7. Parte da Costantinopoli alla volta di Roma una solenne ambasciata. Prima dell' arrivo, muore Martino V. — 8. .V che -punto questo Pontefice lasciò il negozio del- l'unione. — Note.
i. — La Chiesa cattolica usciva vittoriosa della lung-a e formidabile lotta che per quasi otto lustri avea tenuto incerta la cristianità sull' erede legittimo del pescatore di Galilea. Ottone Colonna, eletto papa a Costanza il dì 11 novembre del 1417 con unanime suffragio e applauso universale, riunì in una le tre obbedienze e per lui ebbero termine i tristi elenchi degli antipapi e degli anticardinali. Martino V ap- parve a "Roma (scrive il Platina, che esalta la prudenza di lui, la sua mansuetudine, la giustizia, la destrezza nel con- durre i negozi) come un inviato del cielo. Desolante invero egli trovò lo stato della metropoli del mondo. Non più alito
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di vita civile : nulla urbis facies, otulhim urianitatis indi- cium. « Deserte le vie, crollanti i templi e le case, regnante lo squallore, la fame, la miseria d' ogni specie. Sempre la vita pubblica abbandonava Roma nell' assenza dei Papi ; ma ora giaceva, atterrato gigante, negli aneliti dell' agonia. Fortunatamente il Pontefice era un Colonna : egli ne pren- deva la cura colla magmanimità della sua casa. Ristorava la città, e più *della città i costumi e la concordia ; perdonava e tornava in fede i Savelli. Per ravvivare le parti della città, abitava al Vaticano, a Santa Maria* Magg'iore, e dall' anno ottavo del suo pontificato, che fu il 1424, attestan le sue lettere die egli risiedesse piìì dentro alla città, vicino alla cbiesa dei Santi Apostoli, nella magione di sua famiglia. La ristorazione facendo piìì studiosamente considerare i danni della città. Poggio Bracciolini nei due libri Histcfi^ife de varietate fortmice uno dei primi descriveva le rovine di Roma, dandoci un fondamento all' archeologia. Onde, Mar- tino duce, in un coi monumenti si ristorava la storia da tanti secoli muta sulle cose di Roma. E Roma fu ricono- scente al Pontefice, scrivendo nei fasti il dì della sua venu- ta, e dicendolo padre della patria o suo novello fondatore '. » Oltre a tredici anni papa Martino resse lo Stato e la Chiesa. « Martello degli eretici (continua l'Audisio), tentò di mor- derlo l'eresia, quasi dispensasse 'fratello e sorella per ma'- trimonio : ma santo Antonino afferma che sol dispensò neir affinità contratta dallo sposo viziando la sorella della sposa; e Natale Alessandro lo commenda di parsimonia e di' cautela nelle dispense. Educò la plebe, non fomentò r ignavia ; e ne mormorò quella plebe anelante a pane e circensi. Onde Gobelino nei Commentari, o piuttosto Ènea Silvio : Vidi Martino V, Eugenio IV, Nicolò V e Calli- sto III, cui min condannò il popolo, e levò al cielo defunti. Rialzò gli studi, oltre ai monumenti romani ; confortò ovun- que i letterati. Istituì e privilegiò l' accademia lovaniese, dal Lipsie sì giustamente celebrata nel suo Lovanio, e oggi d'uomini e di scienza nuovamente fecondissima. Giustamente
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il Balbo : Martino V, gran iwotettofe di lettere, fu di nuoix) gran iirinclpe : riunì la Chiesa, riunì, restaurò lo Stato papale, straziato già durante lo scisma. Trasportò in Roma la biblioteca papale di Avig'none. E per venerazione alla santità e dottrina del figlio, vi trasferì e celebrò di un suo discorso il corpo di santa Monica nella cliiesa di santo Ago- stino. Modello di forza e di costanza, al fratello Giordano clie moriva di peste sovvenne in servizi personali e nei conforti della religione ; e per la morte del minor fratello, arso neir incendio della casa, non ritardò la celebrazione dei divini misteri a cui si apparecchiava. Dell' amor delle ricchezze lo scusano santo Antonino e le grandi opere sue. Morì nella propria casa vicino ai Santi Apostoli (20 febbraio 1431) ; i nipoti si tolsero 1' eredità del Colonna e del pon- tefice : ma fu colpa sua, o dei nipoti superstiti a lui morto di apoplessia ^? »
2. — Noi prendiamo le mosse della nostra narrazione da papa Martino, perchè sotto il pontificato di lui furono ripresi i negoziati per la riunione delle due Chiese greca e latina, i quali, a intervalli più o meno lunghi, anche dopo i corti amplessi del sinodo lionese (an. 1274), non mai furon ces- sati tra RfKia e Costantinopoli. La storia fa fede della co- stante sollecitudine dei Papi in richiamare all' unità, giusta la mente del divino istitutore, quella nobile parte del gregge cristiano, cui sconsigliate ambizioni, imprDv::7Ìdi legami al trono dei Cesari, e* malintesi funesti riuscirono~"Br-t^ere, nel volger dei secoli, o lontana o disgiunta dalla Chi^ di Roma ^. E nondimeno 1' Oriente s' inchinò sempre osse- quioso a quel, gran luminare dell' antichissimo evo cristiano che attestava indispensabile a tutte le Chiese, cioè a quanti sono fedeli, il convenire a questa di Roma a causa del suo principale o piiì potente primato * !
3. — Non appena fu giunta in Oriente la novella della pacificazione occidentale, il greco imperatore Emanuele II Paleologo, di concerto col non men pio che dotto patriarca Costantinopolitano Giuseppe, spedì a Costanza solenne am-
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basceria al Pontefice ed all' imperatore Sigismondo per trattare della riunione delle due Chiese '°. Venti vescovi di greco rito, a capo de' quali Gregorio Zamblak. arcivescovo di Chiovia, con seguito numeroso di alti personaggi mos- sero alla volta di Costanza. Sigismondo, i principi e il clero usciroa loro incontro, e il 19 febbraio del 1418 fecero so- lenne ingresso nella città. Accolti dal Papa e da ogni ordine di persone coi più cordiali segni di simpatia, presentarono riverentemente le loro lettere credenziali ed esposero come r imperatore Paleologo con tutti i suoi, anzi . la Grecia in- tiera, avessero preso consiglio di sottomettersi al vescovo di Roma, estinguendo ogni scisma e restituendo la pace alla Chiesa ^. I trentasei articoli nei quali si 'compen- diavano i voti e i voleri del Paleologo e del venerabile Patriarca furono giudicati onestissimi, e il Pontefice stabilì legato in Grecia il fiorentino Giovanni Dominici cardinale di San Sisto dell' Ordine dei predicatori, personaggio celebre per santità e per dottrina, a fine di stringere la tanto so- spirata unione. Era però destinato che questa grande opera di riconciliazione fosse frutto di ben più laboriosi trattati. La morte dèi cardinale legato interruppe sul loro principio negoziazioni così bene avviate '^. Nonpertanto a (^istanza fu- ron g'ettati semi preziosi che poi produssero i loro frutti. Si strinsero rapporti fra greci e latini ; il Papa consentì di buon grado alla domanda del -Paleologo d' imparentare i suoi figli con famiglie principesche cattoliche, ed è degna di memoria la lettera che lo zelante Pontefice ad essi in- dirizza nella dolce speranza di facilitare anche con tal mezzo r unione delle Chiese ^. Se poi nell' aniqio del greco sire •più parlasse il pensiero politico di contrarre alleanze a danno del Turco ogni dì più minacciante il suo trono, che non il santo desiderio dell' unione religiosa, non e' im- porta conoscere, paghi a notare come gì' interessi della mondana politica si trovasser d' accordo coi più alti della religione ^ E poi sempre vero Qh.Q pietas ad omnia tdilis ^^. Martino riccamente donò i greci oratori e mandò al Paleo-
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Jogo Vcirì bastimenti da guerra equipaggiati. A fine d' in- fervorare vie pili il re di Polonia Ladislao, e suo fratello Alessandro, o Vitoldo, granduca di Lituania, nella santa opera cui attendevano della propagazione del cristianesimo nei loro Stati e in quella dell' unione, gli nominò vicari della Santa Sede e della Chiesa romana, ciascuno nel re- spetti vo regno, e nominatamente negli stati russi ^\ Tutto questo prima di lasciare la città di Costanza.
4. — I cronisti ci danno contezza di una seconda amba- sciata dei greci a papa Martino durante la sua dimora in Firenze. E noto come il Pontefice, partitosi da Costanza il 16 maggio 1418 dopo avere intimato il 19 aprile dello stesso anno un nuovo Concilio a Pavia '' da celebrarsi dopo cinque anni conforme il celebre decreto Freguens della ses- sione XXXIX di Costanza (9 ottobre 1417) ^^, ed aver posto un limitato suggello ai decreti di quell' assemblea, ratificando tutte le cose dal Concilio conciliarmente determinate e de- cretate in materia di fede e non altrimenti '^^^ passasse a Ginevra, e poi, calato in Italia, pervenisse a Firenze (26 feb- braio 1419) per Torino, Milano, Mantova, Ferrara e Forlì, evitando Bologna a lui ribelle. Accolto con grandi onori dalla Signoria fiorentina ^°, che gli fé edificare dalla parte orientale del convento di Santa Maria Novella una superba abitazione, conosciuta poi sotto il nome di Stanze del pa2)a, si trattenne un anno e mezzo in questa città a lui devota, e di qui potè attendere con frutto alla pacificazione degli Stati della Chiesa, mediatori i fiorentini della pace tra lui e il celebre condottiero Braccio da Montone che gli avea tolto parecchie città e che poi gli riconquistò Bologna e altre terre ^^. .
Gli ambasciatori del patriarca di Costantinopoli e del- l' imperatore Emanuele, ricevuti a Firenze da papa Martino, furono un vescovo per nome Teodoro e Niccolò Eudemo- ne-Giovanni, uomo di grandissima abilità ed autorità presso i greci" ^^. Esposero chiaramente (aperte, districte et dare, omni semata ohscuritate) esser volontà del Patriarca e del-
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r Imperatore di procurare sine f rande et dolo la santissima unione della greca Chiesa con la latina sotto la fede e r obbedienza della Chiesa romana (sub illa Jìde quam san- da romana Ecclesia tenet, et ohedientia ad eamdem Eccle- siani roìnanam) ^^. Somma letizia provò il Pontefice a co- siffatto annunzio, e, senza por tempo in mezzo, creò suo legato a latere nelle parti della C4recia e dell' Oriente lo spagnuolo Pietro "Fonseca, cardinale di Sant'Angelo, dotto e integerrimo personaggio, nella speranza (egli scrive al- l'arcivescovo di Colonia) qtwd, sicut sub Ecclesia ipsa ro- mana christianum populum ^osl quadraginta fere annorum curricula, schismate extincto, in 'persona nostra (Dominus) reconiunxit ; ita grcecos et alios orientales ad gloriam suam orthodox(B Jìdei et aiusdem catJiolicce Eccìesim aggregahit ; ad quod, eodem auctore, dare curalimus operam, indefes- sam ^^. Il Pontefice scrisse ai vescovi delle provincie eccle- siastiche di Colonia, di Treveri, di Magonza e fors' anco di altre diocesi per manifestar loro le sue speranze e la mis- sione del cardinale di Sant'Angelo, e chiedere soccorsi di denaro per le spese occorrenti, essendo pressoché esausto, per le vicende dei tempi, il tesoro pontificio ^*^. Doveva il cardinale recarsi a Costantinopoli per assistere alla celebra- zione di un Concilio ; condizione riconosciuta indispensabile alla buona riuscita dell' importante negozio. Se non che, il tempo sfavorevole alla navigazione per la Grecia, e la man- canza di qualsivoglia preparativo a Costantinopoli, furon causa che il cardinale difi'erisse la sua partenza per l'Oriente. Frattanto ei fu spedito in Ispagna (10 aprile 1419) allo scopo di porre un termine alla ridicola ostinazione di Pietro de Luna che sognava ancora d' esser papa ^^ Infermossi gravemente il Fonseca nel luog'O di questa sua missione ; ma, liberato dal male, mosse tosto alla volta d' Oriente, allorché un altro inciampo si frappose alla sua andata. Giunsero infatti lettere di quel Teodoro nominato di sopra, e di altri molti, recate per mano di un tal Macario e di altri, nelle quali espressamente era detto non esser pos-
NARRAZIONE '.)
sibilo in quel momento radunare i prelati greci per cele- brare il Concilio attesa la guerra dei turchi e le loro no- velle irruzioni sul territorio greco: inutile quindi la venuta di un legato pontificio. Non si perde d'animo a tal no- tizia lo zelante Pontefice, ma, rimettendo ad altro tempo r invio del Legato ^'^ volle spedire sul luogo un suo nunzio ad esplorare le vere intenzioni dei greci, prometter loro soccorsi, e trattare della celebrazione del Concilio. Al nobi- lissimo incarico destinò frate Antonio, provinciale de' Mi- nori di Toscana, poi ministro generale dell' Ordine, quindi vescovo di Massa sua patria, uomo dottissimo, insigne pre- dicatore, e sommamente caro al Pontefice per la dottrina e la mitissima indole ^^.
Giunse Antonio a Costantinopoli col suo compagno mae- stro Giovanni il 10 settembre del 1422 ^*. Fissò la sua dimora in Pera nel convento dei frati Minori, di dove spedì immantinente al Paleologo frate Guglielmo, confessore del- l'imxperatrice ^^, e il socio Giovanni per annunziargli la sua venuta da parte del Sommo Pontefice. L' Imperatore fece rispondere che molto gradiva tale arrivo, e che quanto prima lo avrebbe chiamato ad esporre la volontà del Santo Padre. Il 16 infatti dello stesso mese Antonio fu condotto air imperiale palazzo, con numeroso seg'uito di nobili perso- nag'gi sì greci come latini, tra i quali troviamo 1' ambascia- tore della repubblica veneta. Presentò Antonio a Emanuele le bolle di -papa Martino, annunziando esser sua missione lo . esporre nove questioni a lui ed al Patriarca da parte del Pontefice. Rispose l'Imperatore che a tempo e luogo ver- rebbe invitato ad esporle. Ma l'infelice principe, in quella che disponevasi .a chiamare l' inviato romano alla presenza sua e del Patriarca, fu còlto da improvviso malore che gli tolse ogni uso di loquela e lo destituì affatto dei sensi. Il triste avvenimento ritardò alquanto la solenne udienza, ma il 15 d' ottobre Giovanni, figlio di Emanuele, associato al- l' impero sin dall'anno 1421 ^^, chiamò a se Antonio e volle udire in privato, alla presenza di pochi fidi, le summento-
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vate questioni o conclusioni. Dopo lungo colloquio, V Im-. paratore promise che in breve avrebbe dato risposta. Il 20 dello stesso mese, nella chiesa di Santo Stefano, il nunzio pontificio espose pubblicamente i nove punti al patriarca Giuseppe, alla presenza de' suoi metropolitani, dei Calogeri e dei papadi, e di molti personaggi greci e latini. Il Pa- triarca dichiarò pure che di lì a pochi giorni avrebbe data la sua risposta.
La legazione, divisa in piiì conclusioni secondo lo stile di que' tempi, si riduceva a questo. Dapprima esponevasi Tardentissimo desiderio del Papa e del collegio dei cardinali di concludere la santissima unione, non risparmiando verun mezzo lecito, giusto ed onesto. Intendit ^ro liactoUimEc- clesice romance licitum, iustum a^ponere atque honesticui : et fpiod felicms ìiac in vita S'ucs Sanctitati occurrat, certe ei non venit in mentem : et totimi collegium dominofum car- dinalium, omissis omnibus, quasi de re alia non pertractat, quam de ista sanctissima unione. La seconda conclusione trattava dei mali e dei pericoli, sì spirituali come tempo- rali, che dallo scisma erano derivati all' Oriente e tiittavia derivavano. La terza invitava il Patriarca e l'Imperatore a mantenere le promesse fatte per mezzo dei legati Teodoro ed Eudemone ^". La quarta parlava della creazione di un cardinale legato per la celebrazione a Costantinopoli di un Concilio. Sine enim Concilio visum fuit, (jrcecorum et la- tinortini jprefatam unionem sequi non posse. La quinta enu- merava gdi ostacoli che impedirono la venuta del Legato. "La sesta spiegava lo scopo della presente venuta del nunzio apostolico, cioè, ut prceordinarem congregationem prcelato- ruin et gr(Bcorum, quce representat totam ipsorum Ecclèsiom, ne in primum inconveniens incidamus, renando oratores im- peratoris Constantinopolls in Concilio Lugdunensi se, ro- mance Ecclesie imiverunt, et Credo in Deum prout eadem Ecclesia puhlice decantarunt : nec tamen illi reductioni, ut patet, O^r cecia stare voluit, asserens, ut fertur, sine com- m/iini Concilio id actiim esse. Perciò chiedeva 1' oratore di
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potere informare il Papa e il legato pontificio intorno al tempo, al luogo, alle persone, all' intendimento, alla forma del Concilio. La settima conclusione domandava un accordo definitivo sulla promessa già fatta a Firenze clie la unione sarebbesi concbiusa ancorcbè vi si ricusassero quei prelati greci cbe non erano sottoposti al temporale dominio dello Imperatore. L' ottava consisteva nella promessa per parte del cardinale di Sant'Angelo, legato pontifìcio, di un pronto soccorso dei principi cristiani, quando gl'impegni presi fos- sero mantenuti; sebbene, soggiunge il documento, coada Deo non placeant : hilareM enim datorem diligit Deus. Fi- nalmente concbiudevasi colla nona conclusione. Nona con- clusio terminatur in finali et sancto promisso sanctissimi domini nostri Pape : Ego mmtitcs apostolicus magister An- touins Massanus, Ordinis Minorum, palani corani oimihus prò miti 0 de mandato domini nostri Martini papce V, r/uod si jprcedicta unio per reverendissinium dominnm Patriar- cliam et Imperialem Maìestatem una cimi modls supradictìs fiat, qnod sanctissinius dominns noster Papa prcesto mittet Legatum ahsqne mora retar dationis cum prcdatis et magi- stris ad hoc specialiter ordinatis, ubi primo, sicut premisi in sexta conclusione, sciam tempus huius sacratissimi Con- cila, et locum eiusdem congregationis prelatorum grecoriuìi siijjicientem et idoneiun., et rquem Jinem inteoiditis esse no- bisciiiit in Concilio., et quomodo.
Passarono pareccbi giorni in privati colloqui, e, instando il nunzio per ottenere una risposta, l' imperatore Giovanni mandò scusarsi del ritardo, quoniam midtis et maximis nego- fiis hellicis impresentiarum esset implicitus. Finalmente il 14 di novembre fu data, di comune accordo del principe e del Patriarca, la risposta, cbe ci vien fatta conoscere da una lettera dell' Imperatore, segnata questo stesso g^iorno "^. Singolare risposta ! Falso in primo luogo che Teodoro ed Eudemone avesser missione d'annunziare cbe si voleva senza condizione alcuna, simiMciter, la unione con la Cbiesa romana. Clic anzi (scrive l' Imperatore) noìi solum illis ali-
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qidd tale non commisimus, sed neque omnino wnquam ipstcm in mente dicere ìiabuimiis. Questo solo era commesso agli ambasciatori, di esporre: die si celebrasse un Concilio se- condo l'ordine e la consuetudine dei sette universali, e quello fosse stabilito e tenuto die lo Spirito Santo avrebbe dettato. Alle domande del nunzio fu risposto non potersi scegliere altro luogo die Costantinopoli ; impotente però l' impero alle spese necessarie, cui pregavasi il Papa a vo- ler provvedere ; esser desiderabile invero die tosto si desse principio a questa divina opera, ma impedirlo le vicende tristissime della guerra, die la capitale stessa metteva in pericolo '^^ ; impossibile poi congregare i vescovi dall'Asia e dall'Europa a cagione delle guerre degli infedeli. Fatta però e assicurata la pace, se ne darebbe avviso al Pontefice e si aprirebbe un Concilio sulla forma dei sette summentovati, stando poi alla decisione inspirata dallo Spirito Santo. Se ■ poi il Papa volesse proibire, sotto pena di scomunica, ogni accordo dei cristiani cogl' infedeli, e far sì cbe quelli ve- nissero in soccorso dei greci, potrebbesi affrettare l' aper- tura del Concilio ^°.
Quest'ultima domanda ci fa supporre che non fosse ancor giunta a Costantinopoli una lettera del Pontefice a Emanuele, nella quale, dopo aver manifestato il suo acerbo dolore per la notizia testé recatagli dell'imminente pericolo in cui trovavasi Costantinopoli, stretta- d' assedio da Amurat II,' annunzia all' Imperatore i soccorsi che era riuscito a otte- nere in suo aiuto. In que.sta lettera, degna veramente di un Papa, si contiene un caldo e commovente invito a troncare ogni indugio e riunirsi alla cattolica cristianità; e di sif- fatta riunione mostransi i vantaggi cbe nel tempo e nella eternità ai greci sarebbero per derivare "''^ Altri documenti fanno fede della sollecitudine di Martino per la difesa del- l' impero greco '^^
5. — Cionondimeno la risposta dell' Imperatore toglieva ogni speranza di venire pel momento a qualche conclusione ; onde nel Concilio del 1423 (trasferito da Pavia a Siena p^r
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causa della peste) ^^, in cui fu letta la relazione dell'amba- sceria di frate Antonio, si riconobbe la necessità di rimettere ad altro tempo le trattative della bramata unione, procedendo frattanto alle interne riforme, per le quali, tra gli altri mo- tivi, erasi aperto il nuovo sinodo ^'\ È poi noto come, per la breve durata di questo, lo studio dei gravi argomenti cbe vi si doveano trattare fosse rimandato al futuro Concilio che s' intimò a Basilea per la fine del vegnente settennio, giusta le deliberazioni Costanziensi.
6. — Neppur questa volta venne meno il coraggio a Martino, il quale, riconoscendo la difficoltà di celebrare un Concilio in Oriente, fece proporre ai legati greci che ancora trovavansi alla sua corte di radunare i vescovi in Italia. A siffatta proposta quelli risposero non aver facoltà di accet- tare ; ne riferirebbero però al Patriarca ed all' Imperatore : frattanto avvertivano che ingenti spese sarebbe costato ai latini ' questo viaggio. Invitati a statuire la somma, dissero : A difesa della città occorrono trecento arcieri, con tre tri- remi bene equipaggiate ; inoltre son necessarie sei triremi, 0 almeno cinque, al nostro tragitto. Fa pur di mestieri som- ministrare al Patriarca una forte somma, affinchè, disposte le cose in patria, si accinga alla partenza insieme cogli arconti, co' suoi chierici, coi sommi sacerdoti e con tutti gli altri cui spetta intervenire al sinodo : per tutto que- sto occorreranno settantacinquemila fiorini. Nulla diciamo dell'Imperatore e de' suoi principi, che è cosa da lasciare alla munificenza del Pontefice. I Legati intendevano, esagerando il computo, spaventare i latini. Lo dice chiaramente il Siropu- lo: Ita computwiìi nostrates exMhueTimtliberalius (Equo, ut o- mnem latinis amiitionem auferrent, nos illuc jjertraheoidi, cum ab illis tantum eris in presens, et per aliquot annos f or- san, in longum haitriretur ^^. Fu risposto romanamente : V'è avviso, per avventura, che noi siamo inaurati a guisa dei delfini del mare ; non però difficoltà di danaro potrebbe trat- tenerci dall' altissima impresa, e alle vostre settantacinque migliaia, il Papa è presto opporre le cento. Presentatisi gli
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ambasciatori al Pontefice per la udienza di congedo : Se siete probi e sinceri cristiani, disse Martino, deh ! fate, per r amore di Dio, per le viscere di Cristo, di poter godere nello avvenire della benedizione di Pietro. Persuadete al serenissimo Imperatore e al degnissimo Patriarca a qui tosto recarsi per celebrare il sinodo. Io son vecchio, e da un giorno all' altro aspetto il mio fine : si faccia, me vivo, hi lodevole unione.
Sciolsero dall'Italia gli ambasciatori, accompagnati dal domenicano Andrea, legato del Papa.' Era questi oriundo di Pera. Nato da genitori scismatici, non tardò a co-noscere" la verità, ed abiurato lo scisma si ascrisse all'Ordine di san Do- menico e divenne ardente campione della pace tra le due Chiese. Piiì tardi, dopo aver sostenuto importanti uffizi, fu in- nalzato alla sede arcivescovile di Rodi ed ebbe, come vedremo, grandissima parte nelle dispute di Ferrara ^^. Piacque la proposta di Martino all' imperatore Giovanni (che di questo tempo era passato di vita il padre suo Emanuele ^^) e già si accingeva a disporre le cose per porla ad efi'etto, quando, se è vera la narrazione del Siropulo, abboccatosi col Pa- triarca, raffreddossi immantinente e si die a procrastinare, come se si trattasse di cosa inutile, tutto ciò che attenevasi al Concilio. Invano Andrea, cui stava fissa nel cuore la brama di vedere i suoi greci ritornare all'abbandonato ovile, instava perchè ì voti del Pontefice andassero esauditi : non si volle nemmeno inviar per lui la risposta, e spedironsi invece a Roma due Legati con lettere del Patriarca e del- l' Imperatore.
■Il Siropulo (da cui, come accennammo, togliamo que- ste notizie) ci dà i nomi dei due Legati, uno dei quali fu Marco Jagari, grande stratopedarca ; l'altro, Macario Longo, superiore del monastero dedicato a Dio Onnipotente ; ma non sa dirci che cosa contenessero le lettere da essi re- cate, né che cosa replicasse il Pontefice nelle risposte òhe per i medesimi inviò al Patriarca ed all' Imperatore. Quihis ca/pitihis (dice) ista constitit legatio, quid literte
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ist(e coinprehenderunf, qiuis aat iiuf^lnius ani rrcepiìmif<, nun- qnam potuinius hariolari ^^.
Il racconto del Siropulo potrebbe far sospettare die, dopo la prima impressione favorevole, il progetto di celebrare in Italia nn Concilio fosse stato respinto dai greci. Non fu così ; perocché da ciò cbe narra piiì innanzi lo stesso scrit- tore e da autorevoli documenti veniamo a sapere come la proposta fosse benissimo accolta, e come dopo vari trattati (nei quali il rammentato Andrea ebbe principal parte) nul- r altro mancasse cbe designa're una città littorale d' Italia, tra Ancona e la Calabria, per venire all' esecuzione del progetto stesso. Così discorre Andrea di questo fatto : Pon- ti/ex.... maximus Martinus felicis recordationis papa quintus sic Sila sapientia atque humanitate grmcos ' ad op%is unionis attraxit, ut de tanta opinionum ac postulationum diversiiate ad unam et solam differentiam concessit, quis scUicet loctts ille sit, qui prò convocanda synodo utriusque generis patres apte suscipere possit. Haheo huius rei testes gravissimos, qui huic vestrce expectationi adsunt et qucB dico in pre- senti audiunt : nec audita vohis, patres, pronuntio ; sed que vidi, et qu(E prmcepto eiusdem presulis ipse contractavl et publica concluseram stipulatione ^^. Inoltre abbiamo trovato nel preziosissimo codice della biblioteca Laurenziana trige- simoterzo Strozziano (scritto per ordine del cardinale Ca- pranica) la copia di alcune convenzioni tra papa. Martino e i greci per la celebrazione di un Concilio in Italia, le quali certamente si riferiscono a questo periodo di trattative *°.
7. — Il Siropulo ci parla ancora d' una nuova amba- sciata dei greci, composta dello stesso Jagari, di Macario Curuna, superiore del monastero delle Maccbine, e di Deme- trio Angelo elida, segretario particolare dell' imperatore ^'. Anche di siffatta missione egli ignora lo speciale oggetto; sa unicamente che le lettere consegnate ai Legati dal Patriarca e dall' Imperatore furono scritte dopo un consiglio da essi tenuto con alcuni vescovi e dignitari della Chiesa greca, ed afferma, per congettura, che questa volta il Patriarca
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scrisse a malincuore. Quantunque il Siropulo non_ meriti pienissima fede, possiamo ben credere (percliè cosa assai naturale) die il Patriarca in sulle prime fosse contrario alla proposta di celebrare il Concilio in Italia, somministraMo i latini il viatico. Egli temeva, al dire dello storico sunno- minato, che la libertà e il decoro dei vescovi greci pati- rebbero oflfesa, e che ciò fosse come un darsi alla mercè dei latini. Quanto ai danari, avrebbe detto il Patriarca^ non può forse r Imperatore (quando il sinodo si tenga in Oriente) raccoglierli dagli stessi vescovi orientali, imponendo tasse proporzionate alle ricchezze di ciascuno ''^^ ? In generale, se- condo il Siropulo, la spedizione era mal vista dai greci.
Alla mancanza di notizie dello storico greco intorno a questa ambasceria possiamo supplire colle notizie date di sopra, e cong'etturare ragionevolmente ch'essa mirasse a stabilire con precisione la sede del futuro Concilio, a fine di procedere senza ritardo all'esecuzione del trattato. Se non che, un inopinato e doloroso evento ritardò un'altra volta il desideratissimo fatto. Non erano ancor giunti a Roma i greci ambasciatori, allorché Martino V, colto improvvisa- mente da apoplessia, lasciava il campo glorioso delle sue apostoliche gesta. I Legati, stimando che la lor missione fosse per tale avvenimento venuta a mancare, tornarono in patria. Di che l'Imperatore fece loro aspri rimprocci. Il Papa, disse, non muore mai ; venendo uno a mancare, sorge tosto un altro in suo luogo, e le cose avviate dal primo son prose- guite dall' altro : tornate dunque indietro e adempite il vo- stro mandato.' Uno degli ambasciatori, Macario Curuna, ot- tenne, sebben con fatica, di esser surrogato da un altro, e questi fu Giosafat, gran protosincello, stato altra volta legato appo il papa Martino '*^.
8. — ' Non fu dunque concesso a questo Pontefice veder compiuto il più caro voto del suo cuore. Egli scese nella tomba senza vedere atterrato il fatai muro che tenea diviso r Oriente dall' Occidente. Il suo zelo operoso avea però con-- dotto sì innanzi le cose, che nuli' altro sembrava restare al ;
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successore di lui che raccogliere una facile messe. Vedremo come e per cui colpa quella non maturasse sì. presto e ve- nisse su colla zizzania dell'uomo inimico. Ma ciò rende tanto pili necessario, a dovuta lode di Martino V, consegnare alla storia come il giorno stesso in cui salì sulla cattedra pon- tificale Gabriele Condolmero, dovesse per ordine del suo an- tecessore aprirsi un Concilio clie tra i capi precipui del suo programma contava la riduzione della Chiesa orien- tale '^^, e si avanzasse dall', Oriente alla volta di Roma una solenne ambasciata a fine di dar 1' ultima mano a lunghi e laboriosi trattati per la celebrazione di un Concilio.
NOTE
' ) AuDisio, Storia religiosa e civile dei Pa])i. Roma, 1865-68, voi. IV, pag. 191-93.
^) Ivi, pag. 196-97.
^) Sui tentativi fatti dai Romani Pontefici per ristabilire l'unione della Chiesa greca con la latina troviamo citati alcuni articoli del sig. Douhaire , Les Papes et les Czars , inseriti nel Correspondant del 1853, tom. xxxii, ed uno più recente nella Revìie du monde ca- tholique (gennaio, 1869) del P. Montrouzier d. C. d. G.
* ) Ad liane (romanara) Ecclesiam (scrive Ireneo, Contra licsreses, lib. Ili, cap. Ili, n. 2) propter potiorem (al. potentiorem) principali- tatem necesse est onmem. convenire Ecclesiam, hoc est, eos qid sunt undiciue fideles, in qua semper ai Jùs, qui s%mt i(,ndique, con- servata est ea quce est al Apostolis traditio.
.^) Era noto in Occidente che i greci meditavano riunirsi alla Chiesa latina tosto che un Pontefice certo, e da tutti gli occidentali riconosciuto, sedesse sulla cattedra di san Pietro. Infatti, sino dal 6 VCL. I. 2
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g-ennaio del 1416, Ferdinando re d'Aragona, sottraendosi all'obbe- dienza dell'antipapa Pietro de Luna, accedeva al Concilio di Costanza, e fra i motivi della sua decisione adduceva, nell'editto, il seguente : Non ;parum adducit ad eam unionem nos illied noimm domtm ab Oriente fldis apicibus et relatione perducttim, quod grceci suam in act% latinorum dejlentes scissuram^ ardore Cìiristi ^erjusi^ domi- nico gregi, si eidem unum et induMtatum caput pr(jeesset, aggre- gari proponunt. (Ratnald. , Annal. eccl., an. 1416, n. 3).
Lo stesso rilevasi da ciò che narra Andrea ambasciatore pontifìcio nella sua orazione in difesa d' Eugenio IV (proferita in congrega- zione generale nell' adunanza Basileese il 22 agosto 1432), della quale riportiamo un brano tra i documenti (Doo. si). Cum superiori tempore (egli dice) nullus induUtatus Pontifex haberetur^ neminem gmcorum aliquis audivit qui de unione Ecclesia contracùiret ; at ubi omnium dissidentium vota ad unum pastorev,i convenerant^ mox le- gati gracorum Pontificem adierunt, et coram gloriosissimo ac in- victissimo Romanoriim rege domino Sigismundo semper Augusto^ prò unionis negotio, imperatoris ac patriarchi Constantinopolitani m- luntàtem et vota Iriginta et sex articulis patefecerant. Scio quod verum loquor^ et quod ìim manus Utteras illas obsignatas expUcuerunt : et qu(B illiG continebantur, ex grmcis latina, feceram.
® ) Di questa legazione, pochissimo conosciuta nei suoi particolari, troviamo memoria nella storia del Concilio di Costanza scritta da Teo- dorico Vrie monaco agostiniano e testimonio oculare, la quale storia è inserita nell' Opera intitolata : Magnum cecumenicum Constaniiense Concilium di Ermanno von der Hardt.
Teodorico scrive :.... Cuius rei veritatem apertissime monstrarunt ambasiatores imperatoris Constantinopolitani^ coram, prcesidentibus et deputatis nationum sacrosancti Concila, in loco nationis Germa- nica. Qui, literis credenti^ reverenter exhibitis, retulerunt, tan- quam fldelissimi legati, imperatorem prmfatum, cum omnibus suis, imo tota Grada, subiiciendum Romano Pontifici, scJiismate e medio reiecto et pace sancta Ecclesia indubie radicata. Insuper et se ad imperatorem Constantinopolitanum dixerunt reversuros , et suis nunoiis expeditis ad sacrum Concilium redìturos, neque, donec eius- dem Concila finis adesset, recessuros. (Op. cit., Helmestadi, 1696, tom. 1, part. l, col. 161).
In altro luogo della sua raccolta Ermanno von der Hardt narra : Gregorius arcJii-episcopus Kinionensis religionis graca, magno xo- mitatu stipatus, Constantiam venit, admodum lionorifice exceptus (die sabb,, l'è feb. 1418). Cum Jioc archi-episcopo, ex Alba Rtissia, advenisse
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ait DacUeriìis ' onultos principes tartaros et iurcos, necnon xix epi- scopos grwc(B fldei. Capillitium niffrum horum omnium projluxisse ait in humeros, %igrisqne promissis barbis ornatos an oneratos insita eosque tonsos in vertice, more sacerdotali romance. Ecclesia. Et hos quidem Legatos remotissimarum fuisse ditionum, piena instructos potestate. Persuasosqice in Concilio universos fuisse, si reformatio siiccessisset, omnes illos pojmlos ckristianis f'uisse prorsus admii- tos.... Obvlam illis processere Ccesar Sigism^midus cum aliis princi- pibus et magnatibus ipsoque clero. Qrmcorum ìiorum cwltum sa- crum, quem Constantia} libere exerctterunt, curate delineavit Illi- ricus- Reiclienthal ^,' qui se omnia spectasse testatnr. (Op. cit., 1699, tom. IV, pars, xii, col. 1511).
Questo Gregorio arcivescovo di Kiovia, uomo di molta dottrina
e di santa vita, si vuole a torto da alcuni scrittori russi far passare
come attaccato allo scisma, perocché egli fu ardentissimo per la
unione, come si ricava da varie testimonianze, tra cui ci piace ad-
, durre le seguenti :
Q^regorius I (scrive Ignazio Kulczynski) cognomento Cemivlacus, natione biolgarus, in prcefata stjnodo Novogrodecensi in locum Pliotii suffectus, compensavit davina ab iniquo pradecessore sedi Kioviensi illata; nam, cum esset vir doctus, prudens .ac pius^ promovit omni conatu unioneìn sanctam cum romana Ecclesia. Extat eius epistola ad Concilium Constantiense, in qua petit patres congregatosi ut grcBcos unire laiinis studeant. Addunt Moscorum Annales Cernirla- cum Mine a Vitoldo magno Lituania duce missum fuisse Romam ad Summum Pontificem, partim ut curaret prcetactam unionem, partim ut impetraret quasdam gratias a sede apostolica. Ita Cicliovius in Tribun. Patr., et -Eoialoìvicz in Misceli. Scripsit liic noster Grego- rius vitam s. Praxedis Terjioviensis, cultumque eius in Russiam iniroduxit. (Vedi l'Opera intitolata : Specimen Ecclesia rutU'enicce ab origine susceptce fidei ad nostra usque tempora in suis capitibus seu Primatibus Russia cum s. sede apostolica romana semper unita, per
' Non bisogna confondere Guebardo Dacber di Costanza, che è certamente quello qui rainmeutato, autore di un diario che in italiano suona: Ordinata descrizione delle grandi pompe del Concilio di Costanza, con Luca d' Achery, autore del noto Spicilegium. Il Co- stanziese era addetto alla corte di Rodolfo, Elettore di Sassonia, dal quale ebbe ordine di tener registro di tutte le persone accorse al Concilio. Questo diario, che si trova in un codice Guelferbitano (Bibl. di Wolfeubuttel), non è stato mai pubblicato, ma le cose prin- cipali che vi son contenute si possono vedere nei tomi iv e v della raccolta di Ermanno von der Hardt.
' Ulrico Richentalj ragguardevole e ricco personaggio, conosciuto e trattato dall' im- peratore Sigismondo, fu nativo di Costanza e trovasi spesso rammentato in diplomi degli anni 1411-34. Scrisse in tedesco una cronaca subito dopo il Concilio, che fu stampata in Augusta nel 1483, e poi due volte ristampata.
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IGNATIUM KuLGZYNSKi.,.. exMHtum. RomsB, typis Hieronymi Mai- nardi, 1733, p. 119).
E Alberto Koialowicz : Suffectus est illi Gregorius Cimoulacus àulgarus, singularis sacrtd erudiiionis commendatione percelebris. Eie deinde a concilio sìimgentis, et Vitoldo principe legatus, twm RomcB, tum in generali synodo negotium orientalis ecclesia ad con- cordiam cum occidentali reducendm^ impense promovìt. (Vedi Eistoria Lituana a coniunctione magni ducatus cum regno Polonica ad unio- %em eorum dominiorum libri octo^ ai(,Gtore Alberto Wiivk Koialo- wicz Soc. les., S. Theol. doct:, Antuerpise, ap. lacobum Meur- sium, 1669, p. 101).
Intorno alla missione di Gregorio Zamblak, della quale abbiamo soltanto sommarie notizie, scrive l'eruditissimo Theiner : « L'im-- peratore Emanuele II Paleologo (1391-1425) e il non men pio che dotto patriarca Giuseppe di Costantinopoli mostraronsi assai propensi sotto a questo tempo ad accostarsi all'unione. Perciò Gregorio Zam- blak viaggiò alla loro volta l' anno 1416 per commissione del re di Polonia e del granduca di Lituania, e adoperò caldamente per indurli a mettere in fatti il generoso disegno. L' unione fu solenne- mente conchiusa, e l'Imperatore mandò lo stesso Gregorio alla testa di venti vescovi greci con imo splendido seguito di principi e ma- gnati al Concilio di Costanza, ove fecero il loro solenne ingresso nel febbraio del 1418. Dopo poche sessioni fu celebrata l'unione di am- bedue le Chiese, e li 28 aprile dello stesso anno ì vescovi greci po^ terono già ritornare a Costantinopoli per presentarne alla sottoscri- zione dell'Imperatore e del Patriarca il decreto.... Per mala ven- tura, appena risalutato il suo paese, (Gregorio) veniva rapito dalla morte l' anno 1419. » (Theiner, Vicende della Chiesa cattolica di ambedue i riti nella Polonia e nella Russia da Caterina II sino a'nó-, stri dì. Versione italiana. Firenze, Mannelli, 1863, voi. i, p. 66-7).
Avvertiamo in ultimo che nei fasti del Concilio di Costanza di Ermanno von der Hardt ^ si trova annunziato, sotto la data 12 gen- naio 1415, un primo arrivo a Costanza dell' arcivescovo di Chiovia proveniente dalla Russia ; il che potrebbe indicare che sin da quel tempo si aprissero trattative coU'Oriente e che la solenne ambasciata del febbraio 1418 fosse come un ultimo oflSciale suggello di negoziati giunti ormai al loro termine.
^) Il mentovato oratore pontificio contìnua: linde cum honesth-
' Magni et memorabilis Costantinensis Concila fasti in compendiìom contracti ac con- cise delineati, loco indicis in tomum quàrtum. (Op. cit., 1699, tom. IV, p. 17). Il Tosti ne dà la traduzione in fine alla sua storia del Concilio di Costanza.
NARRAZIONE 21
sima gracorum petiéiones principiius nostrm religionis vism fue- rant, mox domimis Johannes episcopics cardinalis tiùtdi Sancii Si- xti, vir omnium sua atatis religione et sapieniia spectatissimus, legatus in- Graciam declaratus est : quem illuc properantem^ si mors e medio non sustulisset^ plurimi mene popicli, ac nationes ritu et re- ligione essent voMs simulimi^ quorum nnllum imprmsentiarum ìia- hetis. Di questa legazione del Beato Dominici troviamo fatta men- zione solamente nel discorso pronunziato a Basilea dall' arcivescovo dì Rodi. Gli storici parlano della sua legazione contro gli ussiti, e, subito appresso, della morte di lui avvenuta a Buda il 10 giugno dell'anno 1419. Vedi, ex. gr., i bollandisti nel tomo secondo del mese di giugno. Siccome d' altra parte non è da dubitare dell'esat- tezza del' suddetto arcivescovo che di queste trattative fu magna pars, è da dire .piuttosto che oltre la missione risguardante gli ere- tici summentovati, a tutti nota^ egli avesse ricevuta l'altra relativa ai greci, caduta in dimenticanza perchè non messa in esecuzione, alla quale forse disponevasi quando a Buda lo sorprese la morte.
*) Si' veda il Documento i. — E notisi come i Pontefici profittas- sero di. ogni occasione e specialmente delle richieste d' aiuto degli imperatori d'Oriente contro le armi turchesche, per ricohdurre i greci al seno della Chiesa madre. Esplicitamente a questo propo- sito Bonifacio IX : Nam licei Imperator ipse, vetustorum er-
rorum anfractiius circumactus, in piena vbedientia nostra et sedis apostolica non consistati tamen, quia per eum et populos siM sudie- ctos invocatur salutiferum nomen divisti, et speramus quod super- na GSATI.^ RADIO ILLUSTRATUS IN PROCESSU TEMPORIS AD ECCLESI-E
CATHOLiciE REDEAT uNiTATEM, attente pcnsantes pulliGum malum atque periciùli^m cJiristianitatis, matura deliieratione, quam super Ms cum fratridus nostris ìiaiicimus diligentem, mentes Jidelium in suisiditim dicti Imperatoris, et per consequens Christiana religio- nis, salutarilus et paternis persuasionilus decrevimus excitare
(Raynald., Annal. eccl., an. 1399, n. 4).
") Stando alla relazione di Giorgio Pranza, il quale per il suo ufficio e per 1' amicizia particolare che lo legava al greco impera- tore, conosceva certamente le più segrete intenzioni di lui, sembre- rebbe che Emanuele non credesse punto alla possibilità del ristabi- limento dell' unione colla Chiesa latina. Di questa opinione non era il figlio Giovanni,' associato all'impero fino dal 1421, e il pio pa- triarca Giuseppe. Su tal proposito il Franza riporta nella sua cro- naca un curioso discorso tenuto da Emanuele al figliuolo Giovacni.
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Venerandus imperat((r Mamiel (egli scrive) aliquando Ioamiem fllium suum imperatorem solus solum, me unico astante, ciom forte de synodo mentio incidisset, sic est affàtiis : « Fili mi, vere » ac certo scimus sceleratus (fcurcas) intimis sensibus vehementer » aDgi, àc formidare, ne aliquando cum cliristianis occidentalibus » coniungamur, et ad idem sentiendum. couspiremus. Hoc enim si » fiat, ab iis quos dìxi occidentalibus magno sese. damno et malo » propter nos mactatum iri piitaut. De csetero cogita de synodo, » et modum qusere, maxime, cum tibi impios illos timere neeesse » sit. Cogere autem illam ne aggrediare. Nam, ut apparet, nostri » ad excogitandam rationem modumque .coniunctionis, consensus, » pacis, charitatis, concordise non yalent : nec solliciti sunt, ut eos » retrogredi faciant, occidentales, ìnquam, et .simus, quemadmodum » una fuimus antiquitus. Quod profecto (ut regredia'ntur nimirum) ne- » quit fieri. Ac timeo magnopere, ne deterius schisma contingat. » Et ecce interim impiorum tyrannidi sumus expositi. » Cum Im~ ferator sili patreni audiendum non p2itaret, tacitiis surrexit, ac di- ù'cessit. Tiùm pauhm secum repiUans heatm memofim et venerabilis pater eius, meque intibens, ait : « Videtur sibi fllius meus prseclarus » imperator : at non hac setate priBclaro imperatori locus est. Spectat » ille, et sapit magna, et qualia foelicia tempora maiorum ipsius » postulabant. Nam, ut hodie res sunt, non imperatorem principatus » noster, sed oeconomum, sive administratorem quserit. Et metuo, ne » quando facinora eius auausque temerarii domumbanc evertaut. Vidi » enim etc. etc. » (Georgii Phranz.^ protovestiarii chro7iicon de ul- timis orientalis Impera temporibus — traduz. latin, di Giacomo Fon- tano. — Ingolstadii, ex typ. Adami Sartorii, 1604, lib. ir, cap. 13).
'') I Tim. IV, 8.
") Vedi Eaynald., Annal- eccles.^ an. 1418, n. 18-20. — Sem*bra che Gregorio Zamblak (scrive il Theiner, 1. e.) implorasse dal Papa nel Concilio di Costanza in nome dei due regnanti questo onorevo- lissimo titolo, per potere, di ritorno in patria, promuovere con più fe- lice riuscimento e più autorevolmente 1' unione nelle Provincie set- tentrionali della Russia.
'^) Il decreto di convocazione fu letto nella sessione Xliv del Concilio di Costanza.
'^) Il decreto Frequens stabiliva in questo modo la frequente ce- lebrazione dei Concili : « hoc edicto perpetuo sancimus, de-
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» cernimus et ordinamus, ut amodo Concilia geueralia celebrentur » ita, quod primum a fine huius'Concilii in quìnquenuium immediate » sequens, secuudum vero a fine illius immediate sequentis Con- ^> cilii in septeunium, et deinceps de decennio in decennium perpe- V tuo celebrentur in locis quse Summus Pontifex per mensem ante » finem cuiuslibet Concilii , approbante et consentiente Concilio , '» vel, in eius defectum, ipsum Concilium deputare et assignare te- ». neatur ; ut sic per quamdam continuationem semper aut Concilium » vigeat, aut per termini pendentiam expectetur ....»« Ma guai (esclama saviamente il eh. Tosti nella sua bella storia del Concilio di Costanza, Napoli 1853, voi. ii, lib. vi, pag. 144), se il divin Fon- datore avesse aflB.dato solo a questi difficili e molte volte impossibili assembramenti universali il deposito della fede e dei costumi ! » Il Concilio di Basilea infatti non tardò a dimostrare col fatto la fallacia e l' indole scismatica delle teorie Constanziesi, alle quali ebbero sempre ricorso tutti gì' inobbedienti alla romana sede.
'^) Le clausole dell'approvazione del Concilio di Costanza, sulle quali tanto si è disputato, son degne d' esser conosciute. Quiiws sic prO"- fositis^ protestatisi requisitis et ohlatis^ prmjatus sanctissìmus do- niinus noster Papa, cum nonnulli alii multwm dicerent et tumul- tum facerent, imposito omnibus silentio, diccit, respotidendo ad pra- dicta : « Quod omnia et singula determinata, conclusa et decreta in » materia fldei per prsesens sacrum Concilium generale Constantiense » conciliariter, tenere et inviolabiliter observare volebat, et numquam » contravenire quoquo modo ; ipsaque sic conciliariter facta appro- » bat et ratiflcat, et non aliter nec alio modo. » Bt illud idem ite- rato fecit dici per orgamcm venerabilis et circtcmspecti viri domini Augustini de Pisis fiscalis, et sacri consistorii advocati prcRdicti : .qui de hoc a dominis apostolica sedis protonotariis et notariis ad conscribendum acta Concilii ordinatis et deputatis, ac aliis prce- sentibus, et eorum quolibet, petiit nòmine dicti domini Papm publi- cum seu public a instrumenta, per eos et eorum quemlibet conflcienda ad ficturam rei memoriam .... (Vedi nella Collezione dei Concili gli Atti del Concilio di Costanza, e precisamente il capo che ha per titolo : Sessio de dissolutione Concilii. Questa sessione fu l' ultima (xLv) e fu tenuta il 22 aprile del 1418). « Si levarono molte contro- versie (scrive Rohrbacher) intorno al senso che racchiude quest' ap- provazione. Noi crediamo col padre Berthier che Martino V pretenda semplicemente approvare ciò ch'era stato deciso in materia di fede nelle sessioni del Concilio, ed escluda da quest' approvazione tutto ciò che non riguarda la fede e ch'era stato trattato od anche con-
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chiuso nelle congregazioni particolari. Secondo questa spiegazione, il termine conciliarmente o éinodalmente sarebbe detto per opposi- zione alle assemblee delle nazioni, sia fra loro, sia in congregazione ; e innesti termini in materia di fede sarebber detti per opposizione ai decreti di pura disciplina, » (Storia universale- della Chiesa catto- lica, Torino, G. Marietti, 1861, lib. lsxxi, voi. xi, pag. 331). Vedi su questo argomento l' opera di Emanuele Schelstrate, che ha per tì- tolo : Tractatiis de sensu et auctoritate decretortom Constantiensis Concila sessione quarta et qtUnta circa potestatem ecclesiasticam editorum etc, Romse, 1686.
'^ ) Sull' ingresso solenne di Martino V a Firenze e sulla sua di- mora in questa città, vedi 1' Ammirato Istorie fiorentine, lib. xviii, an. 1419-20 ; le Istorie di Firenze dall' anno 1406 ^no al 1438 nel Muratori, Rerum italicarum scriptores, tom. xix, p, 956 ; il Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine^ Firenze, 1755 , tom. iii, p. 34 j ec. ec.
'® ) Dei vantaggi che trasse Martino dalla sua dimora in Firenze vogliamo riferire (perchè torna ad onore della nostra città) 1' epilogo fattone da Leonardo d'Arezzo in una sua allocuzione al Papa, allorché questi era giustamente sdegnato per certa canzone che i ragazzi di Firenze andavano cantando per le vie a scherno di lui e in esaltazione di Braccio, suo potente avversario \ Così dunque discorre l' Aretino ne' due libri De temporilus suis (che vanno dal 1378 fino al 1440) se- condo una traduzione inedita che abbiamo sott' occhio in un codice car- taceo in 4.° de' primi del 1500, la quale potrebbe utilmente pubblicarsi come continuazione delle Istorie fiorentine di Leonardo in una nuova edizione delle medesime, riprodotte già due volte in questi ultimi anni nella traduzione di Donato Acciainoli coi tipi di Le Mounier (an. 1855 e 1861) :«.... Et Martino, facta la pace con Braccio, et » recuperate le terre, et parendo ogni cosa pacificata, deliberò an- » dare ad Roma, credendosi partissi con animo non molto benivolo » verso fiorentini, sdegnato per certe canzone che di lui nel volgo
' Lorenzo Bonincontri racconta così il fatto: A/nno salutis U20. Martinus V pontifex Sforliam ad se venire Florentiam iubet; is cum paiicis eqirìtibus ianuario mense ad Pon- tificem venilj et benigne ab eo susceptus est, , Quo tempore fiorentini quum vidissent Sfor- tiam magis quam Braocimn a Pontiflce benigne traclari^ vulgarunt illud verbum a pueris deoantatum: « Pontifìcem Populonii Dominum, et Sfortiam uihil valere, Braocium vero plu- rimum posse. » Quod verbum altius quam crediderint, in ptectus Pontificis penetravit. (An- nales ab anno 1360 usq:ue ad 145S, presso il Muratori, Rerum italicarum scriptores^ tom. xxi, col. 121). Altrove la canzone è cori riportata: Papa Martino - ìwn vale lon qioattrino ; - Braccio valente - che vince ogni gente.
NARRAZIONE 25
si cantavano. Ricordomi che non molti di inanzi partisse Martino, essendo io in camera sua, dove erano un altro o due et non più cubicularii, lui passeg-iava dalla libraria alla finestra che guarda ne l'jorto, et havendo alquante volte facto così tacitamente, volto el passo verso me et appressatomisi et voltata ad me la faccia, alzando el braccio piacevolmente, dixe : pa2Hi Martino non vale un quattrino : et alhora subitamente intese le parole sue, però eh' era la canzona che si diceva di lui, dixi : sono pervenute anóora alle orecchie tue queste ciance de putti? Et lui niente rispose a questo; ma, stando in su le medesime pedate, un' altra volta subiunxe : ;g(]b'pa Martino non vale un quattrino. Alhora io qui manifesta- mente inteso la offensione de 1' animo suo, però che repeteva le parole cantate nel vulgo, deliberai per onore della città se per via alcuna potessi medicare la ferita sua. Però dixi queste cose : Non ti havendo. Padre Sancto, alcuna altra città conferito tante co- modità et utilità quanto mentre che facesti residentia in quella, ti ^ha conferito Firenze : tu venisti a Firenze non possedendo tu cosa alcuna del dominio temporale, occupate in ogni luogo per li adver- sarii tui le terre ; recusando ancora Bologna obedirti, in modo ti fu necessario volendo venire da Ferrara ad Firenze, torcere el camino con lungo circuito per el contado di Ravenna et Furlì : stando tu in Firenze, et tucte le altre terre ritornorouo in tua po- testà, et epsa Bologna ti sottimisse el collo, quale prima lo haveva inalzato. Giovò assai a queste cose la oportunità di questa città, pero che Braccio, seguitando la amicitia et fede del populo fioren- tino, non dubitò venire ad te et per intercessione di tutta la città comporre ogni discordia, et rendere le terre. Dipoi, fidatoti de l'opera sua, constringesti Bologna per forza ad obedirti, in modo che la potentia tua grandissimamente signoregia. Te ancora es- sendo in Firenze, predicandosi in ogni luogo cose prospere di te et del luogo della tua residentia, li cardinali, lasciato Benedecto, venendo di Spagna in questo medesimo luogo, ti ricognobbono come vero et unico Pontefice j per la quale venuta et recognitio- ne, tre obedieutie separate si transferirono in te solo. A questi due tui accrescimenti ricevuti in questo luogo, quello terzo pre- stantissimo et excellentissimo di tucti con felicità mirabile si agiugne : che Giovanni el quale inanzi era stato Pontefice, della depositione del quale per essere stata violenta molti dubitavano et certo scrupolo restava nelle mente delli homini. per la sicurtà et fidùcia di questo luogo venne ad Firenze, et spontiineamente si sottopose ad te, et ti ricognobbe signore et verissimo Ponte- fice ; per el quale facto al tucto ogni dubitatione fu levata, però
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» che niuno può liavere più timore di quella forza factagli, essen- » dosi veduto in questo luogo a lui sicurissimo la sua spontanea su- » biectione, et agiunsesi che poco dipoi morì : intanto che et l'admi- » ratione et le querele et, per modo di dire, el giuoco della fortuna » si levò via; quello certamente è manifesto, lui in alcuno altro » luogo non .saria venuto ad te se non in questa cita, nella quale » sapeva havere grande amicitie private et publiche. Queste sono » le cose, per le quale questa cittk merita la gratia tua, o, per la » oportunità della quale, o per lo obsequio, o per lo augurio, ti sono » sopravenuti tanti accrescimenti ; però el porgere le orecchie tue a » frasche di fanciulli, non pare si convenga alla gravità tua. Udendo ' » queste cose Martino, parse che molto si rallegrasse, et publica- » mente con molte parole mi lodò, et consentì che io havevo detto » el vero. Quanto lui stimassi, le parole mie, poco dipoi lo dimo- » strò : però che deliberando lui partirsi, chiamata ad se la Signo- » ria, dixe: molto sono obbligato a questa città, però che io cognosco » molte cose prospere in quella et per quella essermi intervenute. » Dipoi, numerando col medesimo ordine col quale s'erano decte da » me, raccontò ogni cosa .... » Papa Martino donò la Rosa d' oro alla Repubblica per la pasqua del 1419 (2 aprile); elevò la sede epi- scopale di Firenze a metropolitana, dandole a suffraganee le Chiese di Fiesole e di Pistoia (2 maggio 1419) ; consacrò la chiesa di S. Ma- ria Novella (7 settembre 1420), e partì da Firenze il 9 settembre alla volta di Roma, ove giunse il 28 dello stesso mese. Una iscri- zione, in marmo fu collocata nelle Stanze del Papa per rammentare il soggiorno di Martino nella nostra città. Essa è del seguente tenore:
Pontifici Summo Martino nomine quinto Constantiensi sinodo sacra venienti Hic populus joToprias lias gratis condidit edes Ac siii magnificos multos impendit honores Dum venit primo dum mansit dumque recessit Mansit sex menses feliciter atqiie per annum Postea sacrato tempio feliciter isto Accessit Romam sedem patriamque vetnstam
Venit die XXVI fefi. MCCCOXVIII. (Stlle fiorentino).
" ) Di questa ambasceria così parla il Siropulo (sect. ii, cap. 5-6) : Ille vero de quo prmfati sumus Eicdamon-Ioannes, Romam profici- scens, de unione ac concordia cum occidentali Ecclesia et de suòie- ctione universcB gentis latina sub %nius Papce dooninatii fideliter tra- ctavit^ negotmmque magna alacritate et animi contentione promovit.
NARRAZIONE 27
ipse a suo genio in id propensus, uè ccquiim est conìicere^ et occa- sionem nactus legatio7ii suce pero2)portunam, novi Papcc enasnia, c%vn Martinus a Concilio electus renuntiaretur. Unde a Papa, in ipso nascentis dominii flore perhenigne et splendide receptus, qiicB ad pacem concoì'diamque occidentalis Ecclesia) conciliandam cum nostra orientali viderentur commoda, Uberrime expliciiit, et Tmpe- ratoris studium omne et propensitatem verèis quamplurimis fitsis- sime promisit. Quin et collegam sihi ac socium ascivit ad res fa- cilitandas, ex latinorum nunc numero episcopum JRJiodi, Andream quem illic compererat ; nam et is etiam forte fortuna solemni Papm inaiigtirationi interfuit. Andreas confestim luculenta et prolixa ora- tione Papam ad unionem hanc inter Ecclesias procudendam anima- mt : qzn, ciim noster esset origine nostraque eribditione ac litera- tura imMtus, nescio quo fatali o&stro zeli ac animositatis percitns a noMs ad latinos transfuga, eorumque relligionem ac mores am- plexus et ad episcopale pedum infulasque ah illis provectiis, omnem in posteri^m operam ac ioidustriam confereiat, ut alias posset ad eamdem opinionem pertraliere quam ipse in intimis hauserat. Immo et liane siii solum fcelicitatem reputalat fore, si omnes mortales sui sequaces aut deprelienderet aut faceret. Quare pernmUis sape se- cretis admissionilus ad Papam, et sermonilus uiique de liac re in vtUgwm. iactatis plurimum adiuvit Eudcsmonem Andreas. Sed et ipse oh li(EG Papa Eudcamonem hlando semper vultu aspexit, et quicquid de unione promeret vacivis aurihus imhibit prastititque, et sin- giila eiìis postulata totamque legationem perlihenter audiit et adim- plevit.
Più innanzi (cap. 1) lo stesso storico riferisce 1' esito di questa mis- sione: T'iuic vero primum literas ad nos misit Papa, duas ad utrurn- qiie regem, tertiam ad Patriarcham, ac variis blandimenti s eoruìii animos ad gloriam unionis erexit : quas dum tradidit Eiidceiuon- loannes, et legationis ohitce successiim omnem regihus aperuit, multa etiam de unione explicuit quasi Papm verhis et nomine; quem suh- inde aiebat ingenti desiderio huius negotii inflammari, et qui ah eius nutu pendehant singulos. Eadem et Patriarchi insinuavit, ac omnes ferme liomines, quotquot eius alloquium aut contuhernium ex- petehant, nunquam destitit monere, ut quihus valeànt viribus ac so- lertia, id unum perflcere ac promovere contendant.
^^) Vedi negli A.tti del Concilio di Siena il rapporto di frate An- tonio di Massa, risguardante la sua missione in Grecia (della quale parleremo tra poco), letto nella sessione del dì 8 novembre 1-423. È intitolato : Instrumentum, relationis de ambasiata facta ad gracos
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ex parte domini Pajìm^ et continet novem conclusione-s. L'istrumento, fatto alla presenza dell' Imperatore in Costantinopoli il 14 novembre dell' anno precedente, è autenticato con nomi che piacerà qui ritro- vare : « Scriptum et publicatum Constantinopoli, quemadmodum re- » tulerunt, et suis sic missis testationibus approbaverunt venerabi- » lis frater Gullielmus confessor supradictus, frater Petrus Capinus » custos Constantinopolitanus, frater Ludovicus de Tarasio, frater » Damianus de Venetiis, domiuus Ioaunes Arispa, et frater Lauren- » tius de Franciscis, testes ad hsec omnia et sing-ula suprascripta » vocati et rogati. Et ego Franciscus Philephus civis venetus publica » et imperiali auctoritate notarius, et nostris in venetorum curia et » Constantinopolitana cancellarius, ex relatione et attestatione prsefa- » toram testium suprascripta omnia et singula scripsi, compievi et » publicavi. »
'^) Vedi il Documento ii.
^"j Vedi come sopra.
21
Raynald., Annal. eccL, an. 1430, n. 2.
^^) Pietro Fonseca morì a Vicovaro il 20 o 21 agosto del 1422 e fu sepolto a Roma nella Basilica Vaticana nella cappella dedicata a san Tomn»aso apostolo, dove gli fu posto un elegante monumento in marmo. Era stato creato cardinale dall' antipapa Pietro de Luna, ma venne all' obbedienza di Martino, che gli confermò la porpora. È conosciuto col nome di cardinale di Sant'Angelo seniore.
) Di frate Antonio di Massa così parla il Wadding ne' suoi An- nales Minorum (ed.. 2.'S Romse 1734, an. 1424, n. 6-8): Hoc anno sub festum Pentecastes, frater Antonius de Massa, Vicarius gene- ralis auctoritate apostolica dep%tatus, indixit generalia comitia in urbe Ferraris. Gratissimum Iiabuit Ponti/ex, tum ob eius eminentem doctrinam, tum ob singularem facundiam in declamando, ut in supre- mum Ordinis prafectiim eligeretur; et ne obsisterent Ordinis staiuta, quibus cavebatur ne electionum prcesides eligi possent in superiores, infringenda curavit, lioc emisso diplomate : (Segue il diploma). Nullo negotio omnia coierunt sufragia in hominem, Pontifici carum, lit- teris insignem, et prcsfecturcB iam pene posSessorem. Sed quam di- versa sint artes e rostris declamare et ex alto regere, magno suo malo probavit Sodalitium. Etenim sub Antonii regimine valde elan- guit disciplina regularis, irrepserimt varice corruptelce, et reforma-
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Ho, ah Angelo Salvetio predecessore inchoata, penitus evanuU. Vir placidus, et ultra modum benigna natura, omnibus cònnivebat, nec Quidquam magis placebat, quam nemini displicere. Necesse proinde fwit, quod suo tempore narrabitiir, e ministerio revocare. Attamen ea fwit Pontiflcis de homine opinio, ut cum imperator Constantino- politanus legatimi misisset de unione Ecclesia grcecce cum latina a^tìiriim^ ille ad eunidem, non alium quam Antonium Imnc remise- rit, sententiam illius circa postulata exploraturum....
Di questo personaggio il Possevino cita uno scritto adversus grmcormn errores, die esisteva, egli dice, nella biblioteca del cardi- nale Sirleti, passata poi al cardinale Ascanio Colonna. Non sappiamo però se questo autore, con facile abbaglio, prenda per opera di An- tonio il libro di Emanuele Calecas contro gli errori dei greci, recato in Italia da Antonio nel suo ritorno da Costantinopoli e vólto in la- tino da Ambrogio. Traversar! per ordine di Martino V, come si rileva dalla lettera dello stesso Traversar! a quel Papa, colla quale accom- pagna la sua traduzione. Parui (egli scrive) pr&ceptis tuis, donine beatissime, opusqwe illud clari et sniditi viri Manuelis Caleca cantra grceca levitatis errores, quod insignis theologia cultor ma- gister Antonius Massanus, zelo fidei succensus, C onstantinopoli ex Urbe Regia secum advexit, commode utinam atque utiliter, prompte certe atque obtemperanter, ex graco converti etc. etc. (Ambeosii Tra- ■^-E.u^K'Rii.... latina epistol(B eie, Uh. xxiii, ep. 1^ edizione del Mehus, Firenze, 1759, tom. ii, col. 955).
Antonio era accompagnato da cinque religiosi secondo la Cro- nica di Venezia fino air anno 1446 che si conserva nella Biblioteca Angelica di Roma (Cod. T, 7, 10). « Papa Martino (V) a questo tempo » (anno 1422) mandò alla presentia della Segnoria una selene am- » baxada, e fono sti ambaxadori tuti maestri in teologia : i quali fo » maestro Antonio dalla Massa con cinque altri valentissimi frati, » i quali da pò andono con le galee de Romania alla parte de Co- » stantinopoli per reprovare la erexia de greci e quali poder redure » alla san età fede catolica romana. »
^^•) Dalla narrazione del Siropulo (sect, ii, cap. 8-9) sembra che fra il ritorno di Eudemone e la venuta di Antonio avesse luogo uno scambio di lettere tra Roma e Costantinopoli, e che una volta ve- nisse come latore a Roma un tal Bladintero (che poi si fé monaco assumendo il nome di Giuseppe) stato già socio di Eudemone nella prima missione, e assai perito dell'idioma latino. Piacque molto ai greci, secondo che narra il Siropulo, che il Papà scrivendo al Patriarca lo appellasse fratello e arcivescovo della nuova Roma. Il Siropulo però
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ha da ridire che il Patriarca non era chiamato Costantinopolitano, ma dei Costantinopolitani. È una sofisticheria, perchè troviamo pas- sim nei Documenti che il Papa chiama Patriarca Costantinopolitano il Patriarca di Costantinopoli. Vedi, es. g-r., i Documenti ii, yiii, ecc.
^^) L'imperatrice Sofia, figlia del duca di Monferrato, . fu data in isposa al primogenito dell' imperatore Emanuele da papa Martino. Narra Laonico Càlcondila nella sua storia turca, riprodotta recente- mente dal Migne (Patrologia greca, tom. CLix), che questa principessa, quantunque fornita di ottimi costumi, pure, perchè non piacevole al- l' aspetto, venne in uggia al maj^ito che la teneva lontana da sé ; onde essa, ascesa una nave, se ne tornò fra i suoi. Giovanni avrebbe quindi, secondo lo stesso storico, sposato una figlia del principe di Sarmazia. (col. 206-7). Il Franza conferma il fatto con queste parole ; • £!t anno 6934 (Christi 1436), mense augusto, despoena domina Sopliia profu^giens, in patriam rediit, quod a viro lolumne imperatore pa~ rum diligeretur, nec inter eos pax esset quoniam alias foeminas amaret, quando despcene natura formam negavisset. (Op. cit., lib. i, cap. 41). Il Siropulo fa elogio di questa principessa, e la chiama eximia et suprema omnium fceminarum. (Sect. ii, cap. 6).
Anche al secondogenito Teodoro, il Pontefice die in moglie una principessa cattolica. Era questa figlia di Malatesta duca d' Urbino, e si chiamava Cleopa, parente anche di Martino. ,Morl nel 1433. (Anno 6941 (Christi 1433) domina Cleopa, filia Malatesta, uxor Theodor i despota Porphyrogennetm, mtam finivit, et in monasterio i^cootJórou sepulta est. Così il Frainza, lib. ii, cap. 10). Il Fontano, in nota a questo luogo, dice che Giorgio Gemisto Pletone celebrò le lodi funebri di questa principessa, e che la sua orazione trovasi in un codice manoscritto d' Augusta. Il codice Barberiniano xvi, 85, p. 238-9, contiene due lettere di Martino, indirizzate V una a Teo- doro, 1' altra alla sua consorte, e scritte, come si ricava dal contesto, dopo la morte di Emanuele, cioè dopo il 21 luglio 1436. Il Pontefice esorta la sua parente a non deviare dalla fede e dai riti della Chiesa cattolica, e prega Teodoro a voler procurare la perseveranza della sua consorte. Queste lettere furono recate da Luca di Offida dell' Ordine degli eremiti di santo Agostino.
Anco nella lettera a Teodoro, il Pontefice muove calde esortazioni all'unione: « Speramus plurimum (egli scrive) in virtute et sapien- » tia ExcellentisB Tuse, quod, post eiusdem genitoris occasum, qui » prò efi'ectu unionis orientalis et occidentalis Ecclesise, dum vixit, » summa cum diligentia laboravit, eius sequendo vestigia, causam » Dei non deseres ; sed illam opere persequeris, ac conabis te et
NARRAZTONK 3]
» tnos cum reliqua christianitate una fide et caritate coniung-ere. » Nam, sicut'a fide dignis ex Grascia sigriificatum est nobis, mul- » torum mentes et animos inflammatos erectos esse percèpiraus ad » prosecutionem et consummatiouem tanti boni proventuri in Eccle- » sia saucta Dei. Quod si quando tibi et tuis Deus omnipotens hoc » salutare consilium inspirabit, ut de Christiana religione nobiscum » omnia concorditer sentiatis, et uni catholicee Ecclesise obediatis, » priBter sempiterna proemia, quEe parata sunt beatis animabus in » coelo, quanta inde statui tuo et tuorum, ac universse Grsecise prse- » sidia et ornamenta provenient? Quod quamprimum te et tuos » exequi velie senserimus, destinare curabimus ad id munus homi- » nes divinarum rerum scientia peritissimos et apostoliche sedis » auctoritate munitos, ut nihil ex parte nostra defìciat, quod te et » tuos ac universam Grseciam, sublato ilio detestabili, inveterato » schismate, reducamus ad viam salutis seternse ac cognitionem ca- » tholicsB veritatis, ad qujfi suprema desideria nostra tendunt. Prse- » terea dilectum fìlium Lucam de Offida Ordinis fratrum Heremita- » rum Sancti Augustini profesyorem in theologia magistrum latorem » prsesentium destinamus, cui, in iis quse tibi nostri parte reserabit, » adhibere velis credentise plenam fìdem. Datum etc. »
^'') Secondo il computo del Mansi, l'imperatore Emanuele asso- ciossi al governo il primogenito Giovanni il 19 gennaio 1421. (Nat. ad Raynald., an. 1419. ri. 14).
^^) Nella relazione di Andrea di Massa (dalla quale ricaviamo tutte queste notizie), dopo l'invito a mantenere le promesse fatte a Fi- renze dai greci legati, si legge : Divina voce grcBca, alt Ecclesia : conscienti(B nostra convenit semper dare operam, ne oves errantes culpa nostra pereaoit de Ecclesia: et si prmter intent%m nostrum dominus Theodorus et dictus Nicolaus oratores nostri promiserunt licDc siipradicta modo prcedicto, ostendetur evidenter Sanctitati do- mini nostri, eos false cxposuisse vohmtates nostras, ne dwbinm re- maneat aliqua in parte prafatorum. Veritas quidem non qucei'it angiilos, sed prcedicat in ^jZa^eù, in puilicum dicit qìiod narrai omni alecJiia iidem pJioMa, etc. Evidentemente questo brano non può far parte dell' orazione di Antonio, ed è forse parte di altro Do- cumento di greca origine, introdotta inavvedutamente nel testo da qualche imperito amanuense. La qual greca origine si parrà più manifesta dalla risposta cbe vedremo darsi dal Paleologo.
^^) Vedi il Documento iv.
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^° ) Secondo la narrazione del Pranza (lib. i, cap. 40), da preferirsi alle altre perchè di testimone oculare, l'assedio di Costantinopoli ebbe principio il dì 8 giugno 1422 e terminò il 6 settembre dello stesso anno per la ritirata di Amurat II, cui la validissima resistenza della città fé disperare della vittoria. Nondimeno le condizioni dei greci erano pur troppo miserevoli, e l'impero minacciava mina. Con ve- rità il Siropulo mette in bocca al Patriarca ed all' Imperatore la se- guente risposta ad Antonio : Yides, inquiunt, ut, smvis Amurathe ar- onis quassati, ad perpetua presila lacessimur, et in ipsis quasi portis oì)Sidione circumcingimur (nam cum veniret Antonius^ Amurathes infestis copiis cintati imminebat). Oportet ad bella propulsanda om- nem diligentiam adhibere ; nam si vellemus, quod perlubenter cupi- mus, ad ea respicere, ut prmsules nostrique ordines sacri sediius excitentur ad complendam synodum^ cum alii ex oriente^ alii ex austro sint accersendi, ob incursantium militum turmas et bella omne iter obstruentia, nec a pracone denuntiationem accipere poterunt, aut ipsi huG ora' vertere. (Sect. ii, cap. IO).
^°) Il Siropulo discorre brevemente della missione di Antonio nel cap. X della seconda sezione ; ma non fa parola dei domandati soc- corsi né delle istruzioni avute dagli ambasciatori Teodoro ed Eu- demone.
" ) Vedi il Doc. III. — Circa questo tendpo. Martino V spedì un al- tro ambasciatore a Costantinopoli, come ricaviamo da un salvocon- dotto che comincia così : « Martinus etc. Universis et singulis ad » quos prsesentes literse pervenerint, salutem etc. Cum dilectum » fllium lacobum Porci clericum Metensem ad carissimum in Chri- » sto fllium nostrum Emanuelem Romaeorum imperatorem illustrem » cum certis nostris literis remittamus, nos, optantes eum'dem laco- » bum cum duobus equitibus et bonis omnibus in eundo, stando et » redundo piena securitate gaudere^ universitatem vestram requiri- » mus etc. quatenus prsefatum lacobum cum duobus equitibus et » uno familiari pedestri etc. etc. » Questo Documento ha la data di Roma, 6 novembre 1422. (Cod. Barberin. XVI, 85, p. 202).
^^) Vedi su questo proposito alcune lettere di Martino nel Cod. Barber. XVI, 85 a pag. 200, 202, 205.
^^) Il Concilio di Pavia, decretato a Costanza, fu aperto il 23 d'aprile del 1423, ma, -a causa della peste, fu trasferito con decreto conciliare del 22 giugno, approvato poi dal Pontefice, a Siena. Fu però di poca
NARRAZIONE 33
durata per il piccol numero dei prelati e per altri motivi che non occorre qui menzionare. Vi si elesse il 19 febbraio del 1424 la citta di Basilea a sede del futuro Concilio, da celebrarsi dopo sette anni giusta il decreto Frequens del Concilio di Costanza. A' dì 26 dello stesso mese i presidenti sciolsero il Concilio Senese, e il 7 di marzo pubblicarono il decreto di scioglimento. Tutti questi atti vennero approvati dal oommo Pontelice con la bolla Ad sacram Petri sederti del 12 marzo, inserita negli atti del Concilio di Siena, dalla quale abbiamo ricavato le date suddette. Vuoisi però notare che, stando alla data della burlesca apertura del Concilio di Basilea, fatta il 3 marzo del 1431 da un solo individuo, l'abate di Vezelai; il giorno della chiusura del Concilio di Siena avrebbe dovuto essere il 2 marzo del 1424. Non sappiamo se facesse male il computo lo zelante mo- naco, 0 se la bolla citata sia stata riprodotta inesattamente negli atti dei Concili.
^*) Vedi il Documento v.
^*) Syrop,, sect. II, cap. 12.
") Questo celebre personaggio è conosciuto comunemente col nome di frate Andrea di Costantinopoli, ed anche di aTcliie;pisco;pus Colocensis o Qolossensis, a causa del famoso colosso di Rodi, sua sede episcopale. Neil' appendice' agli Atti del Concilio di Basilea si legge per titolo all' orazione da esso recitata innanzi a queir assemblea (vedi il Documento xi ) : Oratio magistri Andrecs de Petra archie- piscopi Colossensis^ etc. Crediamo che debba dire de Pera e non de Petra; e così spiegasi perchè egli sia appellato Andrea di Costan- tinopoli, essendo noto che^Pera è un sobborgo di quella città. Questa congettura ci sembra più ragionevole di quella dell' Echard (Scri- ptores Ordinis prcsdicatorum etc.) che commenta : An Petra in Mace- donia ad oram maris lonii ad Dyrracìiiumf poicliè in tale ipotesi non gli converrebbe più l'aggiunto di Costantinopoli. Fu elevato alia sede di Rodi da Eugenio IV, non da Martino; il che si ricava dal Documento x. Quando intervenne al Concilio di Costanza non era ancor vescovo, come qualche storico a torto suppone. L' attenta let- tura del Documento xi, e quella di altri che pubblichiamo, servono a rettificare alcune inesattezze dell' autore rammentato e di altri rela- tivamente a questo personaggio e ai due legati pontifici Giovanni Dominici e Pietro Fonseca. Il salvocondotto rilasciato da papa Mar- tino ad Andrea per la sua missione a Costantinopoli ci fa conoscere la data della medesima e le cariche sostenute in quei tempo dal dotto VCL. I. 3
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e zelante domenicano. La data è del 10 giugno 1426. Il salvocondotto comincia così : « Martinus etc. universis etc. salutem. Cum dilectum » filium Andream de Constantinopoli, Ordinis fratrum prsedicatorum, » sacrse theologise professorem, totius societatis fratrum propter Chri- » stùm peregrinantium, et unitorum Vicarium Genéralem, ac ma- y> gistrum scholarium Palatii Apostolici, ad carissimum in Chrìsto » filium nostrum lohannem Romseorum imperatorem illustrem ac » venerabilem fratrem nostrum loseph patriarcham Constantinopo- » litanum, nec non ad nonnullas GrsBciee partes prò maximis et » arduis catliolicse fldei negotiis per nos sibi commissis personaliter » destinemus ; nos, optantes eumdem fratrem Andream cum eius » comitiva et familiaribus, in personis, equis, rebus et bonis omni- » bus in eundo, stando et redeundo piena securitate gaudere, uni- » versitatem vestram requirimus etc. etc. » (Vedi il Cod. Barber. XVI, 85, p. 205).
'^ ) Emanuele passò di questa vita il 21 luglio 1426 dopo 32 anni di regno, in età di anni 77. (Pranza, 1. e, lib. i, cap. 41). Il figliuolo Giovanni restò solo a capo dell' Impero. Anno igit'wr 6934 (Christi 1426), mense augusto, sceptrum imperatorium et monar- òTiatubs omnis ad Ioannem ieata memoria} Manuelis filium tran- sit: qui iam antea sollemni ritu imperator coronatus fuerat. (Ivi, lib. II, cap. 1).
^*) SiROP., sect. II, cap. 15.
^') Vedi il Documento xi.
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) Vedi il Documento vi.
** ) Forse questa legazione è quella stessa di cui parla Franza con queste parole: Eodem praterea mense (luglio del 1431) ai im- peratore loTianne ad papam Martiniim Legati redierunt^ Marcus, inquam, lagrus, et stratopedarcha, et magnus protosyngelus, et ve- neranda} basilic(B Prafectus in monasterio Pantocratoris, et Jiiero- monachus ac spiritualis pater eius Macarius jj-av-pòc,, id est, longiis, vir et eloquentia, et virtute animi^ et intelligentiaprastantissimus. (Op. cit., lib. II, cap. 9).
**) Da quello che dice il Siropulo sembra che i turchi avesser già, cominciato il sistema di estorcer danaro nella elezione dei pa- triarchi soggetti alla loro dominazione. Q.uin (egli fa dire al pa-
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triarca di Costantinopoli) et per totiim Orienteon Patriarchi, sub maìmmetana ditione, ut fama feri. Sultano exìiibent mille Jlorenos, ut patriarci^ inaugurentur : ab illis non tidebitur durum, si rex detrahat duo millia nummorum. aut saltem ab unoquoque unum mille. (Sect. ii, cap. 18).
''^) Syrop., sect. II, cap. 19.
*'' ) Martino V, con bolla delle calende di febbraio dell'anno 1431, istituiva il cardinale Giuliano Cesariui suo Legato, e presidente del Concilio di Basilea.
Gap. il Eugenio quarto e ì primordi del Concìlio di Basilea
1. Arrivo degli ambasciatori greci a Roma. — 2. Digressione sui primordi del Concilio di Basilea. — Note.
1. — TI Siropulo vorrebbe indurre ne' suoi lettori la credenza cbe il nuovo pontefice Eugenio IV ricevesse con freddezza gli ambasciatori greci ; ma noi, con sua pace, prestiamo intiera fede ag*li innumerevoli documenti cbe ci attestano 1' ardentissimo zelo di lui nel procurare 1' unione delle due Cbiese. Nulla poi in particolare ei ne sa dire della risposta del Papa ; ma per buona sorte slam giunti ad un tempo cbe non ci fanno difetto altre memorie da con- frontare tra loro e coi racconti del Siropulo a fine di trarre un' ordinata narrazione delle lunghe e intricate trattative per la celebrazione di un Concilio, dove l' Oriente fosse rappresentato. E poiché grandissima parte ebbe il sinodo Basileese in questo affare dell' unione, fa d' uopo, per ser- vire alla chiarezza, tener d' occhio lo vicissitudini di quella tumultuosa assemblea, in quanto più specialmente s' at- tengono al nostro argomento.
2. — Abbiamo già accennato come, avvicinandosi il ter- mine stabilito per la celebrazione di un Concilio a Basilea, Martino V, con bolla del 1.° febbraio 1431, vale a dire venti giorni innanzi la sua morte, vi delegasse a rappresentarlo,
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come legato e preside, Giuliano Cesarini, cardinale diacono di Sant' Ang'clo, che allora trovavasi in Germania per la riduzione dogli Ussiti; uomini (come fu saviamente detto) più barbari che eretici. Dichiara il Pontefice di non poter intervenire al Concilio (come pure avrebbe desiderato) pro- ■pter notoriani, egli dice, osgritudinem nostram. Scopo alla sacra adunanza era : riformare il clero, riunire i greci, estir- par le eresie, pacificare i boemi, provvedere alle libertà ecclesiastiche ed alla concordia dei regni \
Il cardinale trovavasi a Norimberga allorché, nel marzo di detto anno, gli giunse notizia della morte di papa Martino e fugli recapitata la bolla del 1." febbraio. Egli volle attendere, prima di muoversi, le istruzioni del nuovo Pontefice, la cui elezione, avvenuta il 3 di marzo, fu co- nosciuta a Norimberga il 1 .° d' aprile, giorno di pasqua ". Per questi motivi era ornai trascorso il dì che doveva aprirsi il Concilio a Basilea, e la città era deserta di Padri. Se non che, fuvvi un monaco di timorata coscienza, il quale, te- mendo incorrere nelle censure fulminate contro chi non fosse in tempo intervenuto al Concilio, recossi in quella città il dì stabilito ^, e, non avendo trovato colleghi, ra- dunò il giorno appresso i canonici della chiesa cattedrale, dove, alla presenza di un pubblico notare e di testimoni, dichiarò e protestò non esser sua colpa se il Concilio non erasi aperto il dì innanzi (che, quanto a se, avea soddisfatto all' obbligo), ed invitava i presenti a voler determinare il luogo e le ore per dar principio alle conferenze mentre aspettavansi i membri del Concilio *.
Frattanto saliva sul soglio pontificio un nipote di Gre- gorio XII, il cardinale Gabriele Condolmero, veneziano, che prese il nome d' Eugenio IV. Pio e caritatevole personag- gio, aveva, dopo la morte del padre, distribuito ai poveri ventimila ducati, ed era entrato nel monastero dei Cele- stini di San Giorgio a Venezia. Gregorio XII lo elesse successivamente protonotario apostolico, prefetto dell' erario pontificio, vescovo di Siena, e finalmente cardinale del titolo
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di San Clemente. Martino V gli commise il governo della Marca d' Ancona. Santo Antonino, suo contemporaneo, lo descrive uomo d' alta statura, grazioso all' aspetto e d' ani- mo grande, libéralissimo verso i poveri, splendido nel culto, amicissimo dei buoni religiosi, pieno di zelo nel dilatare la religione di Cristo ^. Pochi giorni dopo il suo inalzamento (12 marzo) egli confermò al Cesarini la legazione di Ger- mania, e gli cbiese notizia e parere sulle cose spettanti al Concilio ®. Due mesi appresso (31 maggio) gì' ingiun- geva di compiere gli affari risguardanti i Boemi (il cui ter- mine aspettavasi in breve), e poi di recarsi a Basilea e provvedere alle cose del Concilio giusta gli ordini ricevuti e le ordinazioni di Costanza ^. Il cardinale, stimando tut- tavia utile la sua presenza in Germania per il buon esito della prima missione- affidatagli, e avendo notizia che po- chissimi prelati erano comparsi a Basilea, non credè con- veniente recarvisi tosto in persona; il perchè (3 luglio) commise l' apertura e la presidenza del Concilio a due suoi delegati, che furono Giovanni di Polemar, dottore di gius, cappellano del Papa e uditore del sacro palazzo, e Giovanni di Ragù si, maestro di teologia e procuratore del- l' Ordine domenicano ^. 1 delegati giunsero a Basilea il 19 di luglio. Quattro giorni dopo, essi adunarono nella chiesa cattedrale quei eh' erano presenti, ed esposero la loro missione ^. Cosa singolare ! nessun vescovo si tro- vava a questo convegno. V erano il noto monaco, tre depu- tati dell'Università di Parigi, alcuni ecclesiastici di Basilea e molti religiosi di vari Ordini ^^. E nondimeno si credè aperto un Concilio generale ''^ !
Intanto le cose di Germania volgevano in peggio. L' e- sercito dei crociati alemanni, forte di circa centomila uo- mini, fu messo in fuga dai Boemi. Dopo tale disastro, Giu- liano si rese il 9 di settembre '^ a Basilea, ove scarsissimo era tuttavia il numero dei congregati. Il giorno dopo il suo arrivo fu da essi visitato familiariter et cum gratitudine. L' 11 recaronsi in corpo presso di lui, e Giovanni Beaupère,
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canonico di Besancon e maestro di teologia, a nome di tutti gli disse parole di conforto per la disgrazia toccata all'e- sercito ; sperare nondimeno che le cose migliorerebbero per r opera del Concilio. Il cardinale rispose, more suo solito, (jloriose. Dopo di che i congregati chiesero al Legato che si degnasse ratificare, quantum in eo erat, tutto quello che, durante la sua assenza, erasi fatto dai suoi vicegerenti ri- spetto al Concilio. Il che egli go'^ato et Udenti animo fecit, conjirmando et apjìrohando ut fetehatur: et super hoc faernnt petita instrumenta publica a notariis qui erant presentes *^.
Scarsa però, come abbiam detto, era la raunanza di Ba- silea: onde il Legato pontificio, de consensu eorum qui in dieta civitate existehant ''*, diresse un ambasciatore al Papa per rendergli conto dello stato delle cose (prò piena in/or- mattone dispositionis Concila, ac belli et turhationis illarum partium). Era questi Giovanni Beaupère, nominato di sopra ^^. Mandò poi (19-22 settembre) lettere circolari a vescovi ed a. principi, perchè quelli intervenissero, questi inviassero ambasciatori al Concilio.
Il Papa, quantunque infermo, volle udire 1' ambasciatore alla presenza dei cardinali. Questi espose, fra le altre cose, essere -il clero d' Alemagna in condizione deplorabile; P ere- sia dei Boemi spandersi negli Stati germanici ; nei pressi di Basilea, sull' esempio dei settari, perseguitarsi e crudel- mente trucidarsi gli ecclesiastici ; difficoltà e pericoli esser sorti per la guerra tra i duchi d' Austria e di Borgogna ; molto opportuna la celebrazione del Concilio e la riforma della Chiesa, e nondimeno pochissimi prelati trovarsi a Ba- silea (tre soli vescovi e sette abati) ; utile dunque una nuova chiamata al Concilio. Il Pontefice era già al fatto non solo di tali avvenimenti, ma di altri ancora, cb' egli dichiara, Uonestatis gratia, pr(Btereunda et suliicienda (forse subti- cenda "^), perchè manifestare non si potevano sine quorumdaon principiim nota ^~ ; onde, considerando che forse gli eventi esposti dal Beaupère avean trattenuto i vescovi dall' accor-
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rere a Basilea, e che ormai era trascorso il tempo in cui dovevano essere congregati, ne parer giusto costringerli con nuovo appello ad esporre le loro persone a gravi pe- rigli, inutile anche (instando la stagione invernale) chia- margli di nuovo senza interporre un tempo conveniente ; d' altra parte essere i greci disposti a celebrare un Con- cilio in Italia, e particolarmente a Bologna, e non po- tersi evidentemente celebrar due Concili alla volta : venne nella determinazione, col parere dei cardinali, di dar potestà al legato Cesarini di sciogliere il Concilio' di Basilea (se Concilio potea dirsi ^^) dopo averne intimato uno a Bologna, che il Papa stesso intendeva presiedere personalmente, fra un anno e mezzo dal giorno dello scioglimento del pre- sente, e quindi un altro, da celebrarsi (giusta le ordina- zioni di Costanza) dopo un decennio, nel luogo che al Legato ed ai presenti in Basilea sarebbe piaciuto. Questa determi- nazione fu dal Papa recata ad effetto con lettera del 12 novembre 1431, diretta al cardinale Legato ^^ e a lui spe- dita per mano di Daniele, vescovo di Parenzo e tesoriere pontificio.
Dopo la trasmissione di questa lettera, giunse a noti- zia del Papa che i prelati di Basilea aveano invitato gli Ussiti di Boemia a recarsi in quella città per disputare sui punti controversi coi cattolici ^^. Or, poiché cotesti eretici erano già stati solennemente condannati dal Concilio di Co- stanza e da quello di Siena, non meno che per diverse bolle pontificie ; la loro chiamata a Basilea cedeva, a giu- dizio del Papa, in disdoro dell' autorità apostolica e dei santi Concili. Per tal motivo e per quelli esposti nella rammen- tata lettera al Cesarini, Eugenio giudicò dover dare 1' ul- timo colpo alla raunanza Basileese, sciogliendola senz' al- tro, e indicendo addirittura, de apostolic(B potestatis ple- nitudine e coir assenso dei cardinali, un nuovo Concilio da tenersi dopo uri anno e mezzo a Bologna, e quindi un se- condo, dopo altri dieci anni, ad Avignone. La bolla è di- retta a tutti i fedeli e reca la data del 18 dicembre 1431 '^\
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Ma già quei di Basilea avean celebrato solennemente fino dal 14 dicembre la prima sessione, nella quale eransi letti e approvati i regolamenti per la tenuta del Concilio e di- chiarato quali materie dovessero formar soggetto d' esame. Non sappiamo con precisione quando giungessero a Basilea le notizie delle determinazioni del Papa. Secondo un diario inedito, clie crediamo assai esatto ^^ il vescovo di Parenzo sarebbe giunto in detta città il 23 dicembre. Pochi giorni dopo (il 30) sarebbero stati inviati a Roma due nuovi legati senza che s'aspettasse il ritorno del Beaupère ^^. Il 13 gen- naio del successivo anno 1432 il dottore Giovanni di Prato, compagno del vescovo di Parenzo, presentatosi nella casa dei frati predicatori, dove i così detti Padri del Concilio sta- vano giusta il costume r.aunati, incominciò a leggere la bolla di dissoluzione del 18 dicembre. Contemporaneamente, il vescovo di Parenzo, eh' erasi già allontanato da Basilea, pubblicò la detta bolla in Argentina, città che distava due giornate di cammino. Ma qual fu 1' accoglienza che fecero quéi di Basilea alla lettera del Pontefice? Ne fa consape- voli il diario citato. Levaronsi immantinenti, e, per non udir la lettura della bolla, abbandonarono la sala della Con- greg'azione. Patres vero de Concilio, qiium 'primum intel- lexerunt prenominatuon loliannem de Prato talia molien- tem, graviter turlari ceperunt ; et, non volentes audire le- cturam literarum quas in medium protulerat , illieo ab ipso loco Congregationis discesserunt, non expectata ipsa- rum literarum lectura ^*. Fu in questo stesso giorno che il Cesarini si credè in dovere d' indirizzare al Papa la celebre lettera che comincia Multa me cogunt libere, per provargli la convenienza di continuare il Concilio ^^. In essa, quanto all' affare dei greci, si legge : Item diciint quod propter grecos non est obmittendmn hoc Conciliv.ni tam solempniter instittctum , et absurdum arbìtrantur quod, propter futuram et incertam reductionem, grecorum, debeat permitti quod Germania, nane et semper fdclis. labatur in licresim. Bohemormn ; de quo valde tiinenduni esse dicuni.
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nisi ap^onatur celeriter remedium. Et quod ista cantilena de grecis iam trecentis annis duravit, et omni anno re- novatur ^^.
Ma se il linguaggio del Cesarini fu pel" avventura as- sai forte, quello del consesso prese il carattere d' inso- lente minaccia e di vera ribellione. Troviamo infatti nello stesso diario , tra le istruzioni segrete date a due nuovi ambasciatori presso la corte pontifìcia, Lodovico da Palude, vescovo di Losanna, ed Enrico Stator (o Stater), decano della Chiesa di Utreclit, doversi dicbiarare al Papa cbe si voleva assolutamente continuare il Concilio, e cbe, ad ot- tenere r intento, si sarebbe usato ogni mezzo : Fuerant autem datcB ad partem prefatis dominis^ episcopo Lau- sanensi et decano Traiectensi, alie instructiones ad par- tem, quas etiam liic inserendas duximus. Et ipsarum prima est talis : « Facta omnimoda et extrema diligentia prò re- » paratione .... iuxta instructiones, casu quo non possit » obtineri provisio, dicant oratores sequentia : Primo . . . , » quod domini de Concilio .... nec intendunt recedere de » Basilea donec et quousque illa tria, prò quibus sancta » synodus est in Spiritu Sancto legitime congregata, fue- » rint adimpleta ; quin imo intendunt auxilia necessaria » et opportuna invocare et oblata suscipere .... Item, » quod, si non provideatur, prefati domini post nos mittent » alios ad firmandum et requirendum Suam Sanctitatem et » dominos cardinales et protestandum .... et provide- » bunt sibi et Ecclesie modis et viis omnibus possibilibus, » ne talia sibi et Ecclesie possint evenire .... ^"^ »
Frattanto, senza attendere il ritorno degli ambasciatori, e neppure dello stesso Beaupère ^^ (cbe era stato il primo in- viato) quei pochi congregati, nulla curando i decreti del Capo della Chiesa, ebbero 1' audacia d' indirizzare un' enci- clica a tutti i fedeli per annunziar loro che « il vecchio inimico dell' uman genere » facea sparger la voce che il Concilio era sciolto o prorogato, o che doveasi in altro luogo trasferire: non si lasciassero però ingannare da questa
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. fama, che il Concilio fermamente perseverava, né si scioglie- rebbe lino a che non f esser condotti a termine i gravis- simi negozi pei quali erasi adunato : sperare che il Sommo Pontefice a cui il Concilio stesso avea spedito ambascia- tori, una volta informato del vero stato delle cose, non penserebbe a sciogliere la sacra assemblea, in vista de- gl' immensi mali che ne sarebbero derivati. Questa enci- clica porta la data del 21 gennaio ^^, ed ha il sigillo di Filiberto, vescovo di Coutances, essendosi il cardinale Giu- liano spogliato dell'autorità di presidente in ossequio della bolla pontificia ^°. Quanto alle parole, l'enciclica spira grande zelo per il bene della Chiesa, ma pur troppo la informa lo spirito di ribellione. L venerandi prelati erano montati m tanto furore per le notizie di Roma, che si ego (scrive il car- dinal Cesarini) vel quwis alius auderet^ sine consensu isto- rum, dissolvere vel mutare locum Concilii, la])idarent et caper ent me ut Jimreticum.^ et credo dentihus me laniarent ^V E fuori del nostro proposito trattenere ' i lettori sulle lunghe e scandalose vicende di quel primo periodo dell' adu- nanza Basileese, alle quali la mansuetudine e la cristiana prudenza del Pontefice posero un termine dopo due anni di lotta. E si vide , in quel triste biennio , un' accolta di pochi vescovi, resa potente da una turba d' abati, di preti e di laici, sostenuta, quando in buona e quando in mala fede, da principi e da repubbliche, profittando a mal fine della lontananza del Pontefice, che sul vero stato delle cose potè per avventura alcuna volta esser tratto in inganno, applicare a sproposito i decreti di Costanza (anche allora di dubbia autorità), e salire a tanta audacia da dichiarar sé superiore al Vicario di Cristo, negargli il diritto di scio- gliere i Concili, inibirgli di creare nuovi cardinali, inti- mare a lui, Capo della Chiesa, si recasse, entro tre mesi, insieme col sacro Collegio, al preteso Concilio, o mandasse altri in sua vece, stabilir decreti sul governo della corte pontificia, incarcerare un suo nunzio, riceverne altri con di- sdegno, esortarlo sfacciatamente a non contristare lo Spirito
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Santo, respingere i più equi temperamenti di lui, ordinargli di rivocare. la bolla di traslazione, vietandogli frattanto il conferir benefizi, e g-iungere persino a minacciarlo, ove non aderisse al Concilio, di sospensione dall'esercizio della po- testà pontificia ed anco di deposizione. Era poi tanta la vertigine che avea off"uscato le menti, così gravi le accuse e le calunnie cbe si facean correre a Basilea a carico d'Eu- genio, che non pochi animi retti, tra i quali il cardinal Cesarini ed Enea Silvio Piccolomini (dipoi papa Pio II), quantunque avversi alle esorbitanze di quella turba di ri- belli che intitolavasi : il sacrosanto generale Concìlio di Basilea, legittimamente radunato nello Spirito Santo, rap- presentante la Chiesa universale^ si lasciaron trarre dalla corrente, ripigliando il primo la presidenza, lavorando 1' al- tro in servizio di quell' assemblea come segretario del car- dinal Capranica, avversario a quel tempo d' Eugenio "'^^. Il Pontefice, dopo avere indarno sostenuto con lettere e am- basciate i suoi primi decreti, dopo avere con pari insuccesso proposto vari temperamenti a fine di conciliare le sue ra- gioni colle brame di quei di Basilea; vedendosi ogni dì venir meno 1' appoggio dei principi a lui piiì devoti, e dello stesso imperatore Sigismondo, sincero zelatore del bene della Chiesa, perchè allucinati essi pure dai pretesti e dall' esem- pio del sacrosanto Concìlio ; offeso dalle militari usurpazioni del duca di Milano ; minacciato in Roma stessa dalla fazione de' Colonnesi; esposto al pericolo di vedersi abbandonare da' suoi cardinali ; aggravato per lunga malattia ; spaven- tato soprattutto alla prospettiva d' un nuovo scisma nella Chiesa di Cristo, pesò, innanzi a Dio, sulle bilancie del santuario, i mali che sovrastavano al gregge cristiano, e, fra due contrari partiti, abbracciò quello che gli parve men periglioso, con accettare la formola d' accordo che i Basi- leesi proponevangli. Pertanto rivocò colla celebre bolla Dudum sacrum del 15 dicembre 1433 ogni suo atto con- trario al Concilio, e decretò che questo era stato legittima- mente continuato fino dal suo principio '^^.
NARRAZIONE 45
Molto fu scritto sul valore giuridico e sul significato di questa bolla ^\ strappata quasi a forza dalle mani d' un infermo Pontefice; e, fino dai tempi in cui fu emanata, si tenne doppia via nel risnondere ag'li argomenti che pretesero trarne i fautori dell' errore gallicano, quasi che Eugenio IV fosse con quella riuscito ad approvare il principio, ripetu- tamente proclamato a Basilea, della superiorità del Concilio generale sul Papa. Si rispose, cioè, o negando ogni valore giuridico a queir atto, compiuto sotto la pressione d' una violenza morale, o (forse più opportunamente) mostrando come le parole della bolla non esprimessero approvazione degli atti deir assemblea Basileese, ma solo legittimazione retroattiva della tenuta del Concilio, senza nulla stabilire sul merito (per dirlo con frase moderna) degli atti stessi. S' ascolti su questo proposito il celebre Turrecremata, te- stimone di veduta : Ad ista facilis est responsio, maxime si vera simt qucB a plurihus onagnm prohitatis et gravita- tis viris dieta sunt in Curia, videlicet., quod ijrefatiB hullm magis extoftm fiierunt minis qiiam de mente domini Euge- nii emanaverint. Nam, ut fertur, dominus Andreas, vene- tus^ dominii Venetorum. tunc orator, et aliqui domini car- dinales tunc afud dominum Eugenium prmsentes, timentes futurum magmi m scandalum in Ecclesia, minati sunt ])rce- fato domino Eugenio, quod, nisi hullas illas adliaesionis con- cederet, ipsiim solum recedentes relincquerent. Unde jìrcefato domino, in ledo decumhente , prmj'ati domini referuntur ì) alias illas taliter cqualiter expedivisse, et misisse Basileam. Sed, dimissis istis, nos aliter respondemus dicentes, quod niìiil eorum qum in pridfatis hullis continentur suffragatur adversariis ^''. La qual cosa il dotto autore dimostra, preu- dendo ad esame le singole parti della bolla e confermando la sua interpretazione colla testimonianza dello stesso Eu- gemo " .
Secondo la narrazione d" Agostino Patrizio, distesa sui manoscritti conservati dilig'entemente a Basilea, anche il Concilio rivocò ogni atto emanato contro il Pontefice ^^ ; ma
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negli Atti della sessione decimasesta, nella quale fu letta solennemente la bolla d' Eugenio, non si fa menzione di detta revoca.
In questa sessione adunque, celebrata il 5 febbraio del 1434, a cui si asserisce essere stati presenti l' impera- tore Sigismondo e novanta prelati, fu presentata la bolla Dudum dai due oratori del Papa, Giovanni arcivescovo di Taranto e Cristoforo vescovo di Cervia. L' assemblea si di- chiarò soddisfatta, e così fu concbiusa la riconciliazione ^^.
Colla sessione decimasesta ha principio il secondo pe- riodo dell' assemblea Basileese, che a torto alcuni chia- marono il bel tempo del Concilio di Basilea: perocché, se rispetto al primo ed al terzo (in cui esso degenerò in vero conciliabolo) può considerarsi come il periodo men tri- ste ; quel bene che vi si operò fu guasto dalle piante maligne che vi si erano tenacemente abbarbicate. « Molte buone cose (scrive il eh. Tosti ^^) furono fermate dai Ba- silensi nelle successive sessioni intorno alla riforma dei chericali costumi, alla estirpazione delle superstizioni. Ma infermi come erano per difetto di quella robusta unità che solo può ottenersi aderendo al romano seggio, disordinarono anche nel bene, misero in aperta nimicizia quello che sta- tuivano con quello che operavano. Ricacciarono il Papa nei confini della romana diocesi, lo spogliarono di ogni giuris- dizione su r elezioni canoniche delle altre Chiese, gli vie- tarono la levata delle annate e delle tasse su la collazione e conferma dei benefìzi ; il papato, perchè rappresentato da un solo, divenne servo dell' episcopato, perchè rappresentato da molti. Intanto gli stessi Basilensi licenziavano i vescovi a raccogliere sacri balzelli dal basso clero, e con le Indul- genze si adunavano quattrini necessari alla riunione della greca con la latina Chiesa. » E il Rohrbacher ^"^ : « Non fu mai che quest' assemblea mostrasse cosa veramente bella, né compiutamente onorevole ; non fu mai eh' ella lasciasse quel suo tristo vezzo d'insubordinazione, di discordia e di scisma, mantenuto da una indigesta e sofìstica erudizione,
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peggiore dell' ignoranza. Nelle dieci sessioni di cui è par- lato *', la principal cosa esser doveva di assodare con un proceder giusto la riconciliazione clie si era durata sì gran fatica a conchiudere. Il lettore giudicherà se l' assemblea non fece per 1' appunto il contrario. »
E' fu nel corso di questo secondo periodo che le tratta- tive coi greci per la riunione delle Chiese vennero spinte con grande alacrità così dalla parte di Roma come da quella del Concilio. Facea di mestieri, per la loro retta intelli- genza, ridestare la memoria degli avvenimenti coi quali esse andaron congiunte ; ond' è, che, ripigliando il filo del nostro racconto, ci crediam dispensati dal chiedere scusa ai lettori della non breve digressione.
NOTE
* ) La bolla di Martino V comincia Dìim ornis ^miversalis gregis, e fu letta nella prima sessione del Concilio di Basilea. (Vedi Acta Conc. Basii., sess. i, n. 9).
"') Ricaviamo queste date e parecchie altre particolarità dal Co- dice Vaticano Regina 1017 (inedito), e da quello della Biblioteca di Basilea, segnato A, I, 32, edito nel 1857 da Francesco Palacky nella Raccolta che ha per titolo : Monumenta C onciliorum genera- lium S(Bculi XV. Ediderunt Csesarese Academise scientiarum socii delegati. Concilium Basileense scriptorum tomus primus. Viudobo- nse, typis C. R. Officinse typographicse Aulse et Status. 1857. Un voi. in 4." di pag. XLVIII-4-889.
^) Vedi la nota 33 del Gap. I intorno alla data dell' apertura del Concilio di Basilea.
*) Di questo curioso fatto fa menzione Agostino Patrizio, cano-
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nico di Sieua, nella sua Summa Conciliorum Basileensis, Fiorentini, Lateranensis etc. . . . iussu Francisci Piccolominei, cardinalis Se- nensis, anno reparat(B salutis humanm 1480 conscripta (n. 1), e il Cesarini nella sua seconda lettera a papa Eug-enio, scritta il 5 giu- gno del 1431 ; ma il Martène (Veterum scriptorum et monumento- rum etc. amplissima coUectio, tom. viii, col. 1 e seg.) pubblica, per il primo, lo strumento di cui facciam parola nella narrazione. Quivi il monaco è così designato : Venerabilis pater et egregius vir, do- minus Alexander, decretorum doctor, alias monasterii Virziliacen- sis, Ordinis sancti Benedioti, Eduensis dicecesis. ad Romanam Ec~ clesiam nullo medio pertinentis, et consiliarius excellentissimi prin- cipis, domini ducis BtirgundicB et Bralantim (col. 2). Lo strumento ha la data del 4 di marzo.
^) Cìironic. 3 p., tit. 22, cap. 10.
" ) Vedi negli Atti dei Concili l' Appendix Concila Basileensis, n. 50.
'' ) Vedi Ada Cane. Basii., sess. i, n. 10.
^) Il Mansi, in una sua annotazione al Rainaldi (an. 1431, n. 21), così si esprime rispetto alla suddelegazioue fatta da Giuliano : Ne- qwe enim capto quo iure cardinalis, iussus per se Concilio prm- sidere, vicem mii^neris siti demandare potuerit aliis^ ulla Jiac de re a Pontijice petita vel oltenta facultate. Neque enim ullam olti- nuisse indicat idem lulianus in literis patentilus quas allegatis illis suis concessit, legendas apud Marlene (tom. viiij col. 3 et seqq.). Id ^sin minus rite factum admiseo'imus, legitimum Concila exordium transferendmn est ad tempus quo lulianus ipse se Basi- lea constituit, quod contigit die 9 septemlris, ut ex documento a me edito in tom. vi Supplementi Conciliorum, pag. 456, demonstra- tur. Vuoisi però notare che dalla prima delle due celebri lettere del Cesarini a Eugenio IV, che si trovano nell' Opere.^di Enea Silvio Piccolomini (poi papa Pio II), si rileva che Eugenio approvò piena- mente, quando n'ebbe notizia, la suddelegazioue dei due Giovanni. Il cardinale infatti, dopo aver rammentato le sue replicate istanze per esser dispensato dalla presidenza del Concilio, così espone i pri- mordi dell' assemblea Basileese : Postquam peragravi Alemaniam pradicando crucem contra Boìiemos, revertens Nuremlergam, inveni dominum Leonardtim de Piscia citm instructione ut venirem ad Con- cilimn., si poterat fieri sine detrimento expeditionis Bohemice. Idem
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nunciabant litera domini episcopi Oermensis ex parte Sanctitatis Vestra. Licei etiam et tunc instanter requirerer a multis venire ad Conciliìim, reputans me utilius facere si in Bohemiam cum exer- citìi introirem, prcssertim cum paucos ad Basileam venisse audi- rem, decrevi accingere me ad exercitum. Et, ne quisquam posset oUoqui de Sanctitate Vestra quod Concilium Basiliense, decretum per pracedentia Concilia et prmdecessorem vestrum, vellet negligere, considerans etiam hanc esse voluntatem Sanctitatis eiusdem quod Concilium non omitteretwr, deputavi Me, loco mei, dominum Ioan- nem PilomMr auditorem, et magistrum Ioannem de Ragusio, asse- rens omnibus quod, expedito negotio Bohemim, personaliter accede- rem Basileam, iuxta mandatum Sanctitatis Yestrm. Hoc nunciavi statim Sanctitati Yestrm, qum postea per literas Cermensis hoc fa- ctum APPROBAVIT et LAUDAVIT etc.
®) , . . Eadem die, videlicet 23, post prandium, convocato clero solemniterin Ecclesia catliedrali, dicti prmsidentes exposuerunt cau- sam ipsorum adventus per brevem propositionem prolatam per do- minum auditorem. Deinde fecerunt legi per notarios instrumentum quoddam publicum, in quo continebatur decretum Constantiensis Concila super celebratione Conciliorum, quod incipit Frequens, et assignatio loci instantis Concila in Basilea, facta in Concilio Se- nensi. Post hmc lecta fuit bulla domini Martini, per quam insti- tuebat dominum lulianum legatum ad prmsidendum in Concilio Ba- siliensi, et post ipsam fecerunt legi instrumentum subdelegationis ipsorum. In fine vero porrexerunt quamdam cedulam protestationis, quomodo per dominum nostrum Papam nec per dominum legatum aut per eos non stetit nec stat nec stabit, quin prcesens Concilium rite et legitime celebretur ad finem propter quem ordinatum est etc. (Monum. Conc. etc, ed. cit., p. 91). Vedi il processo verbale di que- sta adunanza nel Martène, 1. e, col. 3 e seg.
") Vedi il processo verbale citato.
").... Post pradicta, ambasiatores Universitatis Parisiensis proposuerunt duas requestas : prima, quod dicti vices gerentes do- mini legati deberent declarare, quod ex ilio actu et ex tunc ipsum prcBsens Concilium fuisset et esset stabilitum et firmatum in civi- tate Basiliensi, et hoc propter famam ut alii convenirent, et etiam propter auctoritatem, ut contra facientes guerram posset procedi . ... Ad primam requestam fuit responsum per dictos prcasidentes, quod per actum factum, utputa lectionis pradictorum instrumento-
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rifim et protestationis, Concilmm erat stabilitum et firmatum. M super hac responsione petierunt Parisienses fieri a notarlo instrv:- mentum etc. (Ivi).
'^) 11 Cesarini così espone nella lettera citata le ragioni della sua condotta : Bt cum, ex fuga exercitus, omnes populi Alemanim su- pra modum essent exterriti et consternatì, videns nullum aliud superasse remedium, animabam et confortaiam omnes ut manerent constantes in fide et nihil trepidarent : quoniam ego propter hoc ac- cedelam ad Goncilium ubi convenire debebat universalis Ecclesia^ in quo omnino aliquod sufiiciens remedium ad resistendum ìiareti- cis et ipsos extirpandos reperiretur .... Propterea nemo mire- tur, si feci diligentiam ut omnes ad Concilium venirent vel mit- terent.
'^) Vedi Monum. Conc. etc, ed. cit., p. 104.
'"■) Son parole della lettera pontificia indirizzata a Giuliano, la quale si trova nella citata Appendice, n. 51, ed ha per data il 12 no- vembre 1431, quantunque nell'edizione Labbeiana si legga, per er- rore, II idus februarii, cioè 12 febbraio. Dalle parole del Papa si vede dunque come la spedizione del Beaupère fosse fatta anche a nome dei congregati di Basilea.
^^ ) Vedi la suddetta lettera pontificia. Il Beaupère partì il 17 set- tembre. Giovanni di Ragusi, gran fautore del Concilio di Basilea, gli consegnò una lettera pel Pontefice ed una per Cristoforo, ve- scovo di Cervia. In queste lettere Giovanni espone dal suo punto di vista lo stato delle cose. Vedile nella Raccolta citata : Monum. Conc. etc, p. 107 e seg.
'') Ivi.
*' ) Vedi la lettera d' Eugenio all' arcivescovo di Colonia nell' Ap- pendice al Concilio di Basilea, n. 48, nella quale si trattiene a lungo sulle ragioni che dipoi lo indussero a trasferire il Concilio.
'^) Vedi il Documento VII. — In un luogo del medesimo si legge: « circumspectioui tuse ipsum Concilium, si quod adirne pendere vi- deatur etc. » Nella susseguente bolla di revoca (Doo. viii), pubblicata a Roma il 18 dicembre 143i, in un luogo a questo parallelo, è detto : si quod in Basilea congregatum videretur ; e più innanzi è ripe-
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tuto : si quod (ut pramittìtur) BasiUm congregatum videatur. Si- miglianti espressioni troviamo in altri Documenti pontifici. Onde si par manifesto che agli occhi del Pontefice era per lo meno dubbia l'esistenza del Concilio. Il che si conferma dalla perifrasi ch'egli ado- pera nella lettera del 12 novembre al Cesarini (Doo. vii) per indicare coloro che, in altra ipotesi, avrebbe appellato addirittura: Padri del Concilio. Eorum (dice) qui in Basilea fro Concila causa existunt.
'^) Ne riportiamo una parte trai Documenti. (Vedi il Documen- to vii).
^") La lettera d'invito ai Boemi reca il pomposo titolo: Sacro- sancta generalis synodus Basileeoisis, in Spiritu Sancto legitime congregata, unimrsalem Ecclesiam representans etc. etc. Sta nella Collezione dei Concili dopo gli Atti del sinodo di Basilea, ed è la prima delle Epistola et resjtonsiones synodales. Ivi ha la data 15 ot- tobre 1431 ; ma, secondo il Codice pubblicato dal Palacky, la let- tera sarebbe stata spedita il 10 ottobre, e la decisione di scrivere ai Boemi e di chiamarli al Concilio, offrendo loro libera e quieta udien- za, sarebbe stata presa il 28 settembre. (Monum. Cono, etc, ed. cit., p. 113, 118).
^' ) La bolla pontificia si legge nell' Appendice al Concilio di Ba- silea, n. 52. Ne riportiamo una parte tra i Documenti. (Doo.